Ora i disaster movie somigliano alla realtà: la recensione di Moonfall di Roland Emmerich

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Autore: Elisa Giudici ,

Moonfall non è un film particolarmente riuscito, neppure all’interno del suo genere, quello dei disaster movie. La pellicola racconta l’ipotetica minaccia della Luna che si avvicina pericolosamente alla Terra, generando disastri e cataclismi vari, mentre un gruppo di scienziati e astronauti cercano una soluzione. A fronte del budget più alto della storia del cinema statunitense per un film indipendente (150 milioni di dollari) Moonfall lascia poco dietro di sé, comunque abbastanza per accontentare quanti al cinema cercano proprio chiesto: iperboliche narrazioni, scenari di distruzione di massa ed effetti speciali spettacolari, non senza una punta di cospirazionismo e diffidenza verso le istituzioni.

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L’impressione è che il gusto del pubblico si sia spostato altrove, ma saranno il tempo e il botteghino a dirci se è così. Trovo ben più affascinante soffermarmi su uno dei numerosi motivi per cui Moonfall non funziona più come invece facevano Indipence Day o il più recente White House Down, due cavalli di battaglia del regista. Dal 2020 il mondo è cambiato così tanto (alcuni direbbero così in peggio), che questi scenari eccessivi e distruttivi a tratti si sovrappongono alla realtà, in maniera sinistra.

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Moonfall e Don’t Look Up si somigliano e questo è preoccupante

È davvero difficile vedere Moonfall senza pensare a Don’t Look Up, l’ultimo film di Adam McKay candidato agli Oscar 2022. La pellicola Netflix è uscita giusto qualche settimana prima di Moonfall, ma sulla carta è un titolo di segno politico e genere cinematografico opposto.

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Da sempre Emmerich punta alla fascinazione visiva del disaster movie, genere che punta su avvenimenti impossibili realizzati in maniera credibile sul grande schermo con effetti speciali all’avanguardia: invasioni aliene, devastanti eventi climatici, attacchi al cuore delle istituzioni americane. Al contrario Don’t Look Up è un film che parte dalla realtà e la distorce in chiave grottesca per lanciare una potente satira sul nostro presente politico e sociale, alle prese con lo spettro sempre più tangibile della crisi climatica.

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La trama di entrambi i film viene avviata dalla minaccia di un corpo celeste che si schianterà sulla Terra. Moonfall punta sulla Luna, ambienta sul satellite molte scene e indugia sui disastri provocati dal suo avvicinamento. Don’t Look Up al contrario relega l’asteroide a mero pretesto narrativo protagonista di appena un paio di sequenze, focalizzandosi sulle reazioni dei potenti, dei media, della comunità scientifica e delle persone comuni alla notizia che la Terra è spacciata.

Eppure i film sono quasi sovrapponibili per vibrazione. Entrambi hanno per protagonisti personaggi competenti che non vengono creduti, vengono ridicolizzati o zittiti: astronauti e scienziati, inascoltati dalle istituzioni che puntano a insabbiare tutto, pensando in ottica perennemente presente.

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Nella versione di Emmerich si tenta di nobilitare il complottismo, il pensiero antisistema per antonomasia che stavolta ha ragione (evenienza non nuova nel cinema del regista, che ama le Cassandre inascoltate). D’altronde il film trae spunto da un libro scritto da Alan Butler e Christopher Knight, fautori della teoria della Luna come “megastruttura cava creata da popolazioni aliene”.

Emmerich non è cambiato, il pubblico sì

Nel cinema di Emmerich non è cambiato nulla: una volta l’esercito tentava di far funzionare gli Stargate, ora di tenere segreta la presenza di alieni sul satellite lunare. Siamo cambiati noi, è cambiata la percezione di cosa è lecito dire, cosa sia spendibile pubblicamente senza venire coperti di ridicolo.

Teorie alternative e complottiste sono sempre esistite, ma erano relegate agli angoli del dibattito pubblico, governato dai media tradizionali, portate avanti da sparuti gruppi d’individui. Ora che la voce del pubblico è diventata medium a sua volta, può capitare di vedere un film costato 150 milioni di dollari che presenta in chiave non ironica questa teoria della Luna cava e artificiale, senza spingersi a convalidarla, ma avvicinandosi molto a legittimarla per i propri fini commerciali.

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Emmerich ricorda da vicino il cameo di Chris Evans in Don’t Look Up, il regista di disaster movie che ha realizzato il film più costoso della storia del genere e che si ritrova ad essere l’ultimo titolo in arrivo in sala prima dell’Apocalisse.

A proposito di Apocalisse: anche le distruzioni di New York e delle metropoli americane via inondazione, glaciazione o pioggia di fuoco oggi sembrano un eco del presente più che una cara, vecchia “americanata”, una scena iperbolica ed esagerata per vendere qualche biglietto in più. Persino Emmerich, grandissimo amante del genere e creatore di alcuni dei capisaldi “distruttivi” più solidi, qui relega le distruzioni al finale e senza troppa convinzione.

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Commento

Voto di Cpop

35
In questo bizzarro momento storico persino un disaster movie ha echi sinistri. Forse per questo al cinema non abbiamo troppa voglia di vedere film come Moonfall, almeno in questo momento.

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