Il 3 dicembre 2020 arriva in prima serata alle 21:25 su Rai 1 la docufiction Io, una giudice popolare al Maxiprocesso, la ricostruzione inedita di un episodio cruciale della storia contemporanea italiana: il Maxiprocesso di Palermo.
L'evento giudiziario con il quale il famoso Pool antimafia formato da Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Antonino Caponnetto, Giuseppe Di Lello e Leonardo Guarnotta aprì una rinnovata fase di lotta alla criminalità organizzata in Sicilia, verrà raccontato da un punto di vista inconsueto: la prospettiva femminile di una delle giurate popolari, interpretata da Donatella Finocchiaro.
Ecco tutto quello che c'è da sapere su questo film TV dedicato a chi partecipò in prima linea ai 22 lunghissimi mesi di udienze e ai 35 giorni di camera di consiglio nell'aula bunker dell'Ucciardone, appositamente costruita per l'occasione.
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La trama
È la vigilia di Natale del 1985 quando Caterina, una giovane insegnante di Cefalù che si divide tra la scuola e la famiglia, riceve una telefonata: è stata sorteggiata come giudice popolare del Maxiprocesso indetto contro Cosa nostra.
Accettare un incarico del genere significa vedere stravolta e messa a rischio la propria vita. Molte persone sorteggiate tra impiegati, professionisti e commercianti preferiscono rifiutare presentando certificati medici.
Non Caterina, che supera la paura, si assume la responsabilità del ruolo, mette in campo tutto il suo dovere civico e diventa una dei 16 giudici popolari (tra effettivi e supplenti) che hanno contribuito alle storiche condanne con cui il processo si è concluso.
Attraverso gli occhi di questa donna si assiste al racconto di una pagina decisiva della nostra storia: la docufiction alterna la ricostruzione di finzione, le immagini di repertorio e una serie di interviste esclusive ai veri protagonisti dell'epoca.
I filmati sono stati forniti dalla Rai: Rai Teche e Rai Sicilia hanno digitalizzato e conservato l'intero girato del Maxiprocesso. Le foto e i titoli dei giornali mostrati, invece, fanno parte dell'archivio del quotidiano L'Ora di Palermo (prossimamente al centro di un altro progetto televisivo, Inchiostro contro piombo) e sono stati forniti dalla Biblioteca centrale della Regione Siciliana "Alberto Bombace".
Alcune interviste e riprese sono state girate dentro l'aula bunker, nelle stanze di ristoro e in quelle in cui dormirono i giurati in quei fatidici 35 giorni.
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La storia vera
"Ergastolo alla mafia. La sentenza di Palermo contro la vecchia cupola", titola in prima pagina l'Avvenire il 17 dicembre 1987.
Dopo 22 mesi e 35 giorni di camera di consiglio, il Maxiprocesso è finalmente ad un punto di svolta. La Corte di Assise che ha processato 475 imputati (scesi a 460 durante il dibattimento), tra cui boss del calibro di Luciano Liggio (la "primula rossa di Corleone"), Michele Greco e Pippo Calò, emette la sua sentenza: 346 condanne (74 in contumacia), 19 ergastoli, 2665 anni di carcere e 114 assoluzioni.
Il Pubblico Ministero è Giuseppe Ayala. A presiedere la corte c'è Alfonso Giordano, tra i giudici a latere Piero Grasso. Sono decisive le deposizioni dei pentiti Tommaso Buscetta e Salvatore Contorno.
La giuria popolare è composta da 16 membri. Io, una giudice popolare al Maxiprocesso è ispirato alla storia vera di una di loro: la professoressa di italiano Francesca Vitale. Una donna, come altre due "mamme coraggio", le casalinghe Teresa Cerniglia e Maddalena Cucchiara, le cui testimonianze sono parte integrante della docufiction insieme a quella di Mario Lombardo, giornalista autore di un libro sul processo stroncato da una malattia durante le riprese.
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Sposata con un antiquario, Vitale fu costretta in quei lunghi mesi a lasciare la classe dei suoi studenti. Non mancarono gli atti intimidatori: alcuni sconosciuti sfondarono la galleria d'arte del marito e rubarono 23 quadri.
Cucchiara, sposata con un medico, subì un vero e proprio attentato: qualcuno sabotò l'ascensore del condomino di Palermo nel quale ancora abita, al settimo piano, sperando di farla precipitare nel vuoto.
Cerniglia, sposata con un docente, oggi racconta al Corriere della Sera lo stress emotivo di quel periodo, diviso tra la gestione dei due figli, le auto di scorta che la portavano all'Ucciardone e i dibattimenti senza pause. L'unica volta che sono uscite fu perché c'era un buco di due ore.
Andammo in un negozio di via Libertà, con i ragazzi di scorta scambiati per delinquenti. Chiamarono la polizia, temendo una rapina. Arrivarono agenti armati e ho temuto che si sparassero fra loro. Mai più uscita.
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Il cast
Donatella Finocchiaro è reduce dall'esperienza del film #Il delitto Mattarella di Aurelio Grimaldi, nel quale è stata Irma Chiazzese, la vedova di Piersanti, ucciso da Cosa nostra nel 1980 durante il suo mandato di presidente della Regione Sicilia.
Catanese doc, l'attrice ha 16 anni quel 10 febbraio 1986, quando inizia a Palermo il Maxiprocesso. La mafia, però, l'ha "scoperta" da tempo. Il padre era un imprenditore in Sicilia e negli anni Novanta gli fanno saltare la fabbrica perché non si piega al racket.
Quando il generale Carlo Alberto dalla Chiesa viene ammazzato nell'agguato di via Carini la sera del 3 settembre 1982, la famiglia Finocchiaro è sconvolta: Dalla Chiesa era amico di uno zio carabiniere dell'attrice.
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Finocchiaro, in realtà, è tornata per la seconda volta nell'aula bunker di Palermo. Nel 2008 ha recitato con Claudio Gioè nello spettacolo L'istruttoria - Atti del processo in morte di Pippo Fava, testo di Claudio Fava e Ninni Bruschetta ispirato al dramma Ultima violenza e messa in scena del processo per l'omicidio dello scrittore e giornalista, ucciso nel 1983 sotto il Teatro Stabile di Catania da Aldo Ercolano e Maurizio Avola, esecutori dell'ordine del boss Nitto Santapaola.
In un'intervista concessa a Radiocorriere TV, l'attrice spiega che appena ha letto la sceneggiatura di Io, una giudice popolare al Maxiprocesso ha sentito subito il personaggio di Caterina come "parte di me".
Ho detto 'Io devo farla, Caterina sono io', ho subito visualizzato questa donna, e non succede sempre. Quando studi un copione ci sono sempre molti dubbi, molti nodi da sciogliere, ma non in questo caso: è stato amore immediato, avrei potuto, e voluto, accettare quella sfida anche io.
Accanto a Finocchiaro un inedito Nino Frassica veste i panni del presidente della Corte. Una delle frasi più potenti e suggestive del copione è affidata proprio all'attore messinese.
Chi glielo ha detto che io ho coraggio, anch'io mi spavento, è normale avere paura, ma dobbiamo prenderci la responsabilità.
Nel resto del cast della docufiction spiccano inoltre Francesco Foti, Manuela Ventura, Pierluigi Corallo, Roland Litrico, Domenico Ciaramitaro e Federico Galante.
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Il regista
Prodotto dalla Stand by Me di Simona Ercolani in collaborazione con Rai Fiction, Io, una giudice popolare al Maxiprocesso è scritto e diretto da Francesco Miccichè, il figlio del critico cinematografico Lino e regista delle commedie #Loro chi? (co-diretto con Fabio Bonifacci), #Ricchi di fantasia e #Compromessi sposi.
Miccichè è già stato regista di docufiction televisive di denuncia contro le attività di Cosa nostra come Io sono Libero (dedicato alla vicenda umana e civile di Libero Grassi, l'imprenditore ucciso nel 1997 dalla mafia per aver detto no al pizzo) e Adesso tocca a me, che racconta le figure di Paolo Borsellino (interpretato da Cesare Bocci) e degli agenti della scorta Claudio Traina, Agostino Catalano, Walter Cosina, Emanuela Loi e Vincenzo Li Muli venticinque anni dopo la loro tragica fine.
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Con i suoi lavori Miccichè continua a dimostrare che c'è ancora molto da dire e da raccontare sull'antimafia e sul profondo impegno delle tante persone comuni che si espongono con coraggio e determinazione nella lotta alla criminalità e al rispetto della legalità.
Un esempio di TV civile, da vedere insieme a Maxi - Il grande processo alla mafia, la docuserie in sei episodi scritta da Cosimo Calamini, Alessandro Chiappetta, Marta La Licata e Davide Savelli con la regia di Graziano Conversano e disponibile su RaiPlay.
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