The Gray Man: 200 milioni di dollari sprecati [RECE]

Netflix ci punta tantissimo, ma The Gray Man non è il la super hit che sperava fosse. La recensione del film dei fratelli Russo.

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Autore: Elisa Giudici ,

Sulla carta The Gray Man è un film di grande ambizione, una vera e propria scommessa per Netflix, che dichiara orgogliosamente di aver speso per realizzarlo più di 200 milioni di dollari. Cifra che, verrebbe da dire a caldo e con un pizzico di cattiveria, poteva risparmiare o meglio investire. 

Non ci sono altri modi per dirlo: The Gray Man è un fallimento completo. Almeno nelle intenzioni di quel che Netflix pianifica di fare con questo film, ovvero creare un suo franchise action: il suo Marvel Cinematic Universe, il suo Mission: Impossible, il suo Fast&Furious. The Gray Man forse vale la visione in una serata in cui non c'è niente di più interessante da fare e qualche pregio ce l'ha, ma considerando gli obiettivi che si poteva, è un buco nell'acqua. Uno molto costoso, per giunta.

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Ancora una volta Netflix si dimostra poco giudiziosa in campo filmico, guardando agli esempi del successo che vorrebbe replicare e pensando che mescolandone insieme gli stessi elementi (formule, attori e registi) riuscirà nella medesima impresa. Franchise come quelli già citati però nascono non solo da una storia che funziona e dagli interpreti giusti, ma anche da un lavoro certosino e una tradizione che gli studios rivali coltivano da decenni.

Gli ingredienti di The Gray Man sono ottimi, ma...

Prendiamo The Gray Man dunque: un film ispirato a un ciclo di romanzi di successo firmati da Mark Greaney. Si prende un libro thriller che funziona e lo si trasforma in film, come già accaduto per Bourne o Reacher ad esempio. A chi lo si affida? A un duo che ha già sorpreso in cambio action con Captain America: Civil War e la saga di Thanos. I fratelli Russo non solo portano con sé l'etichetta Marvel, ma hanno ampiamente dimostrato di poter gestire tante star e alti budget sul set. 

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Star del calibro di Ryan Gosling nei panni del protagonista Six, Chris Evans in quelli del mercenario che vuole ucciderlo, Ana De Armas in quelli dell'agente del FBI che invece lo aiuta. Senza dimenticare Regé-Jean Page di Bridgerton nei panni del nuovo capo dell'intelligence statunitense e Dhanush, star indiana che qui si fa notare nel ruolo di un mercenario dallo stile impeccabile e dall'etica rigorosa. Forse il suo è il miglior personaggio del film. 

Tantissima carne al fuoco dunque, in un film ad alto tasso di spettacolarità. Peccato che, per continuare la metafora culinaria, il risultato sia un piatto cotto male, poco sviluppato in alcuni punti e bruciacchiato in altri. In generale The Gray Man si lascia guardare, ma qui le ambizioni erano davvero altro. Cosa è andato storto? 

The Gray Man: una storia vecchia e già vista

La mia principale perplessità di fronte a questo film è la storia che porta su grande schermo. Il romanzo di Greaney è del 2009 e al cinema negli ultimi dieci anni in campo action non abbiamo visto altro che versioni leggermente differenti di questa storia. 

Six (Ryan Gosling) è un ex carcerato convinto da un uomo del FBI a diventare un mercenario per l'esercito, in cambio della libertà provvisoria. Cambio al vertice del FBI, una missione va storta e Six si ritrova con alle calcagna i sicari più spietati del pianeta che lo vogliono morto. In un medaglione che gli ha dato uno sconosciuto che gli era stato ordinato di uccidere ci sono tutte le risposte. Risposte che, senza bisogno di vedere il film, più o meno sappiamo. Di fatto questa è la trama di quasi la totalità dei film di Mission:Impossible e Bourne combinati (ma anche Atomica Bionda, Reacher o il recentissimo The Terminal List), con una bella spruzzata di John Wick sul lato mercenario.

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Agente segreto più o meno connesso al governo degli Stati Uniti che si ritrova coinvolto in un complotto che nasce proprio dalle alte sfere del governo. The Gray Man aggiunge a questo mix il classico salvataggio di una ragazzina rapita (pronto, parlo con Liam Neeson?), un Chris Evans nei panni di un cattivo sopra le righe alla Guy Ritchie e un traumatico passato comune a più o meno la metà degli eroi action moderni. Il momento in cui comincia ad attirare l'attenzione è quando il film si conclude e prepara le premesse per un eventuale sequel. Forse l'errore è stato partire da questo romanzo che di fatto è una lunghissima introduzione a quella che poi dovrebbe essere la storia vera e propria, o almeno quella è l'impressione. 

Anche in personaggi non sono graffianti. Gosling non ha molto da dire, Evans scade ogni tanto nella macchietta (ma in alcune fasi diverte), Ana De Armas è fortemente sottoutilizzata: ha brillato molto di più di 5 minuti di No Time To Die che nell'intero minutaggio qui concessole. Regé-Jean Page ha per le mani il personaggio più prevedibile e tedioso del mondo, il cui unico punto d'interesse è la montatura stilosa degli occhiali da vista. Dhanush è davvero l'unico a farsi ricordare. 

Netflix non ha imparato la lezione di Tom Cruise

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Per cosa è famoso Cruise? I suoi stunt fatti dal vivo, pericolosi e spettacolari. Grazie a lui e al lavoro fatto da film curati da vicino da esperti di stunt e combattimenti come Atomica Bionda e John Wick, il cinema action è entrato in una fase di grande attenzione per il realismo delle sue sequenze di sparatorie e combattimenti. 

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The Gray Man ha un approccio vecchia scuola, con lunghissime scene d'azione pesantemente ritoccate a suon di green screen e computer grafica. Non c'è nulla di intrinsecamente sbagliato in questo approccio, semplicemente in questo momento storico appare, per confronto diretto, finto. Il film ha almeno due lunghissimi passaggi ad alto coefficiente di spettacolarità. 

Il primo prevede una lunga, anzi, lunghissima scena di guerriglia urbana nel centro di Vienna, con Six ammanettato a una panchina che deve tentare di liberarsi e fuggire in un durissimo scontro a fuoco tra polizia, forse speciali e mercenari che gli danno la caccia. The Gray Man è certo sfortunato, capitando in un momento in cui vedere una cittadina europea distrutta in uno scontro a fuoco evoca alle mente immagini recenti e luttuose. Sta di fatto che la sequenza, che si conclude dopo un lungo insegimento/combattimento a bordo di un tram, risalta più per i "ritocchini digitali" e la magnitudo sproporzionata e poco credibile della devastazione che per la sua spettacolarità. 

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Più riuscita ma comunque poco memorabile la parte fine del film, in cui un gruppo di personaggi tenta di entrare e poi fuggire da un castello altamente sorvegliato. Anche qui il film non riesce a mettere a segno uno scontro o una stunt memorabile, ricordando sempre altri titoli e alti combattimenti. Non giova per nulla l'iperdinamismo che i Russo decidono di usare nelle scene di transizione, lanciando la cinepresa a rotta di collo dal cielo verso le strade cittadine. Non è riuscito a convincerci un maestro del genere come Michael Bay (che faceva qualcosa di simile nel recente Ambulance), figuriamoci loro. 

Cosa rimane dunque di The Gray Man? L'ennesimo film Netflix che tenta di dare il là a un franchise facendo il passo più lungo della gamba. Ormai la lista è molto lunga: film come Army of the Dead, Red Notice, Blackhat. Tutti concentratissimi a imbastire un franchise, dimenticandosi che però serve innanzitutto un film capace di entusiasmare e molto il pubblico. 

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A questo punto preferisco a The Gray Man il ben più onesto Red Notice. Cinematograficamente parlano ben poca cosa, ma aveva dalla sua la capacità di non prendersi mai sul serio.

The Gray Man invece si prende sin troppo sul serio, finendo persino per annoiare un po'. Fa davvero impressione pensare che John Wick è costato tra i 20 e i 30 milioni di dollari, così come Atomica bionda. Un decimo di The Gray Man, eppure gli tengono tranquillamente testa sul lato action. 

Commento

Voto di Cpop

52
Tante (troppe) premesse, ben poca sostanza: The Gray Man è un film che si vede senza troppo penare, ma si dimentica subito. Non la hit sperata da Netflix.

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