Che peso avrà The Falcon and The Winter Soldier nell'universo espanso Marvel? Un bilancio di fine stagione

Autore: Elisa Giudici ,

Ora che la prima stagione di The Falcon and The Winter Soldier si è conclusa e Marvel ha dimostrato di poter chiudere degnamente anche un progetto incentrato su personaggi finora secondari dell'universo Marvel, possiamo ammetterlo: la partenza della serie dedicata a Bucky e Sam aveva fatto temere il peggio. Il primo episodio del sestetto che compone la prima (e forse non ultima) stagione proprio non funzionava. Lento, introduttivo, ricolmo del versante privato e non richiesto dei due supereroi protagonisti. Con tutta la campagna promozionale dedicata alla straordinaria chimica tra attori e personaggi, ritrovarsi Sam e Bucky a distanza a fare i conti con questioni di marginale importanza ha prodotto qualcosa di abbastanza raro nel panorama del MCU: un passaggio tedioso, in cui la noia era palpabile. 

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Bisogna però anche riconoscere che il progetto non aveva né le aspirazioni, né le risorse, né le mani libere per puntare a essere un secondo WandaVision. La comparazione tra i due titoli non ha motivo d'essere, perché sin dalle premesse è stato chiaro che il primo era volto a fare un discorso meta, arrivando a inglobare considerazioni di naturale televisiva e seriale, sperimentando con linguaggi e generi. Il secondo invece ha un'anima decisamente più canonica e votata alla spettacolarità. La pretesa di The Falcon and The Winter Soldier di timbrare ogni settimana il cartellino sulla sponda action, non facendosi mai mancare complicatissimi combattimenti, scene d'azione e stunt spettacolari in realtà non fa un gran favore allo show. Il confronto di certi corpo a corpo e certi stunt con motociclette e camion rispetto alla compagine cinematografica è impietoso, pur muovendosi su livelli che raramente si vendono in televisione. 

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Quel che funziona, talvolta fortuitamente, è invece il rapporto tra i protagonisti, come ampiamente annunciato. Sam e Bucky sono sulla carta gli eredi di Steve Rogers, ma di fatto rimanevano due gregari dei grandi protagonisti dell'universo Marvel. Il muoversi in una serie tanto canonica e dai presupposti poco inclini all'introspezione non ha però impedito a Feige e collaboratori fare in modo che entrambi evolvessero come persone, supereroi e personaggi, nel corso di un pugno di puntate. 

Cosa è cambiato per Sam e Bucky

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Sam aveva disperatamente bisogno di una storia personale che lo rendesse un più di un supereroe riempitivo e l'ha ottenuta. La missione - riuscita - è stata quella di renderlo un Captain America con un suo credo e una sua agenda, che sceglie indipendentemente di assumersi l'onere e l'onore del titolo, senza limitarsi a succedere a Steve Rogers. Prevedibilmente Marvel si gioca la carta del "Captain America nero", trasformando Sam in un simbolo attorno a cui ruota un discorso molto serio e molto realistico (forse sin troppo, per un panorama invero piuttosto leggero e talvolta superficiale come quello del MCU) riguardante le rivendicazioni afroamericane.

Il personaggio di Sam si trasfigura in un simbolo, incarnando la volontà di portare la nerezza nell'identità bianca di una nazione e dei suoi supereroi. Una scelta comprensibile, un messaggio forte, ma anche una svolta che rende l'ex Falcon un personaggio "blindato". Sarà difficile in futuro spendere un simbolo appena fondato con una scelta difficile o controversa. Considerando che dietro di sé ha già il nipote di Isaiah Bradley (ovvero un papabile Young Avengers), le parole di Sam sulla possibilità di morire nel suo ruolo risultano particolarmente sibilline. 

Marvel Studios
Zemo vede i proiettili cadere dal braccio di Bucky
Tra i tanti passaggi su cui Marvel potrebbe investire in futuro, c'è il rapporto complesso tra Zemo e Bucky

Di Bucky invece la serie sviluppa una frazione dell'enorme potenziale che il personaggio ha e che Marvel sembra metter a frutto quasi per caso. Il vecchio Bucky pre siero tutto ciò contro cui persone come Sam e Isaiah si scontrano. Ad eccezione dei capelli biondi, aveva tutto: pelle bianca, passaporto americano, occhi azzurri, profilo da eroe che combatte contro i nazisti. Poi però ha perso un braccio e il controllo sulla propria identità. Marvel sembra non aver capito di avere tra le mani un simbolo altrettanto potente a quello di Sam: una persona che porta con sé un trauma che è un abuso fisico e psicologico molto differente da quello dei veterani di guerra. Per giunta disabile, ma con le capacità proprie del super soldato. Se Bucky non scompare con quel poco che gli viene dato da fare è perché Sebastian Stan è un attore di livello che sa risultare accattivante con un'occhiata. 

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Un discorso molto simile si può fare per Zemo, finalmente sfruttato, ma fino a un certo punto. Un attore come Daniel Brühl praticamente passeggia divertito di fronte alla sfida modesta del ruolo, trasformando quel poco che ha a disposizione in un cattivo in equilibrio tra caricatura bondiana e pericolosa ideologia. Speriamo di vederlo di nuovo in azione. 

Marvel Studios
Sam e Karli
Sam ha scene di grande impatto emotivo e visivo, ma è già intrappolato in un ruolo fortemente simbolico

Tanto potenziale poco sfruttato: le new entry

Sulle nuove leve introdotte dalla serie - insieme a una montagna di appigli, incipit, easter egg e i soliti discorsi che ci saranno chiari tra 5 anni e 20 film - il risultato è un nì. John Walker sulla carta è un personaggio straordinario, affidato a un attore come Wyatt Russell, assolutamente perfetto nella fisionomia e nella recitazione per incarnare la degenerazione di Steve Rogers. Il suo veterano corroso dalle aspettative e dai limiti del proprio eroismo avrebbe potuto essere ben più incisivo, ma viene a tratti banalizzato perché la serie si concentra su Sam e Bucky, che in modi e tempi diversi devono affrontare i medesimi conflitti. Eppure quella scena di John che si forgia lo scudo (così come Tony si forgiò la prima armatura nel film Iron Man) rimane un passaggio memorabile. Dentro Walker, nel mezzo di tante scene un po' scontante e buttate via, c'è il potenziale per un'intera serie, più chiaroscura e matura, dedicata al solo U.S. Agent. 

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John Walker e Val conversano
Il potenziale del personaggio di John Walker è ancora da sfruttare

Insomma, The Falcon and The Winter Soldier rimane un raccordo e un riempitivo di lusso. Si vede con piacere e conferma l'incredibile capacità di Marvel di rendere spettacolo puro ogni narrazione, anche la più marginale nel suo universo. È apprezzabile come fino alla fine si siano usati personaggi "minori", senza ricorrere ai facili trucchetti dei camei o delle apparizioni dei colleghi più blasonati per dare slancio allo show. Non è una visione cruciale, va approcciata con lo spirito giusto. Alcune serie Marvel su Disney+ avranno un piglio sperimentale, altre saranno cruciali a livello di trama ed evoluzione. Poi ci saranno deviazioni e "extra", coinvolgimenti e spettacolari, ma non imprescindibili. The Falcon and The Winter Soldier va approcciato in quest'ottica. 

Commento

Voto di Cpop

65
Dopo una falsa partenza, The Falcon and The Winter Soldier ha saputo trovare il suo ritmo, sprecando però una serie importante di personaggi e avvenimenti potenzialmente molto incisivi. Un riempitivo.

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