Mad Max: come un poliziotto divenne il Guerriero della Strada

Mad Max: il deserto australiano divento il teatro della saga post-apocalittica di Max Rockatansky, tra motori rombanti e scontri sanguinari

Autore: Manuel Enrico ,

L’odore penetrante degli ottani o quello secco e polveroso delle terre aride? Sono queste due sensazioni che accompagnano il ricordo dei primi viaggi di Max Rockatansky, poliziotto prima e viaggiatore solitario in seguito, simbolo di una saga che ha saputo riscrivere il cinema d’avventura sul finire degli anni ’70, dando vita a un immaginario indelebile che ha influenzato la cultura pop negli anni a venire. Nonostante siano passati decenni dall’esordio della saga sci-fi di George Miller, la potenza di questo mondo post-apocalittico è ancora oggi incisa nella mente degli appassionati, che nonostante quanto cantava Tina Turner nella colonna sonora di Mad Max oltre la sfera del tuono (We don’t need another hero) continuano a vedere nel Mad Max di Mel Gibson uno dei grandi eroi del cinema d’azione.

Sorprende ancora oggi come, seppur uscita sul finire del decennio precedente, Mad Max si sia imposto come uno dei grandi cult action degli anni 80. Pur non essendo un figlio della Hollywood steroidea del periodo, la forza narrativa di Mad Max scaturisce dalle idee che hanno portato George Miller e Byron Kennedy a voler dare vita a una distopia fortemente radicata nella loro Australia.

Mad Max: sopravvivere all'apocalisse nel deserto australiano

Nei primi anni ’70, in una scuola di cinema si incontrarono due giovani appassionati, George Mille e Byron Kennedy. Immediatamente trovatasi sulla stessa lunghezza d’onda, I due produssero un cortometraggio, Violence in the Cinema, Part 1, che venne proiettato in diversi festival cinematografici e ha vinto diversi premi.

Durante questi primi passi nella sua carriera come cineasta, Miller proseguì il suo corso di studi in medicina. Occasione che lo portò a prestare servizio come medico di pronto soccorso, dove ebbe modo di vedere di prima persona le conseguenze di gravi incidenti automobilistici, soprattutto nelle zone rurali dell’interno dell’Australia come il Queensland. Questa esperienza fu formativa per Miller, che iniziò a considerare questa piaga sociale come promettente in una storia distopica, ma questa scoperta non fu la sola scintilla ispiratrice di quello che sarebbe divenuto Mad Max

Gli anni ’70 furono caratterizzati, a livello mondiale, da una serie di crisi energetiche, rendendo il rifornimento di carburanti incredibilmente difficoltoso. In questa condizione, cominciarono a comparire i primi studi relativi alla fine delle risorse fossili, arrivando anche a conoscenza del grande pubblico. una simile rivelazione non poteva che stuzzicare la curiosità dei più attenti cineasti del periodo, che proprio nel periodo in cui la sci-fi cinematografica tornava a strizzare l’occhio alla narrativa post-apocalittica non poteva rimanere insensibile a questa intrigante suggestione.

Aspetto che, in Australia, era stato oggetto di una serie di articoli a tema, che analizzavano da diversi punti di vista questo problema. Fu soprattutto la crisi petrolifera che nel 1973 colpì l’Australia a venire trattata dai giornali, considerato come il timore di non aver accesso ai carburanti creò una vera e propria fobia nella gente, tanto che si creano degli scontri sociali e delle vere e proprie guerriglie per l’approvvigionamento di benzina.

Questi argomenti cominciarono a stuzzicare la curiosità di Miller, che aveva inizialmente pensato a un approccio particolare per Mad Max. Secondo lo stesso regista il suo interesse mentre scriveva Mad Max era "un film muto con il suono", impiegando immagini altamente cinetiche che ricordassero il dinamismo di Buster Keaton e Harold Lloyd, puntando maggiormente a questa narrazione muscolare, preferendo una trama basilare e semplice. Per Miller, questo era essenziale per trasmettere la violenza del suo mondo, che per esser credibile avrebbe dovuto scoppiare in un futuro distopico, dall’anima ferina e sporca.

Maturata questa convinzione, Miller, coinvolto nuovamente l’amico Kennedy, ebbe l’umiltà di comprendere come non fosse all’altezza di scrivere una sceneggiatura, ma guardando al cinema hollywoodiano si rese conto che gran parte degli sceneggiatori più acclamati provenivano dal mondo del giornalismo. Una rivelazione che lo spinse a contattare una sua vecchia conoscenza, James McCausland, penna del The Australian, dove era specializzato in articoli finanziari.

Pur sapendo che la paga per un anno di lavoro sarebbe stata piuttosto misera, trattandosi di un film low budget, McCausland accetto di partecipare alla stesura della trama. Fu proprio il giornalista a vedere nella tematica della crisi petrolifera uno spunto interessante, considerato come era rimasto impressionato dalla crisi petrolifera del 1973:

Eppure c'erano ulteriori segni delle misure disperate che gli individui avrebbero preso per garantire la mobilità. Un paio di scioperi petroliferi che hanno colpito molte pompe hanno rivelato la ferocia con cui gli australiani avrebbero difeso il loro diritto a riempire un serbatoio. Lunghe code si formavano alle stazioni di benzina - e chiunque cercasse di saltare la fila incontrava violenza brutale. ... George ed io abbiamo scritto la sceneggiatura di Mad Max basandoci sulla tesi che le persone farebbero quasi qualsiasi cosa per mantenere in movimento i veicoli e sull'assunzione che le nazioni non avrebbero considerato i costi enormi di fornire infrastrutture per l'energia alternativa fino a quando non fosse troppo tardi.

Questa idea fu alla base della stesura della sceneggiatura di Mad Max, che tuttavia dovette scontrarsi con le difficoltà economiche della produzione. In quel periodo, il cinema australiano sembrava puntare a una direzione autoriale, il che rendeva un film come Mad Max difficilmente appetibile per le sovvenzioni, nonostante la Roadshow avesse mostrato interesse per l’idea. Pur di non vedere naufragare il loro progetto, Miller e Kennedy fecero doppi turni in ospedale, raccimolando la cifra necessaria, facendosi  anche una discreta esperienza in termini di ferite e lesioni, che sarebbe tornata utile durante la lavorazione del film.

Lavorazione anarchica per un cult

George Miller considerò di scegliere un attore americano, considerandola una mossa vincente per poter piazzare facilmente il film all’estero, e viaggiò fino a Los Angeles in cerca del suo protagonista, ma alla fine optò per non farlo poiché assumere un volto noto di Hollywood avrebbe richiesto di investire gran parte del budget.  Invece, il cast comprendeva deliberatamente attori meno conosciuti, più economici per il budget.

Il direttore del casting Mitch Mathews invitò una classe di recenti laureati del National Institute of Dramatic Art a fare un'audizione per Mad Max, chiedendo specificamente a un insegnante del NIDA "ragazzi giovani e vivaci". Tra questi attori c'era Mel Gibson, nato in America, il cui provino impressionò Miller e Matthews e gli valse il ruolo di Max. Sfortunatamente per Gibson, Miller non era mai stato particolarmente attirato dai film con lunghi dialoghi, al punto che nel primo Mad Max Gibson ha solamente sedici battute spalmate nei 95 minuti di durata.

Pur non essendo particolarmente loquace, la caratterizzazione di Max Rocatansky è stata così iconica che il suo impatto sul l’immaginario mondiale ha portato diverse culture a identificare Max con degli archetipi folkloristici. In Giappone venne identificato come un rōnin postmoderno, mentre per la critica francese era assimilato al tipico eroe del Western americano, arrivando a definire Mad Max un Western su ruote. In Scandinavia venne ricondotto al mito del vichingo solitario, e persino nella cultura indigena australiana, che di solito è nomade, ci sono spesso storie del viandante solitario.

Il fil rouge di queste diverse visioni era la visione di un uomo solitario, di cui viene prima raccontata la perdita come origin story e in seguito viene trasformato in un eroe reticente, ma comunque coinvolto suo malgrado in situazioni in cui ha il ruolo del salvatore. Nonostante sia evidente che Max, proprio in seguito alla perdita della famiglia, cerchi di evitare il coinvolgimento con gli altri. Un personaggio che tolta la sua prima apparizione è stato focalizzato su un distacco dal resto del mondo, come difesa perché il coinvolgimento con altri esseri umani è troppo doloroso.

La maggior parte degli stuntman appartenenti alla gang di motociclisti erano membri effettivi di club motociclistici fuorilegge australiani e guidavano le proprie motociclette nel film. Furono persino costretti a guidare le motociclette Sydney fino ai luoghi delle riprese a Melbourne perché il budget non permetteva il trasporto aereo. Venne assunto un intero club motociclistico chiamato Vigilantes, scelta decisamente felice dato che la passione dei motociclisti per la guida si manifestava sullo schermo. 

Originariamente, le riprese erano programmate per durare dieci settimane: sei settimane con la prima unità e quattro settimane dedicate a sequenze di stunt e inseguimenti. Tuttavia, quattro giorni dopo l'inizio delle riprese, Rosie Bailey, che era stata inizialmente scelta per il ruolo della moglie di Max, rimase ferita in un incidente in moto. La produzione fu interrotta e Bailey fu sostituita da Joanne Samuel, causando un ritardo di due settimane. Alla fine, le riprese durarono sei settimane tra novembre e dicembre 1977, con ulteriori sei settimane di lavoro della seconda unità. L'unità si riunì nel maggio 1978 e trascorse altre due settimane girando scene di seconda unità e riproponendo alcune acrobazie.

Miller descrisse l'intera esperienza come cinema guerrilla, con la troupe che chiudeva le strade senza permessi di ripresa e non utilizzava walkie-talkie perché la loro frequenza coincideva con quella della radio della polizia, e lui e Kennedy addirittura controllavano le strade dopo che le riprese erano state completate. Man mano che le riprese avanzavano, tuttavia, la polizia di Victoria si interessò alla produzione e iniziò ad aiutare la troupe chiudendo le strade e scortando i veicoli.

Mad Max è stato uno dei primi film australiani girati con una lente anamorfica widescreen. Il desiderio di Miller di girare in anamorfico lo ha spinto a cercare un set di lenti grandangolari Todd-AO che Sam Peckinpah aveva scartato in Australia dopo che si erano danneggiate durante le riprese di The Getaway (1972). L'unica lente che funzionava correttamente era una lente da 35mm, che Miller ha utilizzato per girare l'intero Mad Max.

La post-produzione del film è stata realizzata nell'appartamento di un amico a North Melbourne, con Miller e Kennedy che montavano il film nella piccola sala da pranzo su una macchina da montaggio autocostruita che il padre di Kennedy, un ingegnere, aveva progettato per loro. Miller e Kennedy hanno anche eseguito il montaggio del suono lì. Tony Patterson ha trascorso quattro mesi a montare il film, salvo poi lasciare perché sotto contratto per lavorare su Dimboola (1979). George Miller ha preso il controllo del montaggio insieme a Cliff Hayes e hanno lavorato per altri tre mesi. Kennedy e Miller hanno fatto il montaggio finale, in un processo che Miller ha descritto come:

Lui montava il suono nella sala da pranzo e io montavo l'immagine in cucina.

Il mondo di Mad Max

Un'Australia distopica di un futuro prossimo sta affrontando un collasso dell'ordine civile principalmente a causa di diffusi problemi di carenza di petrolio ed ecocidio. Il membro impazzito della gang di motociclisti Crawford "Nightrider" Montazano uccide un agente inesperto del povero e mal finanziato Main Force Patrol (MFP) - una delle ultime agenzie di applicazione della legge rimaste - e scappa con la fidanzata nella Pursuit Special dell'ufficiale morto. Nightrider riesce a sfuggire al MFP fino a quando l'uomo di punta dell'organizzazione Max Rockatansky non riesce a indirizzarlo verso un blocco stradale, provocando un incidente incendiario che uccide sia Nightrider che la sua ragazza.

Al garage del MFP, a Max viene mostrata la sua nuova auto di polizia: una Pursuit Special nera, appositamente costruita, dotata di motore V8 sovralimentato. Una conversazione tra il superiore di Max, il capitano Fred "Fifi" Macaffee, e il commissario di polizia Labatouche rivela che la Pursuit Special è stata autorizzata per corrompere Max, che sta diventando stanco del lavoro di polizia, affinché resti in servizio. La gang di motociclisti di Nightrider, guidata da Toecutter e Bubba Zanetti, semina il caos in una città, vandalizzando proprietà, rubando carburante e terrorizzando la popolazione. Una giovane coppia cerca di fuggire, ma la gang distrugge la loro auto e li aggredisce. Max e il collega ufficiale Jim "Goose" Rains arrestano il giovane protetto di Toecutter, Johnny the Boy, sulla scena. Nessun testimone compare in tribunale e Johnny viene considerato mentalmente inadatto a essere processato. Contro le furiose obiezioni di Goose, Johnny viene rilasciato sotto la custodia di Bubba.

Quando Max scopre che in seguito a questa decisione la banda riesce a recuperare Johnny, causando il grave ferimento del collega, decidi di dimettersi. Convinto a ripensarci, Max prende un periodo di ferie da passare con la famiglia, ma durante il loro viaggio sono presi di mira proprio dalla banda di Toecutter, arrivando a un tragico epilogo: la morte del figlio, mentre la moglie viene ritrovata in fin di vita.

Accecato dalla rabbia, Max indossa la sua divisa da poliziotto e prende la Pursuit Special nera senza autorizzazione, intenzionato a vendicarsi. Uccide diversi membri della gang prima di essere catturato in una trappola preparata da Toecutter, Bubba e Johnny. Bubba spara a Max alla gamba e gli passa sopra il braccio prima che Max riesca a sparare a Bubba con un fucile a canne mozze. Toecutter e Johnny fuggono via mentre Max barcolla verso la sua auto e insegue Toecutter, che costringe sulla traiettoria di un camion semi-in avvicinamento.

Dopo una lunga ricerca, Max trova Johnny mentre ruba stivali da un automobilista morto. Ignorando le suppliche disperate di Johnny che non ha ucciso l'uomo e che non è responsabile di ciò che è accaduto alla famiglia di Max a causa della sua psicopatia diagnosticata, Max ammanetta la caviglia di Johnny al veicolo capovolto del cadavere e crea un rudimentale fusibile a ritardo utilizzando petrolio che perde e l'accendino di Johnny. Dà a Johnny una sega, dicendo che può provare a segare attraverso le manette, il che ci vorranno dieci minuti, o la sua caviglia, il che ci vorranno cinque minuti, per sopravvivere. Il veicolo esplode mentre Max se ne va.

Gli eventi raccontati in Mad Max potrebbero considerarsi come un arco narrativo completo, tuttavia il successo mondiale spinse Miller a realizzare altri due film, che si discostano profondamente dalla visione inziale. Un approccio che tende maggiormente al post-apocalittico, con un evidente imbarbarimento e la nascita di una società frammentata e tribale. Basti pensare che il terzo capitolo, Mad Max oltre la sfera del tuono (Beyond Thunderdome) risente di questo radicale cambio di prospettiva, complica l’inziale reticenza di Miller a realizzare un terzo film.

Quando si sedette con il suo team di sceneggiatori, Terry Hayes parlò del fatto che le persone senza conoscenza danno tutto per una convinzione, citando come esempio Il Signore delle Mosche approfondisce tale teoria, mostrando come un gruppo di bambini naufragati su un'isola lotti per il potere poiché tutti mettono la loro convinzione in una cosa e finiscono per uccidersi a vicenda nella loro lotta per il potere, perdendo di vista il loro obiettivo di uscire dall'isola. Questa fu l’ispirazione per la realizzazione del terzo capitolo della saga.

L’ordine di visione

Con il ritorno di Mad Max al cinema in Mad Max: Fury Road, si è creata una certa confusione in termini di continuity. Nato sempre dalla visione di Miller, il Max interpretato da Tom Hardy non ha legami con il personaggio originario, consentendo al regista di ricreare la sua creatura in un’accezione moderna e differente.

Contrariamente a quanto fatto con la trilogia originale, Miller non intende mostrare una origin story su cui costruire il personaggio, ma introduce lo spettatore all’interno della vita nomade di Max, accennando brevemente tramite dei flashback al suo tragico passato. Il mondo in cui si muove è già più vicino alla concezione post apocalittica del secondo film, il che consente di dare una maggior rilevanza all’ambientazione che, contrariamente alla prima esperienza, assume un’importanza più evidente, tramite una definizione maggiore dei personaggi che ruotano attorno a Max.

Dopo Mad Max, presentato in Italia come Interceptor, la trilogia originale si completa con:

Interceptor: Il guerriero della strada (Mad Max 2: The Road Warrior, 1981)

Dopo una guerra globale che ha causato diffusi problemi di carenza di petrolio ed ecocidio, la civiltà è collassata e il mondo è precipitato nel barbarismo. Ora, l'ex poliziotto Max Rockatansky, tormentato dalla morte della sua famiglia, guida la sua Pursuit Special nera sovralimentata V-8 attraverso il deserto selvaggio dell'Australia, cercando cibo e benzina insieme al suo cane pastore australiano.

Durante i suoi viaggi, soccorre un uomo che lo prega di riportalo alla sua comunità, in cambio di prezioso carburante, ma l'uomo muore poco dopo che Max lo riporta indietro, e il leader dei coloni, Pappagallo, dice che l'accordo è morto con Nathan. I coloni stanno per confiscare l'auto di Max e cacciarlo dal loro complesso quando i predoni tornano per trattare. Un bambino selvaggio che vive nel complesso della raffineria uccide il compagno di Wez con un boomerang di metallo e Wez vuole vendetta, ma il leader della banda, un uomo mascherato muscoloso chiamato  Humungus, offre di risparmiare le vite dei coloni in cambio del loro rifornimento di carburante e se ne va per il giorno. Tuttavia, diversi coloni sospettano che Humungus non abbia alcuna intenzione di permettere loro di sopravvivere.

Con i coloni divisi su cosa fare, Max offre il suo accordo: porterà loro il camion semi che ha visto in precedenza in modo che possano provare a portare via il loro carro armato pieno di petrolio, se gli restituiranno la sua auto e gli daranno il più possibile di carburante che può trasportare.

Dopo il successo di Mad Max, realizzato con un budget risibile, per il secondo capitolo delle avventure del sopravvissuto australiano le maggior disponibilità economiche consentirono a Miller di dare vita una caratterizzazione più spiccata per i comprimari. Di conseguenza, si poterono creare degli outfit post-apocalittici che non fossero solamente dimostrazione di un’umanità ferina, ma che si spostassero a che su un altro aspetto dell’ambientazione: i veicoli. Questi ultimi persero quel senso di contemporaneità della prima pellicola, adattandosi all’ambientazione post-apocalittica con un restyling dove spuntoni e armi improvvisate divennero dominanti. 

Intitolato originariamente Mad Max 2: The Road Warrior, il film in diverse nazioni cambiò nome, spesso per motivi opposti. In Italia divenne Interceptor – Il guerriero della strada, per mantenere una continuity con il primo film, che era stato presentato con il titolo di Interceptor, riferendosi al mezzo usato da Max anziché al suo personaggio. In America, si scelse di lasciare come titolo The Road Warrior, eliminando il riferimento al primo capitolo per evitare confusione nel pubblico. 

 Mad Max: Oltre la Sfera del Tuono (Mad Max Beyond Thunderdome, 1985)

Mentre vaga nel deserto, Max viene aggredito dal pilota d'aeroplano Jedediah, che con un sotterfugio lo deruba della sua carovana. Nel tentativo di recuperare quanto perduto, Max insegue il ladro sino a Bartertown, scoprendo che Jebediah ha scambiato la merce rubata. Per riottenere la sua roba Maxi si accorda con la despota locoale, se ucciderà Blaster, un guerriero mascherato alle dipendenze di Master, colui che controlla la centrale elettrica della città, riceverà una riccaricompensa. Master è un anziano nano ed è l'unico in grado di gestire la centrale, che funziona grazie al metano prodotto dallo sterco dei maiali, e finché c'è Blaster a proteggerlo può sfruttare la situazione per spadroneggiare. Seguendo la legge e il volere di Aunty, egli lo provoca in città e fa scaturire una lite che andrà risolta nel Thunderdome (la "sfera del tuono" del titolo italiano), un'arena in cui i due "imputati" devono combattere con armi lì presenti all'insegna del motto "Due combattono, uno vive".

Max riesce a sconfiggere Blaster, ma togliendogli la maschera scopre che è un ragazzo affetto dalla sindrome di Down, perciò ne ha pietà e non lo uccide; gli sgherri di Aunty lo fanno al suo posto e per avere rotto il patto con la donna, deve sottostare alla legge della Ruota ("Rotto il patto, decide la ruota"), con cui gli verrà inflitta una pena casuale. A Max tocca il "Gulag" e viene mandato in esilio nel deserto tra le sabbie mobili. Qui viene salvato da una tribù di ragazzi e bambini selvaggi che vivono in un luogo verdeggiante e isolato, ignari del mondo circostante

Mad Max: Fury Road (2015)

In un futuro post-apocalittico, Max (Tom Hardy), un ex poliziotto solitario tormentato dalla perdita della sua famiglia durante il collasso globale, gira nel deserto australiano a bordo della sua V8 Interceptor. Viene catturato dai Figli di Guerra, una banda di guerrieri comandati da Immortan Joe, un signore della guerra che controlla una comunità alla fine della Fury Road grazie alle sue riserve d'acqua. Portato alla Cittadella, la fortezza di Immortan Joe, Max viene identificato come "donatore universale di sangue" e utilizzato per trasfusioni per i Figli di Guerra, tra cui Nux.

Intanto, Furiosa, una Figlia di Guerra che si è innalzata nei ranghi di Joe, guida una blindocisterna per recuperare carburante da Gas Town. La blindocisterna nasconde le Cinque Mogli di Immortan Joe, donne fertili destinate a dare alla luce figli senza difetti genetici. Quando Joe si accorge che la blindocisterna ha lasciato la Fury Road, guida i suoi uomini all'inseguimento. Max viene legato davanti alla vettura di Nux per continuare la trasfusione, ma la loro vettura viene distrutta durante una tempesta di sabbia elettromagnetica, mentre Furiosa cerca di sfuggire agli inseguitori.

Coinvolti in questa fuga, Max e Nux, innamoratosi di una delle giovani fuggitive, decidono di aiutarle affrontando l’armata di Immortan Joe. 

Mad Max nella cultura pop

Il primo film di Mad Max divenne un cult per via della sua incredibile potenza visiva, nonostante i pochi mezzi a disposizione di Miller e Kennedy. E’ tuttavia il secondo capitolo a far esplodere il mito del Guerriero della Strada. L’iconografia imbastita da Miller, basata su un’umanità spietata che anima un mondo violento e sporco, diventa un immediato archetipo narrativo, che stilisticamente e narrativamente inizia a sedimentarsi, diventando quasi la scintilla vitale del genere post-apocalittico moderno. 

A cominciare da un altro cult del mondo dopo l’Apocalisse come Ken Shiro, la cui ambientazione, e atmosfere e la stessa visione dei personaggi risente fortemente del ritratto dell’Australia milleriana. Dai mezzi alle enclavi umane, passando per la visione quasi grottesca di villain caricaturali. 

Scene come la camminata solitaria con il cane sono divenute fotografie del post-apocalittico per eccellenza, tanto da venire citate in opere di diversi media, come nella serie di videogiochi Fallout. Specialmente i primi capitoli della popolare serie tradivano una certa aderenza spirituale all’impostazione ambientale di Mad Max, salvo poi mostrare una diversa origine per questo mondo devastato.

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