Il cuore di Star Wars, inutile negarlo, è la Trilogia Classica, quel trittico di pellicole che tra il 1977 e il 1983 hanno dato vita all’immenso universo che George Lucas nascondeva nella sua fantasiosa testa. Un processo iniziato Una nuova speranza e rilanciato con L’Impero colpisce ancora, che aveva ora però necessità di un capitolo conclusivo, visto che Lucas nonostante le sue iniziali idee, non aveva intenzione di andare oltre il sesto episodio, quello che oggi conosciamo come Il ritorno dello Jedi.
Una volta deciso di concludere la sua trilogia, Lucas dovette affrontare alcune problematiche, quasi una tradizione per Star Wars. Il primo vero scoglio, fu la scelta del regista. Lucas avevo diretto solo il primo film della trilogia, ma lo stress vissuto lo aveva spinto a cedere la poltrona del regista ad altri, ritagliandosi il ruolo di ultima voce in grado di decidere le scelte legate alla saga.
- Il Ritorno dello Jedi: la caduta dell'Impero
- Alla ricerca del regista
- Scrivere il finale di una saga
- Nascondersi ai fan
- Il futuro della galassia lontana, lontana
- La spada laser di Luke
- Misteri sul titolo
Il Ritorno dello Jedi: la caduta dell'Impero
Dopo aver messo sulla poltrona del regista de L’impero colpisce ancora il suo vecchio insegnante Irvin Kershner, Lucas aveva un’idea molto chiara di chi voleva a dirigere il terzo capitolo della trilogia: Steven Spielberg.
Lucas e Spielberg, non è un mistero, erano amici. Assieme avevano già portato al cinema una delle icone del cinema di quel periodo, Indiana Jones, e la volontà di lavorare nuovamente assieme era forte. C’era solo un ostacolo: la Director’s Guild. Il rapporto tra Spielberg e la Director’s Guild non era dei migliori, e l’unico vincolo imposto a Lucas fu il divieto di fare sedere sulla poltrona del regista proprio Spielberg.
Alla ricerca del regista
Lucas era quindi costretto a cercare un sostituto, che fosse all’altezza della conclusione della sua trilogia, considerato che oramai Star Wars era un riconosciuto fenomeno culturale.
La prima alternativa di Lucas era David Lynch, reduce dal successo per The Elephant Man, ma il regista rispose picche, dicendo che non aveva alcun interesse nel progetto, salvo poi legare il suo nome ad un’altra celebre pellicola fantascientifica uscita l’anno seguente a Il ritorno dello Jedi, Dune. Incassato il rifiuto di Lynch, Lucas propose la regia a David Cronenberg, che rifiutò l’incarico per dirigere altri due film, Videodrome e La zona morta. Ormai a corto di alternative, Lucas si rivolse ad un nome non molto noto, Richard Marquand. La scelta venne fatta da Lucas dopo avere visto l’ultimo film del regista, La cruna dell’ago, ispirato al romanzo di Ken Follet.
Del modo di lavorare di Marquand, Lucas disse:
Marquand aveva girato degli ottimi film di suspense ed era davvero bravo nel gestire gli attori. La cruna dell’ago era il suo film che mi aveva maggiormente impressionato, era davvero ben girato e aveva una grande energia ed un’ottima tensione
Nonostante la fiducia riposta in Marquand, Lucas fu comunque una presenza costante sul set. Come da tradizione, Lucas si era riservato il ruolo di direttore della seconda troupe, ma voleva essere sempre presente per via dell’inesperienza di Marquand con gli effetti speciali utilizzati in Star Wars. Ironizzando su questo aspetto, Marquand disse
E’ un po' come dirigere Re Lear, con Shakesperare nella stanza accanto!
Scrivere il finale di una saga
A firmare la sceneggiatura fu Lawrence Kasdan, che si basò sulla storia creata da Lucas ai tempi del primo capitolo della trilogia. Un piccolo contributo venne dato anche da David Peoples e Richard Marquand, anche se non vennero accreditati.
In questa prima fase della lavorazione, Lucas aveva già in mente il titolo: Return of the Jedi, Il ritorno del Jedi. A parere di Kasdan, però, il titolo pareva troppo debole e propose di cambiarlo in Revenge of the Jedi, La vendetta del Jedi. Si trattava ancora dei primi passi per arrivare alla definizione delle caratteristiche del film, una situazione che costrinse il reparto artistico a lavorare basandosi principalmente sul celebre rough draft di Lucas.
Quando si rese necessario avere uno script definitivo, Lucas passò due intense settimane con Kasdan, Marquadn e Kazanjian per tirare le somme della storia, durante le quali Kasdan registrò le idee e le chiacchierate, da cui poi ottenne il materiale per sviluppare la sceneggiatura del film.
E qui ci si scontrò con il primo problema: Han Solo.
Durante la pre-produzione de Il Ritorno dello Jedi si dovette affrontare il problema Harrison Ford. Contrariamente a Mark Hamill e Carrie Fisher, Ford aveva firmato un contratto che comprendeva solo due pellicole, e in L’impero colpisce ancora si era pensato di farlo congelare nella carbonite come potenziale uscita di scena, considerato che lo stesso Ford non era intenzionato a tornare nel ruolo del contrabbandiere corelliano. A questo si aggiunse il fatto che dopo I predatori dell’arca perduta e Blade Runner, Ford era oramai un nome importante di Hollywood.
A giocare un ruolo importante per il ritorno di Ford fu il produttore Howard Kazanjian, che aveva già lavorato con l’attore per il primo film di Indiana Jones. Come raccontò lo stesso Kazanjian
Ho giocato un ruolo importante per avere nuovamente Harrison in Il ritorno dello Jedi. Harrison, diversamente da Carrie e Mark, aveva firmato un contratto per solo due film. Ecco perché era stato congelato nella carbonite in L’Impero colpisce ancora. Quando ho suggerito a Lucas che avrebbe dovuto riportalo in scena, ricordo con sicurezza che aveva dubbi sul suo ritorno, ma quando gli chiesi come avrebbe reagito se avessi convinto Harrison a tornare, mi rispose che avrebbe trovato il modo di inserirlo in Il ritorno dello Jedi.
A quel tempo avevo da poco negoziato il contratto di Ford per I predatori dell’arca perduta con Phil Gersh, della Gersh Agency. Cercai di convincere Phil a parlare con Harrison per farlo tornare in Star Wars, ma quando scoprii che Phil era in vacanza, decisi di parlarne con suo figlio, David, che negoziò la proposta per Ford.
Pur accettando di tornare in scena nella galassia lontana lontana, Ford voleva trovare un modo per non rimanere ulteriormente vincolato al personaggio di Han Solo. L’attore suggerì che Solo dovesse morire in modo eroico, con un sacrificio. Scelta che convise anche Kasdan, che voleva inserire questo momento all’inizio dell’ultima parte del film, per instillare il dubbio nello spettatore sulla sorte degli altri protagonisti. Ma ci fu una ferrea opposizione: quella di Lucas.
Il creatore della saga, infatti, era restio a far morire un personaggio così amato, non tanto per fini narrativi, quanto per non perdere una delle figure più valorizzate dal merchandise di Star Wars. All’epoca di Il ritorno dello Jedi, infatti, Star Wars era già diventato un nome forte sul mercato dei prodotti derivati e Lucas intendeva sfruttare al meglio questa leva economica.
Quindi, la morte di Han ipotizzato durante l’assalto alla base imperiale su Endor venne cancellata, venendo riscritta nella formula vista poi in sala.
I cambiamenti alla sceneggiatura originale non riguardarono solamente la figura di Han Solo, ma si estesero anche ad altri personaggi del film
In un primo momento, Lucas non aveva pensato di far tornare in scena il vecchio maestro Yoda. L’insistenza di Marquand, che invece vedeva nel verdognolo alieno una figura essenziale, convinsero Lucas a riportarsi su Dagobah. Lucas, dopo un consulto con uno piscologo infantile, decise di inserire la scena in cui Yoda conferma il rapporto familiare tra Luke e Vader, ideato per confermare che quanto detto nel precedente episodio dal Signore Oscuro dei Sith non fosse una bugia. Tra l’altro, questa apparizione di Yoda ci mostra l’unico Jedi che muore per causa naturale in tutta la saga cinematografica.
Altri cambiamenti riguardarono gli Ewoks, che inizialmente erano stati pensati come wookie, o l’utilizzo del Millennium Falcon come mezzo con cui i protagonisti arrivavano su Endor, sostituito in seguito da uno shuttle imperiale rubato.
Ad esser particolarmente interessante è stato il processo che ha condotto alla creazione dei fantasmi della Forza, le manifestazioni eteree che vediamo durante le celebrazioni finali, dove compaiono Obi-Wan, Yoda e Anakin Skywalker. Nelle prime idee di Lucas, dopo la sconfitta dell’Imperatore, Obi-Wan e Yoda avrebbero trovato il modo per tornare in vita e Yoda avrebbe salvato Anakin, salvandolo dall’influenza del Lato Oscuro.
Nascondersi ai fan
Nonostante la maggior parte de Il ritorno dello Jedi sia stata filmata in Inghilterra, si rese necessario effettuare delle riprese anche in territorio americano. La fama della saga era tale che inevitabilmente i fan si sarebbero lanciati a caccia del set per avere anticipazioni, rendendo necessario un depistaggio infallibile.
Quando si rese necessario girare le scene ambientate su Tatooine ad inizio del film, venne scelta come location Yuma, Arizona. Scelta poco felice, considerato che in quel periodo in zona vagavano una gran quantità di dune buggy, giunte per omaggiare la città, famosa per il celebre treno.
Per nascondersi a questi curiosi, venne deciso di creare un finto film, in modo da non lasciare trapelare nessuna informazione, come raccontò in seguito Kazanjian:
Quando giravamo Il Ritorno dello Jedi in America, chiamavamo il film Blue Harvest. Dalle magliette ai berretti, prenotazioni negli alberghi, tutto portava il logo Blue Harvest. Così, quando qualcuno ci chiedeva cosa stessimo girando, e noi dicevamo Blue Harvest, la gente se ne andava. Potete immaginare cosa sarebbe successo se avessimo risposto ‘Stiamo girando il prossimo film di Star Wars?’
Blue Harvest aveva anche un sottotitolo (‘Orrore oltre ogni immaginazione’) e divenne solo uno degli escamotage utilizzati da Lucas per proteggere il segreto del suo film. Le sceneggiature che circolavano vennero ideate appositamente per depistare eventuali fughe di notizie, considerato come alcuni membri del cast (non ultima Carrie Fisher) erano considerati poco affidabili in termini di riservatezza. Ad esempio, ad alcuni attori venne detto che la misteriosa ‘ultima speranza’ a cui si riferiva Obi-Wan non era Leia, bensì Lando Calrissian.
Il futuro della galassia lontana, lontana
All’epoca della sua produzione, Il ritorno dello Jedi sarebbe dovuto essere il capitolo conclusivo della saga di Star Wars. Lucas voleva portare a compimento quante più trame possibile, il che lo spinse a cambiare spesso idea su come chiudere la storia di Luke e compagni.
Dopo avere mostrato l’Imperatore brevemente come ologramma in L’Impero colpisce ancora, Lucas voleva Palpatine dal vivo in scena. L’idea iniziale di assumere un attore che avesse un ruolo puramente ‘fisico’, come David Prowse sotto la maschera Vader. La scelta ricadde su Ian McDiarmind, a cui un produttore consigliò di imitare la voce di Clive Revill, interprete vocale di Palpatine nel precedente capitolo. McDiarmind, invece, improvvisò un tono più roco e graffiante, cercando di interpretare al meglio l’animo malvagio dell’Imperatore. Scelta vincente, considerato che Lucas rimase talmente colpito da trasformare la voce di McDiarmind in quella ufficiale del personaggio. Fortunatamente, considerato che per trasformarsi in Palpatine l’attore rimaneva per quattro ore nelle mani dei truccatori!
E se McDiarmind ebbe l’occasione di segnare profondamente l’universo di Star Wars, chi venne deluso nuovamente fu David Prowse. L’attore gallese aveva prestato il proprio fisico al Signore Oscuro dei Sith in tutti i film della Trilogia Classica, lasciando il ruolo a Bob Anderson per le scene d’azione. Come premio per questo suo impegno, a Prowse era stato promesso che avrebbe mostrato finalmente il suo volto.
Peccato che quando venne chiamato nuovamente Alec Guinness ad interpretare Obi-Wan Kenobi nella scena in cui i Jedi tornano come fantasmi della Forza, l’attore inglese impose come condizione di dare una parte all’amico Sebastian Shaw. E la parte fu interpretare Vader, sia nella scena in cui si leva il casco, poco prima di morire a bordo della Morte Nera, che come apparizione di fantasma della Forza durante la celebrazione nel villaggio degli Ewoks. E tanti saluti all’apparizione senza maschera di Prowse, che non la prese proprio benissimo.
A proposito di Vader, la scena del toccante funerale fu aggiunta in un secondo momento. Le riprese de Il ritorno dello Jedi erano già state terminate, ma Lucas decise di inserire questa scena. La pira funeraria fu allestita rapidamente nel quartier generale di Lucas, lo Skywalker Ranch, e fu lo stesso Lucas a filmare la scena.
Ma Prowse non era il solo a lamentarsi del proprio trattamento, visto che anche Carrie Fisher, interprete di Leia, aveva mosso qualche critica nei confronti dell’abbigliamento del suo personaggio, che giudicava poco femminili. Critiche accolte al punto che i venne realizzato il celebre costume da schiava che Leia indossava durante la sua prigionia nel palazzo di Jabba, una mise che la rese un’icona sexy della fantascienza.
Meno seducente era il carceriere di Leia, Jabba. Per realizzare il signore del crimine galattico, fu realizzato un animatronic a grandezza naturale dello Hutt. Un pupazzone che richiese tre mesi di lavoro, un investimento di 500.000 dollari, e sei addetti che muovessero i 900 kg dello Hutt. Un bestione i cui rumori molesti furono creati dallo specialista dei suoni Ben Burt, usando una pentola di formaggio fuso.
Jabba fu creato con una vera e propria dimostrazione di alta ingegnosità, ma non tutti gli aspetti de Il ritorno dello Jedi richieste questo impegno. Ad esempio, nella scena dell’assalto alla Morte Nera il gran numero di astronavi ribelli in scena non fu frutto di miriadi di modelli, ma si utilizzò un trucchetto: gomme da masticare. Che vennero masticate e in seguito modellate per dare la sensazione di avere immense astronavi coinvolte nella battaglia!
La spada laser di Luke
La lavorazione de Il ritorno dello Jedi fu piuttosto complessa, come abbiamo visto, e anche la tipica arma jedi, la spada laser, diede il suo bel da fare a Lucas e compagni.
In L’Impero colpisce ancora, Luke perdeva la sua spada laser dalla lama blu, dando vita non solo ad una scena epica della saga ma anche a uno dei punti oscuri più iconici di Star Wars, rilanciato anche nell’ultima trilogia. In Il ritorno dello Jedi, Luke usava nuovamente una spada laser blu, diversa ovviamente dalla precedente, ma quando venne tagliata una scena che ne spiegava l’origine, Lucas decise di cambiare colore alla spada laser. Nei poster iniziali del film, quando ancora si intitolava Revenge of the Jedi, si vede Luke brandire una spada laser blu.
Per andare incontro a questa nuova esigenza, Lucas decise allora di inserire una scena ad inizio del film in cui vedevamo Luke intento ad ultimare la costruzione della sua nuova spada laser dalla lama verde. Ironicamente, nella versione finale del film venne tagliata anche questa scena, diventano una leggenda grazie a dichiarazioni di Mark Hamill che ne parlava spesso, e mostrata finalmente al pubblico con l’uscita in bluray della saga originale.
Tra le altre cose legate a Luke, è da notare come in Il ritorno dello Jedi indossi abiti neri. In tutta la saga, un abbigliamento total black si è visto solo su personaggi del Lato Oscuro, come Darth Maul, Vader o Kylo Ren, mentre nessun jedi ha scelto abiti di questo colore. Questo può essere legato al dubbio di Luke sul Lato Oscuro, una tentazione che diventa centrale nell’ultimo atto del film, oppure si tratta di una semplice curiosità, un po' come il fatto che Il ritorno dello Jedi è l’unico film della saga in cui Darth Vader compare senza strangolare qualcuno!
Misteri sul titolo
Il ritorno dello Jedi era il primo titolo pensato da Lucas, ma sappiamo che venne cambiato in La vendetta del Jedi quando gli venne fatto notare che sembrava poco incisivo. Tuttavia, Lucas non fu mai troppo convito di questo cambiamento, trovandolo poco consono alle emozioni e alla dimensione emotiva dei Jedi. E quindi, quasi all’ultimo, decise di tornare al primo nome e battezzare il film Il ritorno dello Jedi.
Nonostante fossero già stati preparati i materiali promozionali, tra cui un poster che è divenuto leggendario.
Ma questa indecisione sul titolo non influenzò solo il futuro di Star Wars, ma anche il destino dell’altro celebre star, ovvero Star Trek. Sempre nel 1982, infatti, si stava girando il secondo capitolo della saga cinematografica della creatura di Gene Roddenberry, il cui titolo inizialmente era Star Trek II: La Vendetta di Khan. Spaventati che un titolo simile potesse confondere gli spettatori, gli addetti alla lavorazione del secondo film con protagonisti Kirk e compagni scelsero di giocare sul sicuro optando per un più originale L’ira di Khan. Titolo che non cambiò nemmeno quando Lucas stravolse quello del proprio film
Parlando de Il ritorno dello Jedi, ci si chiede spesso a chi ci si riferisca parlando di ritorno. Per molti, farebbe riferimento al compimento del percorso di Luke verso la sua investitura da Jedi, che si sarebbe completato nel resistere alla tentazione del Lato Oscuro, portando alla ricomparsa di un Jedi, a lungo spariti dalla Galassia con lo sterminio seguente all’Ordine 66. Con il passare degli anni e la comparsa di informazioni divenute canoniche, sembra più autorevole la teoria che vede in Anakin il ‘Jedi che torna’, grazie alla scelta del Jedi caduto di abbandonare il ruolo di Darth Vader e scegliere di salvare il figlio e abbandonare il Lato Oscuro.
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