King Arthur, la recensione: l'epica fantasy diverte ma non avvince

Il potere di Excalibur torna a splendere al cinema nel rutilante e epico film arturiano di Guy Ritchie: è nata una leggenda? La recensione di King Arthur - Il Potere della Spada.

Autore: Elisa Giudici ,

Da qualche decennio ormai un manipolo di registi beniamini degli studios cova, nemmeno troppo in segreto, il desiderio di realizzare il remake cinematografico di Excalibur di John Boorman. Proprio grazie a quella monumentale epopea anni '80, molti registi di oggi si sono avvicinati all'epica arturiana, ai suoi eroi e alla sua dimensione fantastica.

Tra gli estimatori di quella pellicola figura anche Guy Ritchie, il più hollywoodiano dei registi inglesi di successo. Quando dunque Ritchie ha annunciato che, dopo Sherlock Holmes, si sarebbe misurato anche con Re Artù, in molti (sottoscritta inclusa) hanno temuto che volesse rifare un film per molti aspetti unico e irripetibile della storia del cinema fantastico. 

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Fortunatamente per noi, Guy Ritchie tendiamo sempre a sottovalutarlo. Anche se in King Arthur - Il Potere della Spada i protagonisti assoluti sono il giovane Artù e la sua spada magica Excalibur, raramente si è visto un prodotto tanto lontano dalla lettura più canonica del ciclo arturiano, portato invece al cinema con grande fedeltà da Booman.

King Arthur è un gioioso e scavezzacollo rifacimento pop e contemporaneo dell'epica fantastica e cavalleresca di Re Artù. I pezzi di base sono gli stessi, ma vengono amalgamati in maniera nuova e inaspettata, a partire dall'apertura. Uther Pendragon (Eric Bana) infatti non è un malvagio seduttore che inganna e seduce Igraine con l'aiuto di Merlino, che in questa pellicola è parecchio evocato, ma fisicamente assente. Uther è un re esemplare che, dopo aver sconfitto il malvagio mago Mordred (che nelle fonti originali sarà invece colui che ferirà fatalmente Artù), perisce in un insidioso agguato del fratello Vortigern (Jude Law).

Vortigern non è di per sé un personaggio arturiano, quanto piuttosto un re bretone del V secolo la cui stessa esistenza è oggetto di controversie. Si capisce quindi da subito che mescolando in totale libertà personaggi arturiani, fatti sommariamente basati sulla realtà storica e topoi fantastici (con una spruzzata di Vikings), Guy Ritchie crea il suo universo arturiano, che non a caso vede Artù (Charlie Hunnam) nascere e crescere a Londinium.

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Tirato su da un allenatore di arti marziali e da un manipolo di prostitute, questo Artù è un ragazzone svelto di mano e di lingua, irriverente e gradasso, privo però di una profondità specifica, almeno fino a quando estrarrà la spada nella roccia.

Per questa versione massiccia e manesca di Artù, dai natali reali ma dall'estrazione che più umile non si può, funziona incredibilmente anche Charlie Hunnam. Hunnam qui finalmente si fa notare, senza esagerare: l'attore è noto più che altro per essere un volto poco distinguibile del serbatoio di ragazzoni palestrati e dalla sguardo limpido a cui Hollywood attinge quando, mettiamola così, non guarda troppo alla recitazione.

La vera star del film è però Jude Law. Nonostante il malvagio Vortigern soffra come tantissimi villain dei nostri giorni di una mancanza di incisività, ancora una volta dopo il sottovalutato Anna Karenina di Joe Wright torniamo a constatare come il ruolo del viscido calcolatore gli riesca incredibilmente naturale.

Il resto dei personaggi, i cavalieri della futura tavola rotonda, rimangono un po' in disparte, in attesa del possibile sequel. L'unico che sfrutta a dovere le poche scene concesse è Aiden Gillan, che riesce a smarcarsi da quel type casting del viscido sadico che gli è rimasto appiccicato addosso da Game of Thrones. 

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All'uscita dalla proiezione stampa, un collega ha sentenziato che King Arthur - Il Potere della Spada è divertente ma non avvincente. Per quanto la definizione mi abbia irritato sul momento, mi è rimasta appiccicata addosso. Da arturiana di lunga data e da grande estimatrice del cinema pop ma ottimamente realizzato di Ritchie, mi tocca ammettere che questa ultima prova del regista inglese manca d'incisività. Riesce a restituire un respiro epico-fantastico e la dualità magica in cui a ogni terribile potere ne equivale uno uguale e contrario, ma il tutto è trattenuto e senza un vero e proprio climax, in attesa di un sequel. 

Questo non toglie che però King Arthur - Il Potere della Spada sia una pellicola action e fantastica splendidamente realizzata, chiaramente figlia della firma graffiante di Ritchie, che saprà di certo intrattenere il pubblico in sala, con vedute di ampio respiro. Le vette di Excalibur però rimangono molto lontane. 

King Arthur - Il Potere della Spada sarà nelle sale a partire dal 11 maggio 2017.

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