Ma Rainey's Black Bottom, il finale e i temi affrontati nel film con Viola Davis e Chadwick Boseman

Ma Rainey’s Black Bottom, film prodotto da Netflix e candidato al premio Oscar, ha un finale particolarmente scuro e inquietante. Qui, una spiegazione del finale e dei temi affrontati nel film di George C. Wolfe.

Autore: Giulia Vitellaro ,

Nel dicembre 2020, è uscito su Netflix Ma Rainey’s Black Bottom: il film, diretto da George C. Wolfe, è un adattamento cinematografico dello spettacolo teatrale omonimo scritto da August Wilson nel 1984. Il film è denso di tematiche (il razzismo americano, la natura del potere, il talento, il significato del blues) e nello sviluppo della trama, tutte queste tematiche riescono a costruire una tensione crescente che raggiunge l’apice nel colpo di scena finale. La pellicola vede una delle ultime esibizioni di Chadwick Boseman, ed è attualmente candidata a 5 premi Oscar.

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Ma si esibisce in un club nel profondo sud americano, vestita elegantissima e con un gruppo di belle ballerine attorno

La trama

Il film si svolge in una calda giornata d’estate degli anni 20. Ma Rainey (Viola Davis), cantante nera leggenda del blues, arriva nella sala di registrazione della Paramount in ritardo, in compagnia del proprio giovane nipote e di una bellissima ragazza. Nell’attesa di Ma, la band ha però inziato a provare i pezzi, confrontarsi, raccontarsi e innervosirsi. Tra i musicisti, tutti afrodiscendenti, spicca Levee (Chadwick Boseman). Levee è un trombettista ambizioso dal passato tormentato; è sicuro di aver intercettato il gusto musicale del tempo e ha composto dei pezzi blues molto ritmati da proporre al produttore (bianco) della Paramount, Mel Sturdyvant, che si è mostrato interessato. Convinto che presto smetterà di essere un semplice trombettista al servizio di Ma, Levee si compra delle scarpe alla moda, fa lo sbruffone e si concentra da subito su Dussie Mae, la giovane e bella partner della famosa cantante che è arrivata insieme a lei alla Paramount.

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Ma arriva in procinto di salire sulla propria auto di lusso, guidata dal nipote Sylvester e con a bordo la sua partner Dussie

Dopo la lunga attesa per l’arrivo della diva, la sessione di registrazione finalmente inizia, ma Ma è una star e in quanto tale ha delle pretese: le bottiglie di Coca-Cola (che aveva chiesto e che il suo manager si è dimenticato di portare in studio), e il fare annunciare uno dei suoi brani più famosi (Black Bottom, appunto) dal nipote, che però è balbuziente.

Questo fa perdere un sacco di registrazioni e di tempo al produttore e al suo manager, il bianco Irvin. Il suo comportamento sembra divistico e irrispettoso, ma mentre aspetta che i membri della band tornino con la sua Coca-Cola, Ma spiega a Cutler, uno dei membri della band, il suo punto di vista sul blues e sul razzismo. Questo momento di pausa dalla registrazione è un’ottima occasione per Levee e Dussie, che scappano nella sala prove della band per stare da soli, lontani dai gelosi occhi di Ma.

La prima canzone viene registrata, ma c’è un problema: nel fissare con bramosia la bella Dussie che balla a ritmo di blues, Levee ha calpestato un filo che ha compromesso l’intera registrazione. Ma si infuria e minaccia di andarsene, la band si prende una pausa in sala prove. Lì, Levee e Cutler iniziano a discutere, e litigano dibattendo sull'esistenza di Dio: Levee è convinto (anche a causa della terribile storia di violenza razzista subita dalla sua famiglia in cui la madre è stata ripetutamente stuprata e picchiata da dei bianchi) che non esista, mentre Cutler lo contraddice. Le cose prendono una piega violenta, Levee esce un coltello dalla tasca. In qualche modo, gli altri membri della band riescono a calmare entrambi.

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In sala prove, Slow-Drag suona il suo contrabasso, Levee fissa in camera vestito elegante e Cutler è seduto su una sedia.

Quando la sessione di registrazione ha finalmente fine, Ma licenzia subito Levee, che con le sue continue varianti (non richieste) sullo spartito rischia di compromettere le registrazioni future. Il ragazzo è arrabbiato ma si dice entusiasta di andare finalmente via e poter inseguire i suoi sogni. Prima di lasciare lo studio Paramount, infatti, incontra il produttore Sturdyvant, a cui chiede aggiornamenti sulla registrazione dei suoi pezzi originali. Il produttore lo interrompe subito: è disposto a comprare le sue canzoni, ma non intende fargliele registrare. Il trombettista ha un crollo.

Mentre è sul punto di andarsene, il vecchio Toledo, il pianista della band, gli pesta per sbaglio le scarpe nuove. Levee, ormai impazzito, lo accoltella. L’intera band è in preda all’orrore per l’insensato omicidio. Il film si chiude con un salto in avanti del tempo: una band composta interamente da bianchi sta suonando e cantando i pezzi scritti da Levee. Il film è finito.

Il potere e i soldi

A metà film, Irvin, il manager bianco di Ma, va da lei e le rivela di non poterle assicurare il pagamento di Sylvester, il nipote che dopo numerose registrazioni ha vinto la balbuzie e ha presentato il brano Black Bottom. L’unica soluzione sarebbe quella di decurtare i soldi dovuti al ragazzo dalla cifra pagata a Ma, dato che è stata lei a imporne la presenza.

Se avessi voluto dare 25 dollari al ragazzo di tasca mia, lo avrei già fatto. Deve avere il suo denaro. Deve essere pagato, come tutti gli altri.

Ma, invece, ha una soluzione diversa (più una minaccia): se Sylvester non verrà pagato, lei non registrerà più con loro. A Irivin e al produttore non resta che accettare. Questa, a seguito di tutte le pretese di Ma prima e durante la registrazione, sembra solo l'ennesimo vezzo divistico. Ma dietro questi comportamenti c’è molto di più. C’è il desiderio di vedere tutti i membri della sua band, neri, pagati. C’è il desiderio di dignità del lavoro e di riscatto.

Ma è consapevole che il fatto che il manager e il produttore assecondino i suoi capricci non è affatto dovuto al rispetto verso di lei, alla passione per il blues o all’amore per la sua voce. Non è che un modo diverso, più educato, di sfruttare lei, donna e nera. Il motivo per cui i due uomini sottostanno alle sue richieste è uno solo: i soldi e la fama che quelle registrazioni porteranno alla Paramount e, di conseguenza, nelle loro tasche.

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Ma Rainey canta, accompagnata dalla band, in sala registrazione

Ma è nera, ed è donna. Negli anni 20 (e ancora oggi c’è poco di diverso) queste categorie sono decisamente penalizzate quando si tratta di soldi. I neri vengono pagati sensibilmente meno dei propri colleghi bianchi. E per le donne il problema è doppio: non lavorano, quando lavorano sono pagate molto meno e soprattutto non è considerato elegante o raffinato che una donna parli di soldi. Ma a Ma non frega nulla di essere considerata raffinata. Strappa dai bianchi i propri diritti anche a costo di sembrare gretta, o materialista. Lo fa perché è una donna forte conosce il proprio valore.

Ma è nera, è donna, quando canta ci mette l’anima. È adorata in tutta America e famosa. Vuole essere come tutte le altre dive, e avere i propri vezzi. Vuole, come tutte le altre, essere pagata. Ed essere pagata bene. Per una volta, è una nera ad avere il coltello dalla parte del manico. Ad un certo punto, a fine registrazioni, Ma Rainey è furiosa e minaccia Irvin di non volere firmare il contratto e le liberatorie, rendendo così impossibile la registrazione da distribuire. In termini di potere, non è certa cosa le convenga fare: firmare e dare agli uomini quello che vogliono col rischio di perdere il potere e il rispetto, o non firmare e giocare col fuoco, col rischio di perdere comunque tutto? In ogni caso, tutti i dettagli della storia mostrano che non è libera come le sue colleghe bianche. Quella libertà e quel rispetto, a differenza loro, se la deve guadagnare con i denti.

Il blues

I bianchi non riescono a capire il blues. Sentono la musica, ma non sanno da che cosa nasce. Non si rendono conto che è così che parla la vita. Tu non canti per stare meglio. Tu canti perché in quel modo comprendi la vita. Il blues ti aiuta ad alzarti dal letto la mattina. Ti alzi e sai di non essere solo. C'è qualcos'altro nel mondo. Una cosa in più aggiunta da quella canzone. Sarebbe un mondo vuoto senza il blues. Io cerco di afferrare quel vuoto e poi cerco di riempirlo. Non sono stata la prima a cantare così. Il blues c'è sempre stato. Ma se mi chiamano Madre del Blues, non ci sono problemi per me. 

Queste sono le parole rivolte da Ma Rainey a uno dei membri della band, mentre aspetta che le venga portata una Coca-Cola per riprendere la registrazione. Nella concezione di Ma, il blues è molto di più di ciò che sembra ad un primo ascolto, ma i bianchi ne hanno percepito la potenza e intendono sfruttala.
Sentono la musica, ma non sanno da cosa nasce”.

Tutte le storie scambiate dai musicisti in sala prove sono racconti di razzismo colmi di sofferenza, violenza, soprusi inauditi, stupri, sangue, sadismo, disperazione. Di questo si cantava agli albori il blues, nato con gli schiavi nei campi di cotone. Gli afroamericani sapevano che la loro versione della storia non sarebbe stata raccontata come avrebbe dovuto nei libri di storia; il blues assicurava loro che quelle esperienze non sarebbero andate perdute.

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Un primo piano di Ma Rainey che canta con tutta se stessa in sala di registrazione

Il blues arriva in Nord America con la Grande Migrazione: i neri scappano la brutalità razzista, dalle leggi di Jim Crow e dallo sfruttamento che avevano subito nel Sud e arrivano nelle grandi città. Lì si illudono di trovare la salvezza, ma invano. Il razzismo è diverso, ma c’è, anche per le dive come Ma. Continua a esistere, nei ghetti urbani. Su questa sofferenza guadagnano i produttori di quegli anni.

Il film di Wolfe ha cambiato un dettaglio rispetto all’opera di Wilson: nella sceneggiatura teatrale infatti le intenzioni del produttore Sturdyvant nei confronti delle canzoni di Levee non erano esplicite. In Ma Rainey’s Black Bottom invece la situazione è chiara: non c’è alcuna intenzione di registrare i pezzi composti dal trombettista. Sturdyvant manifesta al limite la volontà di comprarli.

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Toledo, Leeve e Slow-Drag suonano in sala prove

Nella scena finale, subito dopo l’omicidio di Toledo, si sente chiaramente Jelly Roll, la canzone di Levee, cantata e suonata da una band di soli bianchi, creando un contrasto patinato e terrificante allo stesso tempo. Un blues lavato (in inglese esiste il termine white-washed), svuotato della sua profonda e sofferente gioia, sciacquato della sua essenza black e proposto al grande pubblico bianco americano, con una ricca orchestra ad accompagnare il cantante e i coretti. Ma Rainey aveva ragione.

La porta verso il nulla 

Ma Rainey’s Black Bottom è una delle ultime performance di Chadwick Boseman prima della sua (troppo) precoce dipartita nell’agosto del 2020 (dovuta a una strenua battaglia contro un cancro al colon). Il ricordo che lascia interpretando Levee è quello di un attore di grandissimo talento.

La climax di questo personaggio ha il suo culmine col licenziamento del trombettista. Tutto quello che segue questo evento costruisce una tensione affilata: Wolfe ci mostra gli effetti che la sessione di registrazione ha avuto ogni singolo personaggio. È un momento di grande agitazione, ma per Levee è anche una profonda liberazione: è destinato a grandi cose, adesso non sarà più costretto ad accontentarsi delle briciole come ha fatto sin ora. Tuttavia, non può fare a meno di essere infuriato per come è stato trattato dalla cantante, e va a sbollire nella sala prove della band.

A inizio film, il suo personaggio si interroga su cosa ci sia dietro una porta della sala prove che non ha mai visto prima: arriva persino a dubitare che esistesse prima, considerandola un’aggiunta recente alla sala. Gli altri membri della band lo smentiscono: la porta è sempre stata lì. Durante tutto il film, non è raro che Levee osservi la porta e le giri intorno. Quando viene licenziato però, accecato dalla rabbia, la apre con un calcio, placando così la propria curiosità. Scopre la verità dietro la porta: il nulla. Un vicolo chiuso, stretto e vuoto. Quasi una prigione. Anche questa è un’aggiunta del regista e degli sceneggiatori rispetto all’originale opera teatrale.

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Leeve in primo piano, nel budello a vicolo cieco oltre la porte.

Nello speciale di 30 minuti Ma Rainey’s Black Bottom: dietro le quinte, il regista conferma che si tratta di una metafora sul razzismo. La porta misteriosa è infatti come il futuro di Levee: è inaccessibile ma lui è convinto di poterla aprire, e che una volta aperta, dietro a quella barriera lo aspettino cose spettacolari. Ma non è così. Riesce sì ad aprire la porta, ma la porta è una promessa vuota (come quella di registrare le sue canzoni). Il nulla dietro la porta è il razzismo con inevitabilmente, in modo violento, il trombettista deve scontrarsi. Non c’è nulla nel suo futuro. Solo altro sfruttamento, solo altri fallimenti. Nessuna gloria.

Il finale e la tragedia umana di Levee

Dopo la scena della porta, Levee viene raggiunto dalla band. Alla rabbia folle e violenta sembra essersi sostituita una voragine di tristezza e frustrazione. Vuole andarsene via il più in fretta possibile. Vuole lasciarsi alle spalle le angherie di Ma, il costante sentirsi incompreso, la promessa di un futuro rovinata e tradita. È pieno di rancore.

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Leeve, mollemente appoggiato sul piano di Toledo

Anche gli altri si preparano, esausti, ad andare a casa. Tra loro, Toledo. Tra tutti i personaggi, Toledo è quello che sembra più calmo durante tutta la vicenda: sin dall’inizio, è pieno di racconti (forse anche un po’ sconclusionati) sulla vicende dei neri americani e sul razzismo. È sicuramente il più anziano della band (suona il piano) e sembra anche il più povero, tanto da venire preso in giro da Levee per i suoi scarponi, poco eleganti, rovinati e vecchi. Ha la stanchezza e la disillusione di chi ha visto la propria razza subire ogni tipo di ingiustizia umana e sociale: sembra arreso alla propria condizione e questo, durante le chiacchierate della band, viene criticato. Ha un grande senso dell’umorismo e si vede che ama genuinamente la musica e le metaforiche “briciole” che la vita può dargli, e che Levee con tanto ardore odia.

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Toledo in sala prove, con sguardo preoccupato

Nel prepararsi, Toledo è stanco e distratto. Con i suoi vecchi e logori scarponi calpesta le scarpe nuove del trombettista. Simbolicamente: l'anziano nero pesta e imbratta con la propria dolorosa esperienza le gialle e luminose speranze di gloria del giovane nero. Il futuro non può prescindere da tutto quello che è accaduto agli afroamericani in passato. Levee non sopporta questo ultimo atto di sconfitta. La sua sanità mentale cede, in preda a un turbinio di frustrazione, tristezza, rabbia, vecchi traumi (come lo stupro di sua madre da parte di bianchi) non affrontati. Tutto viene a galla all’improvviso. Il ragazzo urla in preda a un furore folle e accoltella Toledo.

Tutta la sua rabbia verso un sistema razzista e ingiusto finisce per nuocere a chi è vittima delle sue stesse ingiustizie, un suo collega, un membro della sua band, una persona come lui, e soprattutto, senza colpe.

Ma Rainey’s Black Bottom è ambientato quasi cento anni fa, ma la sua attualità sconvolge, intristisce e fa arrabbiare. Il lavoro di Wolfe e la recitazione dei protagonisti ci consegna un ritratto spietato degli Stati Uniti e del mondo difficile da dimenticare.

Ispirato all’opera teatrale omonima di August Wilson, Ma Rainey’s Black Bottom è stato adattato da Ruben Santiago-Hudson, e prodotto da Denzel Washington e Todd Black. Diretto da George C. Wolfe, vede protagonisti Viola Davis, Chadwick Boseman, Glynn Turman, Colman Domingo e Michael Potts. Da dicembre 2020 è disponibile su Netflix.

 

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