Triangle of Sadness meritava la Palma d'oro? La recensione

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Autore: Elisa Giudici ,

Va dato a Cesare quel che è di Cesare e a Ruben Östlund quel che è di Ruben Östlund: Triangle of Sadness è stato di certo uno dei film più energetici, semplici e divertenti da vedere tra quelli in concorso al Festival di Cannes 2022. Che il regista svedese sappia come confezionare un film di chiaro stampo autoriale ma che in un certo pubblico saputo faccia breccia e risulti popolare è chiaro, anzi, chiarissimo.

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Triangle of Sadness è una pellicola in cui di spontaneo non c’è nulla e che non esiterei a definire furbetta. Quel che è sorprendente (forse persino sconvolgente) è che lo stesso giochetto che ha funzionato con il precedente The Square (sua prima Palma d’oro nel 2017) torni a funzionare nel 2022, in un concorso forse privo di capolavori ma ricolmo di film che avevano cose ben più interessanti da dire e idee ben più rilevanti di questo.

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Di cosa parla Triangle of Sadness

Triangle of Sadness si presenta come una feroce satira ai danni dei ricchi più ricchi e di quanti, pur non avendo lo stesso conto in banca, riescono a condurre una vita lussuosa dello stesso tipo. Il film è corale, ma vede come protagonisti due modelli e influencer che stanno insieme un po’ per godersela, un po’ per aumentare i propri follower su Instagram. Lei si chiama Yaya (Charlbi Dean) ed è un’indossatrice e socialite più famosa e più ricca del suo fidanzato Carl (un Harris Dickinson in gamba), che manipola a sua piacimento, costringendole pure a pagare il conto al ristorante. 

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L’atteggiamento opportunista e la falsità di Yaya danno il via a un primo dialogo satirico che è già un campanello d’allarme, in cui Carl viene indirettamente criticato per la sua sudditanza psicologica a una donna falsa e sprezzante nei suoi confronti. La serie di luoghi comuni su come ragionano gli uomini e le donne di fronte al conto, rivisti e aggiornati con appena una spruzzata di post femminismo, è emblematica di un film che si crede sferzante e invece dietro le frasi ad effetto è tremendamente semplicistico e superficiale.

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L’atteggiamento quasi passivo aggressivo con cui Östlund sembra voler rinfacciare alle donne secoli di cene pagate dagli uomini, tacendo convenientemente la cornice in cui questa usanza è nata e cosa ci sta dietro, dovrebbero dire molto della superficialità di un film che con facili slogan e frasi a effetto si presenza come castigatore, salvo poi prendersela con una delle categorie più detestabili e che dà piacere vedere umiliata e mortificata: i ricchi più sprezzanti e inconsapevoli della vita di chi deve lavorare per sostentarsi. Guarda caso una categoria esclusiva, in cui è difficile identificarsi per la maggior parte delle persone,  per molti versi indifendibile, proprio come i profeti snob dell’arte contemporanea in The Square.

Viene da chiedersi come due giurie di Cannes non abbiano visto il bluff di un incendiario che va a colpire in un fienile che non tocca la sensibilità di quasi nessuno, senza neppure inserire nella sua critica sociale il pubblico in sala. In questo orizzonte Östlund è la Yaya della situazione, mentre lo spettatore il Carl che deve ancora realizzare quanto stia venendo manipolato.

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Triangle of Sadness è un film furbo e superficiale

Questo genere di dinamiche e questi scambi caustici tra personaggi su temi come capitalismo, comunismo, parità tra generi e classismo si ritrova anche nella seconda e terza parte del film, in cui seguiamo Yaya e Carl a bordo di una crociera super russo popolata da ricchi veri, che invidiano il loro status di influencer che ottengono lo stesso trattamento ma senza sborsare un soldo, per fare promozione sui social.

Successivamente la nave naufraga, un piccolo gruppo di sopravvissuti arriva su un’isola deserta dove prevedibilmente il denaro non è più un rigido discrimine per ordinare la scala sociale. Anzi, una donna delle pulizie che faceva parte della ciurma riesce a instaurare una sorta di matriarcato, dimostrando ancora una volta quanto Carl sia debole e pronto ad arrendersi alla donna forte di turno.

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Date le premesse, se si sforzate di pensare quale potrebbe essere un finale che si credere spiazzante e provocatore come il regista del film, capirete già dove si va a parare. Triangle of Sadness è accattivante come quelle battute fulminanti che talvotla capita di leggere su Twitter, ma parimenti superficiale, incapace di fare un discorso più amplio e complesso, di mettere in crisi le convinzioni del pubblico, nel tirarlo dentro la sua critica alla società e ai social. Con l’aggravante che ogni volta che trova una battuta oggettivamente divertente il regista svedese sente il bisogno di ripeterla due, tre volte, reiterando il concetto finché non diventa fastidioso.

In una scena emblematica del film Woody Harrelson, capitano dello yacht depresso e alcolizzato, ha un confronto con un passeggero russo a tema politico. Harrelson è “un americano comunista”, il passeggero un “russo capitalista”: una premessa quasi da barzelletta. I due si confrontano citandosi a vicenda i loro idoli - Marx e Reagan - ma non conoscendo a memoria molte frasi degli stessi, estraggono gli smartphone e cominciano a cercare sui motori di ricerca frasi a tema per litigare con l’opponente. È un scena davvero geniale, ma anche una rappresentazione plastica di un film che non riflette davvero sui suoi temi e non arriva ad alcuna conclusione, ma regala a ritmo incalzante battute e twist comici, tentando di spacciarsi per più acuto e profondo di quanto non sia.

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Non si esce dalla visione di Triangle of Sadness con alcuna epifania e consapevolezza, ma con un certo sentimento di rassicurazione e orgoglio che assale quando qualcuno che la pensa come noi ci dà ragione. Triangle of Sadness al massimo aiuta a sfogare la frustrazione per il mondo ingiusto in cui viviamo ma non aiuta certo a rifletterci su o a capirlo meglio.

Che poi nel 2022 l’insistenza su alcune scene grafiche in cui vengono mostrate persone che vomitano o defecano per il mal di mare venga scambiata per una mossa forte e controversa lo trovo sinceramente preoccupante.

Commento

Voto di Cpop

58
Östlund si muove bene e sa divertire, ma da qui a creare il grande commentario sociale, il grande titolo caustico che questa Palma vorrebbe celebrare c’è un abisso che nessuna facile battuta lampo può colmare.

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