Briganti, recensione: il Risorgimento secondo Netflix tra storia e leggende

Autore: Giovanni Arestia ,

Ultimamente Netflix sta dimostrando come anche noi italiani riusciamo a creare prodotti dalla grande impronta internazionale. Dopo La legge di Lidia Poët (ecco a voi la nostra recensione de La legge di Lidia Poët) e il recente Supersex (ecco a voi la nostra recensione di Supersex), ora arriva anche Briganti, serie che viene presentata come un crime-western e che è ambientata nel tumultuoso Sud Italia del 1862, ovvero due anni dopo la Spedizione dei Mille con a capo Giuseppe Garibaldi. Un misto di storia e leggenda che rende godibile la serie sia per il pubblico italiano che per quello internazionale, sfruttando tutto il fascino della storia condita da un non sottointeso revisionismo storico che rende alcuni personaggi più eroici del dovuto. 

Briganti: un grande tesoro cercato da tanti

Briganti, quindi, ci porta negli anni difficili del popolo del Sud Italia, poiché con l'unificazione d'Italia questo è stato spogliato di tutte le sue ricchezze per mano di soldati settentrionali senza scrupoli. Vi è ancora una speranza, ovvero un grande tesoro di Palermo che qualcuno è riuscito a nascondere dal saccheggio perpetrato dall'esercito di Garibaldi, ma che secondo molti è solo una leggenda. 

Mentre si tramanda la storia del Tesoro del Sud, ecco che facciamo la conoscenza di Filomena (interpretata da Michela De Rossi), una donna di umili origini divenuta borghese dopo aver sposato un ricco uomo dall'orribile morale e dai comportamenti violenti. Basta una scintilla per portare la ragazza a ribellarsi scegliendo di cambiare vita per perseguire gli ideali di libertà e uguaglianza insieme alla sua nuova famiglia di briganti, i Monaco

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A causa di un segreto che porta con lei, inizia una ricerca condotta non solo dai Piemontesi che stanno occupando il Regno d'Italia, ma anche da Sparviero (interpretato da Marlon Joubert, già visto in Suburraeterna che vi abbiamo recensito), un coraggioso cacciatore di taglie con una vita molto nebulosa. Inizia così una sanguinosa guerra tra briganti, ribelli e stato, per recuperare il leggendario tesoro, non senza tradimenti, paure, romanticismo e misteri. 

Una forte impronta femminile

La trama di Briganti viene presentata come una classica vicenda di eroi che devono difendere i più deboli dalle oppressioni e le ingiustizie, con l'aggiunta di un comportamento simil Robin Hood di recuperare un tesoro per darlo al bisognoso meridione. Tuttavia, nel corso dello sviluppo della storia, diventa subito chiaro come tutto sia meno prevedibile di quanto ci si aspetterebbe. Il personaggio dello Sparviero, conosciuto anche come Schiavone, è un ago della bilancia inatteso a causa della sua natura senza cuore che lo porta a essere un doppiogiochista con chiunque incontra lungo il suo cammino. 

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In un determinato momento sarà amico di Filomena e della banda di briganti guidata da Pietro Monaco (Orlando Cinque nei suoi panni) e Ciccilla, interpretata da Ivana Lotito. In altri momenti farà patti con i Piemontesi e il generale Fumel di Pietro Micci. Tutto per un bene superiore di cui nessuno è a conoscenza. È proprio questo che rende la serie interessante, dinamica e ricca di colpi di scena. 

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È abbastanza palese, poi, una grande attenzione verso le figure femminili. Oltre alle sopracitate Filomena e Ciccilla, spicca anche la misteriosa e affascinante Michelina De Cesare interpretata da Matilda Lutz. Sono le donne, infatti, a prendere le decisioni più importanti e a guidare la rivoluzione. Riescono a prendere accordi, a studiare strategie e a guidare intere rivolte, dopotutto secondo una profezia, il Sud sarebbe stato salvato proprio da una donna ed è Filomena l'unica a conoscere la posizione esatta del tesoro.

Tutto questo alone di potenza narrativa e ideologica, rafforzato anche da splendidi dettagli come costumi, scenografie e trucco, viene indebolito fortemente da una recitazione non sempre di alto livello e da un accento eccessivamente marcato e a tratti macchiettistico.  

L'internazionalizzazione fin troppo italianizzata

È chiaro, fin dai nomi alla produzione e alla regia, che Briganti è nato come un prodotto di alto livello da distribuire in tutto il mondo. La serie, infatti, è prodotta da Fabula Pictures in collaborazione con Los Hermanos e presenta una sceneggiatura realizzata dal collettivo GRAMS* composto da Antonio Le Fosse, Re Salvador, Eleonora Trucchi, Marco Raspanti e Giacomo Mazzariol. Alla regia addirittura sono presenti Steve Saint Leger, conosciuto per Vikings, Antonio Le Fosse e Nicola Sorcinelli. La loro presenza si nota soprattutto nelle meravigliose riprese a campo aperto o durante i sanguinosi scontri, con momenti in slow-motion epici e l'uso impeccabile della luce per accentuare primi piani e paesaggi.

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Indubbio anche il chiaro omaggio al cinema western italiano a partire dalla scelta di un cast impeccabile. I loro volti fuori dalle bellezze tradizionali viene rafforzato da un lavoro eccellente svolto in fase di trucco con cicatrici e menomazioni tipiche di quei tempi, ma anche con capelli sporchi e disordinati, abiti intrisi di polvere e sangue e una pelle scurita dal sole o rovinata da ematomi e infezioni. 

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Durante la visione poi ci imbattiamo in personaggi con ferite, balbuzie e altre irregolarità fisiche tipiche delle produzioni western e degne di una produzione di alto livello di Netflix. Questi elementi estetici dei briganti e del popolo più povero si contrappongono perfettamente all'ordine e all'eleganza dei Piemontesi i quali hanno anche un modo di parlare molto più forbito e corretto. 

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Nonostante questa grande cura, la serie conserva una forte impronta italiana che non sempre convince. Su schermo viene mostrata tutta la durezza e la crudeltà di un periodo storico inusuale che difficilmente viene utilizzato come setting di una produzione televisiva o cinematografica. Il Risorgimento italiano non ha mai avuto un universale riconoscimento positivo, ma sono proprio alcuni elementi della storia e alcuni personaggi che stonano e danno una strana sensazione di revisionismo storico.

Alcune figure vengono mitizzate eccessivamente e altre attaccate duramente, ma mancano elementi narrativi solidi per corroborare queste tesi. Storia e leggende si mescolano tra drammi e commedie, ma in maniera confusa e con dinamiche non sempre brillanti che non aiutano a trovare un'identità solida soprattutto per chi non conosce bene le vicende. 

Conclusioni

Il risultato finale di Briganti è di essere una serie accattivante e altamente curata che narra l'immortale lotta tra Nord e Sud Italia tra storia, leggenda e leggero revisionismo. In mezzo a due fazioni diametralmente opposte, emergono personaggi che nel caos ci sguazzano e che fungono da funzionali antieroi che rendono tutto più dinamico e coinvolgente.

I sei episodi scorrono velocemente, forse anche troppo e stona la durata, quasi dimezzata rispetto alle altre puntate, dell'episodio finale che chiude i cerchi in maniera confusa e lasciando aperte molte domande. Che sia stato fatto per spingere verso una seconda stagione? Sicuramente sì, ma ciò non toglie che la sensazione che ne deriva è quella di un prodotto che poteva dare molto di più e che invece si limita a svolgere un compitino non sempre in maniera ordinata e precisa. 

Commento

cpop.it

73

Briganti presenta un'impeccabile cura nei dettagli e uno stile visivo meraviglioso. La storia è intrigante, ricca di pathos e con personaggi ben caratterizzati che rendono ottima la dicotomia tra Nord e Sud. Tuttavia la recitazione non è sempre eccelsa e la narrazione a volte sfugge a causa di un'eccessiva fretta di chiudere dei cerchi. A tal proposito, quindi, alcuni personaggi vengono fin troppo mitizzati e altri eccessivamente attaccati, rendendo la serie poco ordinata e poco realistica.

Pro

  • Una caccia al tesoro dinamica e ricca di colpi di scena
  • Personaggi ben caratterizzati sia nei dettagli fisici e nei costumi che nella componente psicologica e narrativa
  • Storia intrigante e coinvolgente ambientata in un periodo storico inusuale...

Contro

  • ...ma con elementi tra storia e leggenda che sanno di revisionismo storico
  • Recitazione non sempre impeccabile soprattutto nell'accento
  • L'eccessiva rapidità porta a chiudere alcuni cerchi in maniera confusa
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