Inventing Anna: la storia vera dell'incredibile truffa che ha ispirato la miniserie Netflix

Inventing Anna è stato ispirato da un'inchiesta giornalistica del New York Magazine in cui una giornalista ha ricostruito come Anna Delvey ha truffato l'elite newyorkese per mesi, vivendo a spese di ereditieri e banche.

Autore: Elisa Giudici ,

Quando arrivava un pacco per lei, nello staff dell'hotel si scatenavano vere e proprie lotte: tutti volevano salire in camera a portagli la posta o qualsiasi cosa avesse ordinato, perché Anna ricompensava tutti con banconote da 100 dollari nuove di zecca. Così la concierge del 11 Howard Hotel di New York Neffatari Davis racconta a Jessica Pressler l'attitudine e il clima che circondava Anna Delvey nel 2017, quando ancora la sua truffa non era stata scoperta. 

Per quanto possa sembrare incredibile, la serie Netflix curata da Shonda Rhimes Inventing Anna si basa su fatti realmente accaduti. La fonte principale della miniserie in 10 episodi è un lunghissimo e molto dettagliato reportage giornalistico firmato da Jessica Pressler e intitolato How Anna Delvey Tricked New York's Party People (Come Anna Delvey ha ingannato i festaioli newyorkesi), scritto da Jessica Pressler per il New York Magazine nel 2018. Nella serie vediamo la stessa giornalista incontrare Anna in carcere e tentare di farsi raccontare l'incredibile truffa messa in piedi da una giovane donna capace - da completa sconosciuta - di introdursi nei circoli più ricchi e influenti della Grande Mela, vivendo a loro spese per mesi, senza che nessuno sospettasse nulla. 

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Ma chi è veramente Anna e come ha truffato l'elite newyorkese? Ecco la vera storia giudiziaria e giornalistica a cui è ispirata la serie. 

Chi è veramente Anna Delvey

Il vero nome di Anna Delvey è Anna Sorokin. La giovane è nata in Russia nel 1991 e ha seguito la sua famiglia in Germania nel 2007, dove ha frequentato la scuola pubblica. La famiglia, formata dai genitori e dal fratello più giovane, vive ancora in Europa e non vuole essere associata alla ragazza, temendo di vedersi accollare i debiti di Anna. 

I compagni di scuola di Anna la descrivono come silenziosa e con un tedesco molto altalenante. Mentre il padre faceva l'autista di camion, Anna concludeva il ciclo scolastico a Eschweiler, poco fuori Berlino. Dopo essersi iscritta a un college londinese e averlo abbandonato dopo qualche mese, Anna è tornata a Berlino, con il sogno di entrare a far parte del mondo della moda come PR. Anna cerca quindi di ottenere uno stage alla rivista Purple e in questa occasione conia il suo pseudonimo Delvey. Da qui in poi comincia un lungo periodo di silenzio, da cui riemergerà qualche anno dopo come il centro della vita mondana newyorkese. 

Dei suoi genitori Anna dice: 

I miei genitori hanno sempre avuto alte aspettative su di me, si sono sempre fidati del mio giudizio. Immagino ora se ne pentano. 

I dettagli della truffa di Anna Delvey

Dall'inchiesta giornalistica di Pressler emerge chiaramente il fatto che i conti e i debiti non pagati che hanno portato Anna Sorokin in prigione sono solo una parte della scia di raggiri che la donna si è lasciata alle spalle. Secondo più fonti Anna ha truffato praticamente tutti nel giro più benestante di New York, ma in molti rimangono in silenzio per la vergogna di essere stati raggirati e per paura che Anna Delvey fornisca alla stampa particolari succosi su come li ha imbrogliati. 

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La domanda che si sono posti in molti è come una giovane non particolarmente bella né talentuosa, priva di charme e dal carattere tutt'altro che accomodante sia riuscita ad abbindolare i ricchi della Grande Mela. Anna non si è mai dichiarata colpevole di alcunché né ha dimostrato segni di pentimento. Anzi, è molto adirata che non abbiano stabilito una cifra da ripagare per ottenere la condizionale: secondo lei è per paura che possa ottenerla, magari chissà, ricorrendo a qualche trust ben nascosto in cui è depositato parte dei suoi guadagni illeciti. Una delle sue frasi più significative riportate dal reportage che la racconta recita: 

C'è un quantitativo illimitato di capitali, denaro nel mondo, sai? Ma c'è un numero limitato di persone che hanno talento. 

La versione di Anna - molto irritata dal fatto di essere stata ritratta come un'aspirante socialite - è che quanto fatto doveva servire per aprire un locale con vista mozzafiato su New York, dove le persone avrebbero potuto cenare, conversare e godersi un ambiente dal design all'avanguardia. In effetti la truffa di Anna è stata scoperta proprio grazie agli scoperti che ha dovuto accumulare per tentare di mettere la mani sui prestiti necessari per comprare lo spazio da 45mila metri quadri al sesto piano della Church Missions House, soffiandolo alla concorrenza del museo svedese Fotografiska.

Prima che tutto andasse a rotoli, Anna era stata vicinissima a ottenere un prestito di 50 milioni di dollari, con una complessa serie di garanzie false e interscambi bancari, che coinvolgevano un curatore delle sue finanze fittizio, ricchi esponenti della Silicon Valley e persino l'avvocato Joel Cohen, noto per aver prestato consulenze legali a Jordan Belfort, il "lupo di Wall Street" raccontato dall'omonimo film di Scorsese con Leonardo DiCaprio. 

Come Anna Delvey ha truffato mezza New York 

Anna non ha fornito dettagli o commenti sulla sua truffa a Pressler, ma ha espresso discreto entusiasmo per la popolazione della prigione, sottolineando di essere rimasta colpita a quanto sia semplice al giorno d'oggi rubare le identità, attività che ha portato in carcere una delle compagne di cella. 

Ascoltando decine di confidenze da truffati di Anna e dal personale del 11 Howard (l'hotel in cui ha soggiornato per più tempo, lasciando un buco astronomico a 5 cifre di conti non pagati), Pressler ha ipotizzato cosa abbia funzionato nella truffa di Anna: i soldi. Anna Delvey infatti si è fatta notare per le sue curiose abitudini di pagamento. 

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Presentatasi come la figlia di un magnate dell'energia solare di Colonia (con un tedesco altalenante), Anna Delvey pagava sempre in contanti, con banconote di grosso taglio e nuovissime. Aveva con sé i numeri di alcune carte di credito, ma quando utilizzati venivano sempre rifiutati. Se doveva prenotare un volo privato, organizzare un rinfresco o fare qualsiasi altra attività che richiedesse l'utilizzo di una carta di credito, lo faceva fare ad amici e conoscenti. A imbrogliare l'elite newyorkese è stata la prodigalità con cui Anna spendeva il denaro, la prontezza con cui pagava senza battere ciglio anche i conti più salati. 

Anna Delvey mostrava e spendeva il denaro con una noncuranza che ha abbagliato tutti e non ha permesso loro di vedere i lati più bizzarri e sospetti del suo comportamento. Capitava che chiedesse ad altri di saldare conti per lei, ma inizialmente ripagava tutto il giorno successivo, talvolta aggiungendo qualcosa per il disturbo. Il suo atteggiamento ha fatto pensare alle persone che avesse una familiarità tale coi soldi da dimenticarsi di ripagare questo o quel prestito, ritenendo di poter chiedere con comodo alla ragazza di restituire quanto dovuto. 

Quella raccontata in Inventing Anna è una storia vera?

Sì. La miniserie è basata su un articolo della giornalista Jessica Pressler che ricostruisce l'intera vicenda.

Per saperne di più puoi leggere la storia vera su cui è basato Inventing Anna.

Anna Delvey è in prigione?

Sì, si trova tutt'ora in carcere.

Anna Delvey è ancora in carcere?

Sì, ma sostiene che se le venisse fissata un cauzione, potrebbe pagarla.

Di che nazionalità è Anna Delvey?

Il suo vero cognome è Sorokin, è di nazionalità russa ma è cresciuta in Germania, poco fuori da Colonia.

Per saperne di più puoi leggere la storia vera su cui è basato Inventing Anna.

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