Unorthodox, la miniserie in quattro episodi ispirata alla storia vera di Deborah Feldman, è arrivata su Netflix proprio nelle settimane in cui la pandemia globale invita tutti ad una profonda riflessione sul rapporto tra individuo e comunità.
La fuga della protagonista Esty (l'attrice israeliana Shira Haas) dalla comunità chassidica degli ebrei ultra-ortodossi Satmar del quartiere newyorkese di Williamsburg e da un matrimonio combinato, ridefinisce la sua stessa identità. La costruzione di una seconda vita a Berlino è la liberazione dal fondamentalismo tossico, la riappropriazione del proprio corpo e la rottura delle catene del patriarcato.
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Il finale della serie, creata da Anna Winger e Alexa Karolinski e diretta da Maria Schrader, concentra in due scene significative il superamento delle condizioni di violenza imposte dalle rigide e severe regole religiose del "clan".
La prima è l'emozionante audizione al conservatorio, nella quale Esty rinuncia a suonare il pianoforte e a cantare il Lied Alla musica (An die Musik, nell'originale tedesco) di Franz Schubert (la romanza preferita della "Babby", sua nonna) per eseguire uno struggente brano dinanzi alla commissione, gli amici, la madre e il marito.
Si tratta di una canzone tradizionale Satmar, Mi bon siach, cantata in occasione dei matrimoni: l'avevamo già ascoltata nel secondo episodio, durante le nozze con Yanky, interpretato da Amit Rahav.
Sotto il chuppah, il "baldacchino" nuziale, il Rabbì intona queste note mentre la sposa, accompagnata dalla madre e dalla suocera, gira sette volte (7 è il numero religioso favorito dell'Ebraismo: rappresenta l'alleanza di santità e santificazione) intorno allo sposo.
Il testo recita così:
Possa il Signore benedire lo sposo e la sposa, Lui che comprende il discorso della rosa tra le spine, l'amore di una sposa, che è la gioia degli amati.
Simbolicamente, l'uomo è al centro delle attenzioni, della cura e dell'amore delle donne della sua vita.
Unorthodox si chiude con il commovente confronto tra Esther e il marito Yanky. Esty, scoperto di essere incinta, è sempre stata "diversa" e Yanky lo sa: gli piace la sua diversità e l'ha accettata sin dal loro primo incontro.
Il giovane pensa ingenuamente che la loro momentanea riconciliazione possa risolvere il matrimonio e far tornare tutto come prima.
Tu non hai niente che non va. Sei solo diversa.
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Ma ormai è troppo tardi: Esty non può e non vuole tornare indietro. A quel punto Yanky dimostra di poter essere diverso e, in un teso crescendo narrativo, arriva a tagliarsi i payot, i lunghi boccoli laterali che scendono sul suo viso.
Una scelta simbolica, considerando che le donne chassidiche sposate sono costrette a rasarsi i capelli per nasconderli agli altri uomini, mariti inclusi.
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Nelle immagini finali, Esty abbandona l'hotel di lusso dove dimorano Yanky e il cugino Moishe (che rientra sbronzo dalla sua notte d'azzardo e minaccia Esther di "tornare per il bambino") e cammina da sola per le strade di Berlino.
Inizialmente in lacrime, un sorriso spunta sul suo volto: ora è davvero una donna libera. Quando torna al bar dove ha incontrato per la prima volta Robert (Aaron Altaras), apre la busta in cui conserva i pochi soldi che le sono rimasti e ritrova la bussola che le ha regalato Vivan (Laura Beckner), la sua insegnante di piano che l'ha aiutata a fuggire da Brooklyn.
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Tenendo quell'oggetto tra le mani e vedendo arrivare i suoi amici del conservatorio, Esty entra nella sua seconda vita, sancendo definitivamente il passaggio da un'identità ad un'altra.
Se volete approfondire il mondo degli ebrei ortodossi, ci sono altri due titoli che affrontano questa comunità poco nota: il family drama Shtisel (l'hanno creata Ori Elon e Yehonatan Indursky ed è composta da due stagioni per 24 episodi complessivi) e il documentario One of Us. Li trovate entrambi su Netflix.
Domande e risposte dopo il finale di stagione
Unorthodox vuol dire letteralmente eterodosso, non convenzionale, "diversa" come è Esty. Il titolo, in realtà, fa riferimento a quello del libro di Deborah Feldman, in originale Unorthodox: The Scandalous Rejection of My Hasidic Roots e in italiano Ex ortodossa. Il rifiuto scandaloso delle mie radici chassidiche, pubblicato dalla casa editrice ticinese Abendstern. Ecco perché la serie si chiama così.Cosa vuol dire Unorthodox?
Il brano che Esty canta all'audizione in conservatorio si chiama u2911Mi bon siach: è una composizione tradizionale degli ebrei chassidici e si intona ai matrimoni, quando la sposa, sua madre e sua suocera ruotano per sette volte attorno allo sposo.Qual è la canzone nel finale di Unorthodox?
Non è noto se ci sarà una seconda stagione: Netflix non ha lasciato trapelare informazioni in merito, eppure il materiale non manca. Feldman ha già scritto una seconda autobiografia, intitolata Exodus: in questo libro, la scrittrice racconta il suo viaggio dagli Stati Uniti all'Europa alla ricerca delle radici ebraiche della sua famiglia, la condizione di madre libera di suo figlio (che oggi vive con lei a Berlino e ha 14 anni) e la "lotta" con il suo sentimento d'appartenenza religiosa. Sebbene ci siano molti interrogativi lasciati aperti – Esty verrà ammessa al conservatorio? Moishe e la famiglia Shapiro ritorneranno per prendersi il bambino? – nel dietro le quinte Making Unorthodox (lo speciale di 21 minuti sulla realizzazione della serie disponibile su Netflix), Shira Haas spiega che la motivazione principale di Esty si è ormai compiuta: trovare un posto a cui appartenere, con i suoi amici, sua madre, la sua nuova identità. Questa considerazione è condivisa dalla produttrice e creatrice Anna Winger. "Deborah Feldman – racconta la Winger – è una giovane donna, un personaggio pubblico, un'intellettuale, e volevamo che la vita berlinese di Esther fosse molto diversa dalla sua vita reale. Quindi, in un certo senso, i flashback della serie sono basati sul libro, ma la storia attuale è interamente inventata".Unorthodox avrà una seconda stagione?
Voi cosa ne pensate: #Unorthodox dovrebbe tornare con una seconda stagione o la storia di Esty è completa così com'è? Fatecelo sapere nei commenti!
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