Il ritorno di Scream nel 2022 è un successo, ma ne avevamo davvero bisogno? La recensione

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Autore: Elisa Giudici ,

Nel 2022 vedere un film equivale a vedere un pezzo di un franchise più o meno longevo? Porsi la domanda è lecito dopo che nel giro di pochi giorni abbiamo visto al cinema il ritorno di due grandi franchise come Matrix e Scream. L'arrivo in sala di quest'ultimo - con il suo primo capitolo senza il defunto Wes Craven alla regia e Kevin Williamson alla sceneggiatura - segna già un vincitore: il produttore esecutivo Gary Barber, una "vecchia canaglia" di Hollywood che vede un'apertura di botteghino in patria con un ragguardevole risultato di 35 milioni di euro (ottimo risultato, considerando l'andamento delle sale negli ultimi mesi).

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Quella di Barber è stata un'operazione che fa sembrare una passeggiata lo scontro frontale tra Warner Bros e Lana Wachowski per cavar fuori un nuovo Matrix. Il produttore infatti è riuscito a ottenere i diritti di una saga rimasta incastrata nella rovinosa caduta del suo mecenate Harvey Weinstein e, pur non avendo più dalla sua parte il regista scomparso e lo sceneggiatore storico, a far tornare sul set il trio Campbell, Cox e Arquette, assicurando la presenza dei fan di vecchia data in sala. 

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La buona notizia è che questo Scream se la cava egregiamente e risulta un buon prodotto, fedele alle regole tracciate dai precedessori ma confezionato con cura e intenzionato a fare bene. La cattiva e prevedibile è che è comunque un'operazione un po' furbetta (e ben consapevole di esserlo), che fa di necessità virtù. Rimane il quesito iniziale: non sarebbe meglio vedere un film originale rispetto all'ennesimo franchise che torna nella terra dei vivi? 

Il ritorno di Scream: dai fan, parlando di fandom

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Sin dal suo avvio questo quinto film si presenta come un "requel" o "legasequel" (parole di Mindy, la cinefila del nuovo gruppo di protagonisti). Niente 5 nel titolo, perché questo film vuole al contempo rifondare la saga come un revival ma mantenendo i legami con il primo, insuperato film e facendo da sequel al quarto capitolo "anomalo" della saga, risalente a dieci anni prima. 

Nell'ultimo decennio però molte cose sono cambiate a Hollywood e al cinema, fuori e dentro il genere horror. È scoppiato il fenomeno del folk horror e dei thriller sofisticati, è comparsa Netflix, il fandom attraverso Internet ha preso forza e con la sua voce social è riuscito spesso a imporre il suo volere a film, creativi, registi e major. Scream si definisce non a torto "una fanfiction": di fatto per la prima volta è un gruppo di sceneggiatori e un duo di registi appassionati dell'originale a tentare di portarne avanti l'eredità, riscrivendo una propria versione dell'originale. 

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Al centro del film c'è proprio una riflessione su alcune dinamiche tossiche di questo dialogo diretto da pubblico e creatori, dove gli appassionati sviluppano un autentica ossessione rispetto all'oggetto (filmico) della loro passione. Associano a esso una gamma di emozioni positive dell'infanzia o adolescenza e quindi reagiscono violentemente quando qualcuno tenti di mettere in discussione la sua natura. 

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Scream si trova a fare i conti con una realtà cinematografica che ha reso comunissimo, scontato il suo caposaldo: il metatesto, la volontà di dialogare di sé e del proprio genere con il pubblico in sala, rivolgendosi più o meno direttamente. Ciò che ha reso memorabile e dirompente il primo Scream oggi è la prassi in qualsiasi blockbuster: nell'ultimo Matrix nel film stesso si proiettano clip del primo, per non parlare del dialogo con le precedenti trilogie di Spider-Man intavolato da No Way Home. 

Scream graffia, ma non affonda la lama

Scream fa dell'ironia sul folk horror e condanna l'ortodossia tossica del suo stesso fandom, però tace sulle questioni più scomode che sono sul tavolo, in primis sul suo ritorno in sala. Il fatto viene dato per scontato (forse non a torto), eppure c'era parecchio spazio per chiedersi che valenza abbia un nuovo Scream nel 2020, quando già nel 1996 s'ironizzava sulle sue molteplici somiglianze con Halloween. Qualcuno con un coltello in mano grida che "a Hollywood non hanno più idee!" ma lo fa da dentro un film che richiama attori un po' invecchiati ma in forma per rimettere in scena esattamente le stesse delittuose dinamiche, nella stessa cittadina, nelle stesse case. 

C'è una scena emblematica che non può che suscitare un po' di sano imbarazzo nello spettatore: c'è la cinefila di turno che ride del cinefilo del film del 1996 che ride di Jamie Lee Curtis che non si guarda alle spalle. Stando nello stesso salotto, nella stessa casa del primo film del 1996. Tutti e tre - Jamie, Randy e Mindy -  non vedono sopraggiungere dietro di sé l'assassino, in una matriosca di copia e incolla che dà il capogiro ma non aggiunge davvero nulla. Il meta del meta è una mera replica che cambia all'ultimo il finale, non porta in sé nessuna critica e nessun commento. 

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Eppure Scream avrebbe grandi possibilità di raccontare e criticare il cinema e l'horror di oggi: si citano gli horror sofisticati e in particolare Jordan Peele, ma con un reverenziale rispetto che non era mai appartenuto alla saga. Nel film stesso viene ribaltato lo stereotipo del "il personaggio nero è il primo a morire", eppure nessuno ne parla o lo fa notare, pur trovandosi dentro a un franchise che tende a sottolineare questo genere di scelte. Il quinto è forse il primo capitolo che si muove con accortezza su alcuni temi, graffiando ma senza affondare la lama, il che lo rende meno incisivo dei suoi predecessori. 

Nell'era di Netflix e dei franchise senza fine ce ne sarebbero di discorsi meta da fare, anche solo per ironizzare un po'. Ghostface però è attaccato con nostalgia al passato: nel suo film si usano ancora i cordless e le linee fisse casalinghe, nessuno indossa gli auricolari wireless per avere le mani libere e bloccare la lama. Il risultato è un film ben fatto e abbastanza ben recitato, con qualche uscita impattante ma con molti passaggi che non hanno alcun valore oltre il divertimento di rivedere fare gli stessi gesti, 10 o 20 anni dopo. 

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Non è che poi in sala o sulle piattarfome streaming non ci siano anche film originali o con qualcosa d'interessante da dire. Il punto (il problema) è che il pubblico preferisce rispondere sempre alla stessa telefonata, sulla stessa linea fissa, già sapendo cosa diranno all'altro capo del filo una volta accettata la chiamata. Forse sì, tutto sommato sono meglio gli horror sofisticati, anche se Scream fa comunque il suo. 

Commento

Voto di Cpop

65
Il quinto Scream è un horror godibile ma che graffia appena e punta a divertire più che a riflettere e criticare il cinema e l'horror di oggi. Può bastare per divertirsi, ma non per farsi ricordare.

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