Samosely - I residenti illegali di Chernobyl, le cose da sapere sul documentario e la storia vera

In occasione del 34esimo anniversario della tragedia di Chernobyl, il 26 aprile su RaiUno va in onda Samosely - I residenti illegali di Chernobyl. Il documentario di Fabrizio Bancale è una emozionante testimonianza di memoria e resistenza.

Autore: Silvia Artana ,

Il 26 aprile 1986 è entrato drammaticamente a fare parte della storia. L'esplosione del reattore 4 della centrale nucleare V.I. Lenin, nei pressi delle città di Chernobyl e Prypiat, in Ucraina, ha provocato migliaia (secondo alcune stime, milioni) di morti tra vittime dirette e indirette dello scoppio e delle radiazioni e ha contaminato pesantemente vaste aree intorno all'impianto.

Nei giorni immediatamente successivi all'incidente, il governo ha messo in atto un piano di evacuazione che ha coinvolto 116mila residenti nel raggio di 30 km dalla centrale, delimitando la cosiddetta zona di alienazione, un'area organizzata in 4 anelli concentrici che comprende vaste porzioni del territorio settentrionale della regione di Kiev e Zhytomyr, fino al confine con la Bielorussia. 

Nella zona di alienazione è stato proibito vivere e praticare qualsiasi tipo di attività civile e commerciale. Ma già a partire da poche settimane dopo l'esplosione, l'area ha cominciato a ripopolarsi. Le persone che sono tornate nelle loro case (o che non se ne sono mai andate) vengono chiamate Samosely e il regista e sceneggiatore Fabrizio Bancale ha raccontato la loro storia in un emozionante documentario.

L'eccezionale storia di resistenza e memoria di Samosely - I residenti illegali di Chernobyl sarà trasmessa domenica 26 aprile 2020 alle 23:30 su RaiUno, all'interno di Speciale Tg1, in occasione del 34esimo anniversario dell'incidente di Chernobyl.

Il documentario Samosely - I residenti illegali di Chernobyl

Come ha raccontato il regista Fabrizio Bancale in alcune interviste a MyDreams e Ciak Magazine, il progetto Samosely - I residenti illegali di Chernobyl è nato in maniera fortuita. L'idea iniziale (di cui non era convinto) era di realizzare un documentario su Chernobyl per i 30 anni dell'incidente al reattore 4. Ma poi, grazie al produttore Massimo Staiti e al fotografo Giancarlo Pagliara, ha scoperto l'esistenza dei Samosely. 

La vicenda dei circa 1.500 uomini e donne che si sono ribellati all'evacuazione decisa dal governo e sono rimasti a vivere nella zona di alienazione lo ha affascinato e ha deciso di raccontare la loro storia.

Fabrizio Bancale si è recato sui luoghi teatro del più grave incidente nucleare mai avvenuto in una centrale e ha incontrato alcuni dei sopravvissuti tra coloro che nel 1986 hanno deciso di "non rinunciare alle loro abitudini, ai loro campi, alle loro abitazioni che distavano solo pochi chilometri dal luogo della tragedia", rivendicando il diritto di vivere e morire nelle loro case:

Dopo oltre 30 anni, alcuni di quei Samosely sono ancora lì. Isolati dal mondo, abbandonati. I loro corpi hanno resistito, insieme alla foresta che li circondava e che si trasformava pian piano in una vera e propria riserva naturale.

UFFICIO STAMPA | Alessandro Savoia
La locandina di Samosely - I residenti illegali di Chernobyl
La locandina del documentario Samosely - I residenti illegali di Chernobyl

Il regista li ha conosciuti e ha raccolto i loro preziosi racconti di testimoni di un mondo che scomparirà quando non ci saranno più:

Nonna Galina, Alexandre, Evjeny, Viktorovna e tanti altri ci hanno aperto le loro case, ci hanno invitato a condividere un pasto con loro e ci hanno raccontato la loro storia. Storie e vite di non vivi. Con la consapevolezza di essere gli ultimi. Perché dopo di loro non ci saranno più altri esseri umani a popolare l'intera zona: Chernobyl sparirà con loro. Per questo devono resistere. E questo documentario è il loro ultimo grido di speranza. 

Scritto e diretto da Fabrizio Bancale e prodotto da JumpCutMedia, Samosely - I residenti illegali di Chernobyl è stato presentato in anteprima nel 2017 al Pesaro Doc Festival diretto da Luca Zingaretti e ha conquistato il Gran Premio della Giuria di Qualità al Social World Film Festival e il riconoscimento per il Miglior lungometraggio al Premio Fausto Rossano.

Chi sono i Samosely

I Samosely sono uomini e donne che non hanno mai abbandonato i loro villaggi nella zona di alienazione intorno alla centrale nucleare V.I. Lenin o che vi hanno fatto ritorno.

Il nome con cui vengono indicati è una parola slava, che può essere tradotta come "auto-coloni" o "auto-insedianti". Ma come riporta il sito Ukrainer in un articolo di qualche tempo fa, la famosa poetessa e scrittrice ucraina Lina Kostenko ha chiesto di trovare per loro un'altra definizione, perché il concetto di "abitanti di ritorno" non esprime la profonda connessione tra i Samosely e i luoghi in cui vivono:

Vorrei chiedere di non chiamarli Samosely. È offensivo, perché [la terra in cui abitano, n.d.r.] è la loro patria. Ci sono cresciuti e hanno continuato a vivere nelle loro case dopo l'incidente, benché dimenticati dallo stato e da Dio.

Il legame ancestrale tra i Samosely e i loro villaggi è una delle ragione per cui hanno scelto di non andarsene o di farvi ritorno nonostante la contaminazione. Ma un ruolo molto importante l'ha giocato anche il fatto di essere (o rischiare di diventare) degli emarginati della società, costretti a vivere in palazzoni di cemento e bollati come "untori".

UFFICIO STAMPA | Alessandro Savoia
Due protagonisti di Samosely - I residenti illegali di Chernobyl
Due Samosely incontrati da Fabrizio Bancale per il documentario Samosely - I residenti illegali di Chernobyl

Secondo i dati di un recente approfondimento di Business Insider, nei 162 villaggi che si ritiene ci siano all'interno della zona di alienazione vivrebbero circa 200 Samosely. La maggior parte di loro sono anziani, per lo più donne tra i 70 e gli 80 anni. Di fatto, tutti sono "residenti illegali" (il divieto di vivere nell'area non è mai decaduto). Tuttavia, il governo non sembra intenzionato (né interessato) a sgomberarli.

Negli ultimi anni, la scelta dei Samosely sta iniziando a essere condivisa da altre persone, che però si fermano a vivere ai margini della zona di alienazione. Come riporta BBC in un reportage di qualche tempo fa, si tratta di rifugiati in fuga dalla guerra del Donbass, scoppiata in Ucraina orientale nel 2014 e ancora in corso, e di uomini, donne e famiglie in condizioni di disagio economico e/o in cerca di nuove opportunità.

La vita e i pericoli della zona di alienazione

L'esistenza dei Samosely ha i ritmi della vita rurale. Gli uomini e le donne all'interno della zona di alienazione vivono di agricoltura, allevamento, pesca e di quello che raccolgono nei boschi. Ma come scrivono Ukrainer e Business Insider, non mancano negozi e mercati itineranti, che portano ai "residenti illegali" prodotti di vario genere.

UFFICIO STAMPA | Alessandro Savoia
Una delle
Una delle

I Samosley sembrano non avere paura delle radiazioni, la maggior parte di loro gode di buona salute e vive a lungo. Eppure, la contaminazione è un pericolo concreto, con l'acqua e la terra intorno alla centrale che mostrano ancora segni di radioattività. 

Come scrive BBC, in alcune zone, il livello di cesio-137 nel suolo rappresenta un grave rischio per la salute, perché viene assorbito da piante e funghi e può passare nel latte di capre e vacche. E a una certa dose, la sua ingestione può danneggiare le cellule umane e causare malattie come il cancro alla tiroide.

Ma i Samosely, come la natura della zona di alienazione, sembrano avere trovato un nuovo equilibrio. O forse riscoperto uno antico.

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