Fallout, recensione: la bellezza delle Wastelands di Prime Video

Autore: Manuel Enrico ,

I don’t want to set the world on fire cantavano gli Ink Spots negli anni ’40, e probabilmente non avrebbero mai immaginato che questo loro brano sarebbe divenuto celebre decenni successivi come colonna sonora di un racconto in cui il mondo, in realtà, ha preso fuoco in modo clamoroso. Se avete riconosciuto questa citazione, magari canticchiandola, significa che state aspettando con una certa ansia l’11 aprile, quando su Prime Video arriverà l’attesa serie tratta da Fallout.

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Il servizio streaming di Amazon ha deciso di puntare a una delle saghe videoludiche più amate e longeve della storia dei mondi in pixel per arricchire il proprio catalogo, portando in scena un'umanità post-apocalittica che si ispira, ironia del destino, a un altro mondo alla fine del mondo che torna al cinema nello stesso periodo, Mad Max. Pur avendo tratto ispirazione dalle avventure di Max Rokatansky, Fallout ha sempre mostrato una particolare visione della società post-apocalisse nucleare, preferendo un approccio più vicino al retrofuturismo, radice narrativa che emerge prepotentemente nella serie di Prime Video. 

Fallout: Vault, ghoul e supermutanti invadono Prime Video

Immaginate che la tanto paventata guerra nucleare tra i due antagonisti della Guerra Fredda sia scoppiata realmente. In quella che prometteva di essere un’accecante estinzione nucleare, pochi privilegiati hanno trovato salvezza all’interno dei Vault, rifugi antiatomici studiati per preservare uno scampolo di umanità durante la guerra nucleare. A consentire la creazione di queste immense strutture è una tecnologia distopica, in cui la mancata creazione dei transistor ha dato vita a un’evoluzione tecnologica in cui la miniaturizzazione non si è sviluppata, dando vita a un mondo dal look retrò.

Realizzati dalla Vault Tech, queste arche preservano l’umanità tramite una rete di installazioni che si premurano di tenere viva la speranza di un futuro per la specie, conservando conoscenze scientifiche e portando avanti l’umanità tramite un attento lavoro di selezione genetica, in modo da creare individui adatti alla ricolonizzazione di un mondo post-apocalittico.

Sono passati duecento anni da quanto si sono chiuse le gigantesche porte del Vault 33. All’interno della struttura c’è aria di festa, poiché la giovane Lucy (Ella Purnell), figlia del sovrintendente Hank (Kyle MacLachlan), sta per sposarsi. Secondo le consuetudini, la giovane andrà in moglie a un membro di un altro Vault, la cui delegazione arriva al Vault 33, venendo accolta con la massima felicità.

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Peccato che durante la sua prima notte di nozze, Lucy scopre come sia tutta una finzione. Gli abitanti del Vault 31 sono in realtà dei predoni che massacrano i suoi compagni, rapendo il padre e portandolo con sé nel mondo esterno. Sconvolta dalla cosa e a malapena sopravvissuta, Lucy decide di varcare le porte del Vault e di mettersi alla ricerca del padre.

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Per la giovane donna, questo è il primo passo di una grande avventura, che la porterà a confrontarsi con un mondo assai diverso da quello dipinto dalla propaganda del Vault.

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Pur concedendo a Lucy un ruolo preminente all’interno della trama di Fallout, sarebbe corretto parlare di una trinità di protagonisti, che si completa con Maximus (Aarton Molten), membro della Confraternita d’acciaio, e da Cooper Howard (Walton Goggins), un ghoul cacciatore di taglie che sembra essere uno dei pochi sopravvissuti dell’era pre-nucleare.

Gli otto episodi che compongono questa prima stagione di Fallout creano una forte sinergia tra questi tre personaggi, fondando il loro legame sull’importanza di Wilzig (Michael Emerson), scienziato braccato da diverse fazioni per via di una sua scoperta che potrebbe cambiare gli equilibri delle Wastelands.  

Prime Video piomba nelle Wastelands

L’annuncio di Fallout era stato accolto con un misto di ansia e aspettativa. La serie videoludica è uno dei caposaldi del settore, soprattutto dopo l’uscita di Fallout 3, ma il passato non incoraggiante di esperimenti di trasposizione dal pixel alla pellicola lasciava qualche perplessità.

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Soprattutto, considerato come il mondo creato dalla Black Isle Studios nel lontano 1997 sia figlio di un concept preciso, basato su una visione distopica dell’evoluzione tecnologica reale, con conseguente creazione di un impianto visivo specifico. 

Dare vita a una rappresentazione onesta e autentica dell’America post-apocalittica di Fallout richiedeva quindi un attento studio per dare la sensazione di trovarsi di fronte a una società epidermicamente fittizia, evitando di far risultare il tutto come posticcio e poco credibile.

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La visione di Fallout ci ha tolto questo dubbio, mostrando un modo che, per quanto guidata da questa radice retrò, vive di una propria identità, concreta e appassionante. Se da un lato i fan della serie possono riconoscere gli stilemi della saga videoludica, dall’altro chi si avventura per la prima volta in questa ambientazione può godere di un world building curato e attento, a tratti divertente per alcune sue trovate, funzionali anche a creare una certa tensione narrativa che rende la missione di Lucy intrigante.

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Merito di un team creativo di tutto rispetto, che ha saputo trasporre l’idea di Geneva Robertson-Dworet e Graham Wagner in una serie che fonde avventura, ironia e splatter in modo convincente. Non stupisce che a questo progetto siano legati i nomi di Jonathan Nolan e Lisa Joy (Person of Interest, Westworld, Inverso), che non si sono limitato al ruolo di produttori, considerato che Nolan si è seduto sulla poltrona del regista dei primi tre episodi della serie.

Ne è scaturito un racconto serrato, in cui l’ironia dissacrante di un contrasto ideologico tra fazioni si scontra con la concretezza di un mondo brutale mosso dal puro istinto di sopravvivenza. Se Lucy è l’elemento più affascinante, per via della sua evidente estraneità a questo mondo e per l’odio che provano i sopravvissuti nei confronti dei fortunati abitanti dei Vault, dall’altro le figure di Maximus e del ghoul sono funzionali a raccontare come sia cambiata la società umana in questi anni.

Anime perdute alla fine del mondo

Un mosaico narrativo gestito con cambi di prospettiva mai forzati, che anzi valorizzano la caratterizzazione dei personaggi, puntando sempre a un contrasto sarcastico tra soggetto e mondo circostante, tramite cui trapelano anche delle fragilità personali con cui lo spettatore empatizza rapidamente.

Empatia che viene letteralmente accesa nelle scene di combattimento, dove Fallout sembra accogliere alcuni dei tratti stilistici tipici dei videogiochi, in particolare del terzo capitolo. Scontri dinamici e con armi devastanti che consentono di giocare con lo splatter in alcuni frangenti, ben coreografati dall’occhio di Nolan in particolare, che rende questi momenti adrenalinici al meglio calandoli all’interno di terreni di scontro che richiamano l’immaginario dell’ambientazione, sfruttandoli alla perfezione.

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Se prima di addentrarci nella California post-apocalittica avevamo il timore di incappare in una trasposizione più macchiettistica che non rispettosa dell’immensa lore dell’originale videoludico, il nostro viaggio nelle Wasteland di Prime Video ci ha fatto ricredere. La serie di Prime Video psi rivela una delle produzioni più accattivanti del periodo, non priva di alcune debolezze sul piano della CGI, ma capace di rendere al meglio il complesso e articolato mondo di Fallout.

Commento

cpop.it

75

Se prima di addentrarci nella California post-apocalittica avevamo il timore di incappare in una trasposizione più macchiettistica che non rispettosa dell’immensa lore dell’originale videoludico, questa succosa anteprima di Fallout ci ha fatto ricredere. La serie di Prime Video promette di esser una delle produzioni più accattivanti del periodo, non priva di alcune debolezze sul piano della CGI, ma capace di rendere al meglio il complesso e articolato mondo di Fallout.

Pro

  • Ambientazione perfettamente ricreata
  • Protagonisti ben caratterizzati
  • Storia promettente

Contro

  • CGI da migliorare
  • -
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