Dune di David Lynch: Arrakis conquista il grande schermo

Dune: dal fallimento di Jodorowsky alla visione di Lynch, come Arrakis conquistò il grande schermo dando vita a un guilty pleasure

Immagine di Dune di David Lynch: Arrakis conquista il grande schermo
Autore: Manuel Enrico ,

Difficilmente, nella storia del cinema, si possono trovare dei titoli la cui vita sia stata più travagliata di quella di Dune. Quando il 3 dicembre 1984 la trasposizione cinematografica del primo volume della saga fantascientifica di Frank Herbert esordì nelle sale americane, questa pellicola era già entrata nella storia del cinema per la sua complessa genesi. D’altronde non poteva certo andare diversamente, considerato come Dune, già nella sua versione letteraria, avesse attraversato non poche avversità, ma il portare il complesso universo creato da Herbert nel mondo del cinema si rivelò una sfida ancora più ardua.

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Oggi consideriamo Dune un esempio di fallimentare kolossal, uno di quei guilty pleasure per appassionati cinefili che potrebbe far compagnia ad altre produzioni con altro budget (ma scarso risultato) del periodo, come il Flash Gordon di Mike Hodges, che nonostante la colonna sonora dei Queen si rivelò un discreto fallimento per il produttore Dino de Laurentiis, bissando questa catastrofe nel 1984 con Dune.

Dune: Arrakis secondo David Lynch

E pensare che i segnali della catastrofe imminente si erano palesati sin dal primo tentativo di portare Dune al cinema, un tentativo che oggi ha assunto le forme di una delle grandi leggende del cinema.

Il Dune di Jodorowsky

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Primi anni ’70. La fantascienza cinematografica è ancora pesantemente influenzata da una visione piuttosto classica, che prevede la massiccia presenza di alieni invasori, sparatorie a suon di laser e avventure dinamiche. A ribaltare queste regole ferree del genere, mantenute vive da editor storici come Campbell, ci furono alcuni giovani scrittori, che tentarono di mostrare una sci-fi diversa.

Isaac Asimov tentò con i suoi racconti sui robot di ribaltare il concetto della sindrome di Frankenstein, ossia l’assioma che gli androidi fossero per forza i cattivi. Dick, anni dopo, intrecciò la sua visione del futuro con una feroce critica alla società americana sua contemporanea, piagata dal clima del sospetto tipica del maccartismo. Frank Herbert, invece, decise di tentare una strada totalmente nuova: niente robot, niente azione, solo tematiche adulte.

Scelta che Herbert fece sin dai suoi primi scritti, maturando un’esperienza che lo portò a ideare la saga di Dune, in cui temi come l’ecologia e il rapporto con le figure messianiche divennero le colonne portanti di quello che viene considerato uno dei primi esempi di space opera. La complessità di questa rivoluzionaria concezione di fantascienza fece fatica ad attecchire presso gli editori, ma i lettori, oramai assuefatti alla sci-fi tradizionale, trovarono in Dune un qualcosa di nuovo, di appassionante. E lo trasformarono in un cult.

Una consacrazione che non lasciò indifferente Hollywood. La fantascienza cinematografica stava già mostrando alcune avvisaglie di una mutazione nella visione del racconto fantascientifico, un’evoluzione che vide nella serie Star Trek un primo tentativo di mostrare un’altra sci-fi. Una saga come Dune, in quest’ottica, era una tentazione troppo forte per resistere. E una simile possibilità non poteva che stuzzicare la vulcanica fantasia di uno degli interpreti più eclettici del mondo del cinema: Alejandro ‘Jodo’ Jodorowky.

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Artista eclettico e sregolato, Jodo era intenzionato a realizzare un vero e proprio kolossal, al punto che per il suo Dune non si pose alcun limite. Pur non avendo una grande familiarità con l’opera di Herbert, Jodoworsky era intenzionato a realizzare un film epico, che nella sua idea sarebbe dovuto durare quasi dieci ore. È con queste basi che il regista iniziò a lavorare alla sua trasposizione di Dune, a partire dal 1975, con un solo punto fermo: avvalersi dei migliori artisti su piazza.

Dopo aver annunciato al Festival di Cannes il suo progetto, Jodorowsky e il produttore Michel Seydoux fecero tappa in una stazione di servizio. Per ingannare il tempo, i due sfogliarono dei fumetti in esposizione rimanendo folgorati dai disegni di un maestro delle bande desineé francesi: Jean Giraud, alias Moebius. Dopo aver arruolato il leggendario artista francese, Jodorowsky coinvolse anche Dan O’Bannon (co-sceneggiatore del futuro Alien), H.R. Giger, vennero contattati come attori personalità quali Salvador Dalì, Mick Jagger e Orson Welles, dando vita a quello che sembrava una collettivo artistico senza eguali.

Peccato che questa fucina di genialità si trasformò in un gigantesco fallimento, che portò alla cancellazione della produzione. Il Dune di Jodorowsky divenne, però, una sorta di mito del cinema, tanto che anni dopo venne realizzato un documentario, Jodorowsky’s Dune, che raccontò quali fossero state le idee e le speranze del regista. A sua difesa, va però riconosciuto a Jodo di avere contribuito a mettere in contatto artisti che diedero vita a quella che divenne la base dell’immaginario fantascientifico cinematografico successivo, grazie a The Long Tomorrow, storia a fumetti realizzata da O’Bannon e Moebius, che da molti registi, come Ridley Scott e George Lucas, è considerato parte integrante della propria formazione.

Il Dune di David Lynch

Ma nonostante questo flop, Dune era destinato ad arrivare al cinema. Quando nel 1977 Lucas sconvolse il mondo con il suo Star Wars (che molto doveva alla visione di Herbert), Hollywood si ricordò di questo progetto fallito, decidendo di ritentare la sorte.

Il produttore Dino de Laurentiis, dopo avere mancato di realizzare un film di successo con il citato Flash Gordon, decise di seguire le orme di Lucas e trasformare Dune in una saga cinematografica, tanto che alcuni attori del cast, come Virginia Marsden confermarono di avere firmato un contratto per ben tre film. Le speranze di de Laurentiis, purtroppo, non tennero conto della complessità di Dune, sia in termini narrativi che visivi: ricreare Arrakis, per la tecnologia dell’epoca, fu una vera odissea.

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De Laurentiis acquistò i diritti di Dune nel 1976, chiedendo allo stesso Herbert di elaborare la sceneggiatura, che risultò però troppo lunga. Questa venne rifiutata e l’incarico passò allo scrittore Rudy Wurlitzer, che elaborò uno script in cui il primo libro di Dune venne diviso in due film, che vennero affidati a un giovane regista: Ridley Scott. Reduce dal successo di Alien, Scott mollò la produzione dopo sole sei settimane, in seguito alla prematura scomparsa del fratello e alla convinzione che Wurlitzer si fosse allontanato troppo dal concept originale di Herbert. Così Scott, abbandonò il progetto e non si rivide nulla di suo fino a quando non rivoluzionò la fantascienza cinematografica con quel capolavoro noto come Blade Runner, il cui look era stato ispirato da The Long Tomorrow, ironia del destino.

Rimasto senza regista de Laurentiis era pronto ad abbandonare il suo progetto, ma la figlia Raffaelle segnalò un regista che si era fatto notare per The Elephant Man: David Lynch. Caso vuole che Lynch avesse da poco risposte picche a Lucas, che gli aveva offerto di dirigere il terzo capitolo di Star Wars, Il Ritorno dello Jedi. Lynch aveva declinato l’offerta perché poco attratto dalla fantascienza, ma soprattutto perché non era interessato a realizzare un film in cui potesse dare un contributo importante per la sceneggiatura.

Quando a Lynch venne proposto di realizzare un kolossal fantascientifico come Dune, il regista non seppe però resistere. Cosa che Lynch ripiange ancora oggi, dato che considera Dune come il suo più grande fallimento, un film di cui nemmeno vuol sentire parlare.

E in effetti, è difficile dargli torto. Una produzione titanica, che coinvolse migliaia di operatori che affrontarono condizioni avverse nelle location messicane, costretti a indossare costumi scomodi (i costumi dei Navigatori della Gilda erano dei sacchi per cadaveri, giusto per fare un esempio) e a dover realizzare un film che, una volta uscito al cinema, fu un colossale flop. Non bastarono la colonna sonora dei Toto, gli effetti speciali avveniristici e l’estro del nostro Carlo Rambaldi nel creare i vermi delle sabbie, Dune venne considerato all’epoca come uno dei film più complessi e meno godibili della storia.

Dune: kolossal o gigantesco fallimento?

Il motivo, in effetti, è comprensibile: Lynch volle essere il più fedele possibile al romanzo originale. Non dimentichiamo che all’epoca della prima edizione di Dune, Herbert incassò il rifiuto di diversi editori, che consideravano questa storia troppo cervellotica e poco avventurosa. Una disavventura che probabilmente Lynch ignorava, considerato che rifece gli stessi errori.

Dune si basò molto sui dialoghi interiori dei personaggi, una scelta che pur omaggiando lo spirito originale del libro, aveva un impatto tutt’altro che positivo sul grande schermo. Durante questi flussi di pensieri, la sensazione è che i personaggi siano immobili, che il mondo si fermi, ottenendo l’effetto di una dilatazione dei tempi che stordisce lo spettatore, un difetto che venne subito imputato dalla stampa.

La critica principale fu quella di aver dato vita a una trama complessa e poco chiara, che confondeva lo spettatore, costretto a seguire troppi eventi apparentemente slegati tra loro. La scelta di introdurre i dialoghi interiori presenti nel romanzo tramite una voce fuori campo non venne considerata come un omaggio all’opera originale, ma fu vista come un utilizzo errato di uno strumento narrativo che poteva esser sostituito dai dialoghi.

E questa opinione venne data sulla versione di Dune arrivata al cinema, che fu oggetto di pesanti tagli del girato originale. Come scrisse lo stesso Herbert nel suo Road to Dune:

Ho avuto la possibilità di influenzare alcune decisioni in merito al film, anche se non sono riuscito a fare accettare la mia idea sul finale o sui tagli per la versione destinata ai cinema. Delle cinque ore originali del film, solo una parte è sopravvissuta alla sala di montaggio

Questi tagli vennero imposti a Lynch, che non gradì questo gesto nei confronti del suo operato. Anni dopo, Lynch non ebbe mezze parole per commentare il suo complicato rapporto con il suo Dune:

Ripensandoci, non posso dare la colpa a nessuno se non a me stesso. Probabilmente non avrei dovuto fare quel film, ma avevi visto così tante possibilità di realizzare ciò che adoravo, c’era la struttura per farlo, c’erano la chance di creare un mondo. Ma mi vennero imposte regole soffocanti da Raffaelle e Dino de Laurentiis sulla tipologia di film che si aspettavano, e sapevo che non avrei avuto voce in capitolo sul montaggio finale

Un’affermazione veritiera, considerato che a insaputa di Lynch vennero anche rigirate delle scene che modificarono sostanzialmente il suo girato, modifiche pesanti che spinsero il regista a prendere subito le distanze dalla sua creatura. Al punto che quando anni dopo venne realizzata una versione estesa, contenente un preambolo che dava maggior corpo al mondo di Dune e conteneva scene inedite, il regista vietò di usare il suo nome, tanto che questa diversa versione venne battezzata come Alan Smithee’s Dune, utilizzando uno pseudonimo a cui ricorrono i registi quando non intendono associare il proprio nome a una pellicola.

Dune (1984)

14/12/1984 (en)
Azione, Fantascienza, Avventura,

Nell'anno 10191 l'Imperatore delle Galassie destina il desertico pianeta Dune abitato dal popolo dei Fremen e ambito dai rapaci Hakkonen perché vi si trova la "...

Dune al cinema: scenari futuri

Per comprendere quanto il Dune di Lynch sia stato bistrattato, basterebbe citare il commento di chi aveva tentato di realizzare questa trasposizione prima di lui: Jodorowsky.

In un primo momento ho sofferto molto perché ero convinto di esser il solo in grado di realizzarlo. Quando ho deciso, con gran patimento, di andare a vedere il film, pensavo che sarei morto, ma quando ho visto il film mi sono sentito felice perché era orrendo

In effetti, il commento di Jodorowsky, per quanto mosso anche da una punta di invidia, è rivelatore dei difetti di un film che, probabilmente, è stato penalizzato dall’esser uscito dopo Star Wars, che ha imposto un nuovo canone narrativo per la fantascienza, in cui azione ed eroi facilmente identificabili erano elementi essenziali e graditi allo spettatore.

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Dune, invece, si affidava a una narrazione più statica, che andava a creare un’ambientazione maggiormente definita, ma che aveva come contropartita uno svolgimento più lento e personaggi che venivano lentamente delineati. Se in Star Wars avevamo imparato a goderci avventure semplici e immediate, Dune ci spingeva a pazientare, ad accettare una narrazione spesso onirica e metaforica, lontana dall’action e più vicina ad una cosmogonia. Non è un segreto che Dune avrebbe dovuto esser il primo capitolo di una saga cinematografica, ma il disastroso esito della pellicola di Lynch pose prematuramente fine a questo ambizioso progetto.

Andando oltre quello che fu l’impatto di Dune all’epoca, è innegabile che il mondo di Herbert non sia facile da trasporre al cinema. Tralasciando i dettagli puramente tecnici, a rendere arduo questo compito è la struttura narrativa stessa della saga. Essere eccessivamente fedeli all’originale di Herbert non è semplice, come dimostra l’esperienza di Lynch, una sfida che ora tocca a Denis Villeneuve

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