Io, Robot: la rivolta robotica al cinema che sfida Asimov

Io, Robot: come un'antologia di racconti di Isaac Asimov è arrivata sul grande schermo. Dalle Tre Leggi della Robotica all'indagine action di Will Smith

Autore: Manuel Enrico ,

Nell’estate del 2004 i robot furono protagonisti assoluti del mondo del cinema, quando le sale cinematografiche il 16 luglio furono invase da un esercito di esseri meccanici protagonisti di Io, Robot, film di fantascienza ispirato alla letteratura d’anticipazione firmata da uno dei padri del moderno concetto dei robot: Isaac Asimov.

Io, Robot non si basa solo sulla rivisitazione che Asimov diede del mondo degli uomini meccanici, considerati sino al suo intervento i ‘cattivi’ per eccellenza della fantascienza, ma deve il suo titolo ad una delle raccolte più importanti del romanziere americano. Difficile condensare un corpus narrativo come quello di Asimov in un film, specialmente se consideriamo come l'evoluzione della visione del romanziere americano relativamente ai suoi adorati esseri meccanici sia maturata nel corso di decenni, passando dai racconti alle sue grandi saghe, come il Ciclo dei Robot o il Ciclo della Fondazione.

Io, Robot: dalla visione di Asimov al grande schermo

Io, Robot: raccontare gli esseri meccanici

Pubblicata per la prima volta nel dicembre del 1950, Io, Robot è un’antologia in cui sono presenti alcuni dei racconti centrali nella caratterizzazione dei Robot. Prima di Asimov, la figura degli esseri robotici era principalmente legata ad una visione negativa, figlia di quello che lo scrittore americano definiva il Complesso di Frankenstein, ossia la paura della vita sintetica.

A stimolare Asimov furono scrittori precedenti, che avevano già offerto una prima visione della vita robotica meno cupa, in primis il racconto breve Io, Robot di Eando Binder, datato 1939, che divenne anche l’ispirazione per una delle sue prime short story robotiche, Robbie.

Mi colpì sicuramente. Due mesi dopo averlo letto, iniziai ‘Robbie’, immaginando un robot simpatetico, e questa fu l’inizio della mia serie sui robot positronici. Undici anni dopo, quando i miei racconti sui robot vennero raccolti in un’antologia, l’editore scelse il titolo Io, Robot, contro il mio parere. Il mio libro ora è più famoso, ma la storia di Binder venne prima

Questi racconti sono legati dalla presenza di personaggi ricorrenti, che diventano lo strumento ideale per Asimov per creare il suo mondo in cui umani e robot si trovano a dover convivere.

Nascono da questa idea la U.S. Mechanical and Robotical Men, industria americana specializzata nella creazione di robot, e la figura della robopsicologa Susan Calvin.

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Io, robot

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Antologia di Isaac Asimov

Grazie ai racconti scritti da Asimov sui robot creati dalla U.S. Mechanical and Robotical Men, la figura degli uomini metallici venne gradualmente rivalutata, grazie anche alla nascita di quelle che divennero le celebri Tre Leggi della Robotica:

Prima Legge: Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno. Purché questo non contrasti con la Legge Zero.

Seconda Legge: Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non contravvengano alla Legge Zero e alla Prima Legge.

Terza Legge: Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché questa autodifesa non contrasti con la Legge Zero, la Prima Legge e la Seconda Legge.

Io, Robot, come disse lo stesso Asimov, divenne la sua opera più nota e letta, divenendo anche il punto di partenza della sua narrativa. Un lungo percorso costellato di celebri cicli narrativi come il Ciclo dei Robot e il Ciclo della Fondazione, capaci avvicinare alla fantascienza milioni di lettori. E ovviamente, una simile premessa non poteva rimanere fuori dal radar dell’intrattenimento cinematografico.

Dalla pagina al mondo del cinema

Il primo tentativo di portare parte della vasta produzione di racconti a tema robotico di Asimov risale ai primi anni ’60, quando alcune serie televisive fantascientifiche dell’epoche si ispirano ad alcuni dei racconti contenuti in Io, Robot. Ad iniziare questa tradizione fu Out of this World, che in una puntata si ispirò al racconto Il piccolo robot perduto. In seguito un’altra serie americana, Out of the Unkown, utilizzò due racconti di Asimov contenuti in Io, Robot come base per le proprie storie.

Per il cinema, però si dovette aspettare il 1978 per fare un primo tentativo. A volerlo fu la Warner Bros, che acquistò i diritti dell’antologia con l’intenzione di realizzare un film, progetto ambizioso ma complesso data la natura del materiale di partenza. Ad occuparsene venne chiamato Harlan Elliot, che collaborò con Asimov per dare vita ad una sceneggiatura che cogliesse lo spirito della narrazione del romanziere americano. L’idea fu di dare vita ad una sorta di indagine giornalistica sulla figura di Susan Calvin, che pur non apparendo in tutti i racconti sui robot, era una figura chiave dei racconti brevi di Asimov.

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Elliot, nonostante i consigli di Asimov, non riuscì a costruire un buon rapporto con la casa produttrice, che già convinta dell’impossibilità della realizzazione per via della tecnologia cinematografica del periodo, rinunciò al progetto. E Io, Robot dovette aspettare il 2004 per arrivare al cinema

Nel 1995 Jeff Vintar scrisse un’idea per un film, intitolandolo Hardwired. In seguito all’omicidio del dottor Alfred Lanning, l’investigatore dell’FBI Del Spooner viene incaricato di risolvere un intricato caso che lo porta a dovere interrogare una serie di intelligenze artificiali, tra cui il robot Sonny, l’IA VIKI.

L’impostazione era ispirata maggiormente a un giallo stile Agatha Christie che non ad Asimov, e quando il progetto fu inizialmente acquistato dalla Disney venne selezionato Bryan Singer come regista. Ma alla fine, Disney non portò a compimento il suo progetto, che rimase in attesa di una nuova possibilità concretizzatasi quando i diritti sull’antologia di Asimov vennero rilevati da 20th Century Fox.

Il passaggio alla nuova casa di produzione coincise anche con un radicale cambio nell’impostazione del film. La possibilità di potersi appoggiare ad uno studio che mettesse a disposizione un budget superiore divenne per Vintar la chance di rivedere la sua concezione iniziale, avvicinando maggiormente il futuro Io, Robot all’opera di Asimov.

Ovviamente, era impossibile poter condensare all’interno del film tutte le storie contenute in Io, Robot, motivo per cui il film omonimo si basò principalmente sul racconto Il piccolo robot perduto, adeguando lo spunto della short story ad un film hollywoodiano. Dopo il rifiuto di Denzel Washington per il ruolo del protagonista, alla fine venne scelto Will Smith, mentre Alan Tudyk fu incaricato di dare vita con le sue movenze al robot Sonny.

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Al centro di questo film c’è il rapporto, inizialmente conflittuale, tra il detective Spooner (Will Smith) e il robot Sonny, accusato dell’omicidio del dottor Manning. Spooner è un convinto luddista, un oppositore della massiccia presenza robotica nella quotidianità, un’avversione che ha radici personali e che lo rende un pariah in una società in cui i robot sono all’ordine del giorno.

La caratterizzazione di Spooner è basata sul suo essere fuori del tempo, legato a una concezione della vita oramai sorpassata, denotata dalla sua mania di collezionare vecchi cimeli e vivere il tutto ‘vecchio stile‘.

Io, Robot: differenze con l’opera di Asimov

Nonostante l’ottimo risultato in termini di incassi al cinema, Io, Robot si concentra maggiormente sull’azione che non sulla costruzione narrativa ed emotiva tipica dei racconti di Asimov. Vedendo il film, la sensazione è che si sia cercato di raccogliere quanti più spunti dall’opera asimoviana inserendola nella pellicola. Si possono ravvisare spunti da Il piccolo robot perduto, L’uomo bicentenario a Sogni di robot, racconto contenuto nell’omonima raccolta antologica.

Pur integrando nel film Le Tre Leggi della Robotica, contrariamente alla prima versione dello script, Io, Robot manca di rispettare alcuni dei tratti tipici della tradizione di Asimov. La scelta di portare su schermo un esercito robotico, ad esempio, contrasta con la filosofia tipica dello scrittore americano, dove pur affrontando eventi in cui il comportamento anche pericoloso ed imprevedibile dei robot questo non veniva mai usato come un motivo per associarli al concetto di nemico.

Anzi, all’interno della produzione di Asimov, erano presenti personaggi come il dottor Manning o Susan Calvin che diventavano il nostro punto di vista privilegiato nei racconti, aiutandoci a comprendere la possibilità di un’integrazione sociale uomo-macchina, tema divenuto poi centrale nel Ciclo dei Robot.

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Il poster della docu-serie The Age of A.I.

La contrapposizione con il futuro incarnato dalla U.S.R., che sostituisce l’asimoviana U.S. Mechanical and Robotical Men, è il fulcro narrativo del film. Vincere la sfiducia di Spooner nei confronti dei robot, risolvendo una ferita personale, è l’elemento catartico su cui si basa l’intera vicenda. Lontano dai canoni tipici della narrativa asimoviana, il film ribalta la percezione stessa della visione di Asimov, in cui le storie erano focalizzate a mostrare la possibile convivenza tra umani e robot.

Non erano presenti eserciti di robot ribelli, si combatteva contro la sfiducia dei pochi uomini che ancora diffidavano dei robot mostrandone, nei loro difetti, una straordinaria umanità. 

Proprio per questo motivo non è comprensibile, se non in un’ottica di puro intrattenimento, il radicale cambiamento della figura di Susan Calvin. Se nell’originale asimoviano la robopsicologa era una donna difficile, non attraente e caratterizzata da una profonda difficoltà relazionale con gli umani, mentre trovava molto più facile trattare con i robot. Nel film di Proyax, invece, la Calvin è una donna forte, privando il personaggio del suo ruolo centrale invece esercitato nella produzione di Asimov.

Pur essendo un film di fantascienza piacevole ed appassionante, Io, Robot manca della profondità dell’opera originale di Asimov, che non può esser ridotta alla sola citazione delle Tre Leggi della Robotica, ma che avrebbe meritato un maggior approfondimento in termini di struttura narrativa e ambientazione tipiche dell’immortale lavoro di Asimov.

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