La tigre bianca contro The Millionaire: perché il regista Ramin Bahrani critica il film premio Oscar di Danny Boyle

Autore: Elisa Giudici ,

Nella realtà non ci sono scappatoie, non c'è un milione di rupie da qualche parte pronto a salvarti: lo dice la voce narrante di La tigre bianca, facendo esplicito riferimento alla trama di The Millionaire, il film del 2008 vincitore di ben otto premi Oscar, in quello che sembra un vero e proprio attacco. Lo è: a dodici anni dall'uscita della fortunata pellicola di Danny Boyle, molte cose sono cambiate nel cinema internazionale: in primis la nascita stessa di Netflix, che ancora una volta dà voce a un regista promettente che nella sua scalata a Hollywood si era un po' perso, dopo un inizio di carriera molto promettente.

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Per ritrovarsi è bastato trovare il progetto giusto e due produttrici d'eccezione: l'attrice indiana Priyanka Chopra e la regista afroamericana Ava DuVernay, che insieme a Netflix hanno sostenuto l'adattamento del romanzo best seller firmato da Aravind Adiga e vincitore del Man Book Prize 2008. 

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La tigre bianca viene trasposto fedelmente su schermo dal regista statunitense di origini indiane, che è anche amico di vecchia data dell’autore. La storia a questo punto si fa molto interessante. Aravind Adiga infatti ha sempre sostenuto che il film di Danny Boyle abbia avuto il merito di portare all’attenzione del pubblico internazionale e occidentale la condizione d’indigenza in cui vivono milioni di persone in India. Eppure il suo romanzo sembra essere una diretta risposta e critica al film premio Oscar Slumdog Millionaire, attaccando il suo approccio semplicistico e rassicurante nel raccontare come sia possibile uscire da una condizione di povertà assoluta senza compromettere la propria integrità morale. 

La tigre bianca critica l'approccio di The Millionarie

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Laddove The Millionaire è di fatto la favola di un ragazzino povero di Mumbai che riesce a sconfiggere il suo destino di miseria e a conquistare il cuore della sua amata partecipando a un quiz televisivo dal montepremi milionario, La tigre bianca insiste su quanto questa visione sia consolatoria e poco applicabile alla realtà indiana attuale. 

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La tigre bianca

La tigre bianca

Il protagonista del film prodotto da Netflix, splendidamente interpretato da Adarsh Gourav, è Balram. Il ragazzo è cresciuto "nell'oscurità", in un remoto villaggio indiano insieme alla numerosa famiglia, in una condizione di povertà assoluta. L'intero nucleo familiare vive sotto il giogo della nonna avida che amministra tutto il denaro guadagnato e che esercita potere assoluto sulle vite di tutti i parenti, già soggetti allo strozzinaggio di una famiglia facoltosa locale. Quando Balram vede per la prima volta il figlio minore dei possidenti, appena tornato dall’America con la giovane moglie, fa di tutto per diventare il suo autista

Laddove il film di Danny Boyle si limitava a descrivere la mostruosa ingiustizia su cui è basata la società indiana e a fornire al protagonista una via d’uscita, il film di Bahrani si concentra su come il sistema stesso sia costruito per sfruttare persone con Balram, inculcando loro a livello psicologico un senso di assoluta devozione e ubbidienza verso il peggiore dei padroni. Il protagonista stesso lotta disperatamente per compiacere la famiglia dell’uomo che ha sfruttato suo padre fino alla morte, non riuscendo nemmeno a poter immaginare di poter chiedere qualcosa in cambio quando si esige da lui un enorme sacrificio personale. 

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La tigre bianca non analizza il sistema delle caste indiane, quanto le modificazioni che la logica capitalista vi apporta, rendendo ancora più difficile per chi ha la pancia vuota fare altro se non arricchire chi ce l’ha già piena, sperando di non essere cacciati dal proprio posto di servi prima di essersi fisicamente consumati di lavoro. La massima aspirazione possibile? Mettere da parte qualche soldo e finire i propri giorni in una baraccopoli.

Netflix
Balram con i suoi autisti
La tigre bianca racconta che per un indigente indiano sia quasi possibile sfuggire alla sua condizione di servilismo

La parabola stessa di Balram Halwai è posta in contrasto con quella di Jamal Malik, il protagonista di The Millionaire interpretato da Danny Boyle. Jamal trova il modo di uscire dalla sua condizione d’indigenza senza sacrificare la propria integrità, mentre l’affrancarsi dalla servitù inculcatagli sin da bambino con botte e minacce costa a Balram un prezzo altissimo. Il sacrificio che deve affrontare per soddisfare le proprie aspirazioni di libertà richiede innanzitutto che interiorizzi le basi del complesso sistema sociale indiano, che sembra prevedere corruzione ad ogni livello. Non solo: salvare sé stesso significa in qualche modo tradire una lunga serie di famiglie, tra cui la propria. D’altronde, come risponde Balram a un rivale che lo supplica di non rovinarlo, chi non ha una famiglia da sfamare?

In questo senso il riferimento al “milione di rupie” di Balram è illuminante. La scappatoia che permette a Jamal di sfuggire alla povertà in The Millionaire è appunto tale, impossibile da contemplare per milioni di persone cresciute in un paese in cui per uscire dalla povertà ci sono solo due vie: il crimine o la politica. Parola di Tigre bianca.  

La tigre bianca come finisce?

Balram uccide Ashok e ruba il borsone rosso con la tangente milionaria destinata al partito vincitore delle elezioni. Dopo essere tornato a prendere il nipotino mandato dalla nonna per annunciargli il matrimonio, il protagonista parte in treno per Bangalore.

Qui apre una piccola attività di taxi che gli permette di diventare benestante, trattando i propri dipendenti come lavoratori e non servi. Balram ha interiorizzato il sistema di tangenti e corruzione indiano, ma tenta di usarlo a favore e non contro i propri autisti.

Non verrà mai trovato dalla polizia per l'omicidio commesso, perché il suo volto è simile a quello di altri milioni di indiani in condizione di servitù. Il protagonista alleva il nipote facendolo studiare, ben consapevole che l'omicidio di Ashok sarà costato la vita a tutta la sua famiglia, vittima della tremenda vendetta della Mangusta e dell'Airone.

Perché Balram prende il nome di Ashok?

In una scena di La tigre bianca il ricco Ashok confessa a Balram di non amare il suo nome e il servo, con tono servizievole, dice di trovarlo molto bello. Ashok allora gli dice che può prenderselo, se gli piace tanto.

Avendo necessità di vivere sotto falso nome, Balram sceglie proprio quello dell'ex padrone, a sottolineare che la condizione di dipendenza psicologica non è ancora stata superata, nonostante lui abbia ucciso il padrone per conquistare la libertà.

La citazione di The Millionaire in La tigre bianca

In una scena di La tigre bianca Balram sostiene che per chi è estremamente povero in India non esistono vie d'uscita da un milione di rupie. Il riferimento a The Millionaire di Danny Boyle, il film premio Oscar del 2008 che raccontava l'odissea del poverissimo Jamal (Dev Patel).

Quella di La tigre bianca è una critica all'approccio di Boyle, che trasforma la povertà sistematica delle classi più basse indiane in una condizione da cui si può uscire come nelle favole, in un film dal finale consolatorio e iperpositivo.

La tigre bianca invece si concentra sull'impossibilità per un povero di sfuggire alla servitù impostagli dal sistema senza correre grandi pericoli e dover pagare enormi sacrifici, compromettendo la propria integrità morale.

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