Thor: Love and Thunder, recensione: tanto amore, poco tuono

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Autore: Elisa Giudici ,

Thor: Love and Thunder è un film che parla d'amore. Davvero? Davvero. Posso quasi immaginare la smorfia d'orrore di alcuni di voi mentre leggono queste righe, perciò vi rassicuro subito: è anche (ma non soprattutto) un cinecomics ricco d'azione e ricolmo di gag e comicità in purissimo Waititi-style.

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Tuttavia ci sono due motivi se nel titolo c'è quel "love" che precede il classico "thunder". Uno viene spiegato a fine film ed è piuttosto letterale, l'altro invece è una sorta di manifesto dei temi di questo film

Rispetto al precedente Thor: Ragnarok, personalmente l'ho trovato lievemente inferiore. I due film tendono a somigliarsi parecchio, sia nella struttura "a pianeti" e a tappe della narrazione, sai nel tono molto comico, guascone. Ragnarok però è stato un film di rottura sia per il personaggio di Thor sia per l'universo Marvel e all'epoca sembrò una piccola rivoluzione. Graffiante, irriverente e divertissimo; si potrebbe dire un po' anarchico. 

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Love and Thunder al contrario è più mediato e meditato ed è figlio di un Waititi che come regista e persona si sente molto genitore. L'avevamo capito in Jojo Rabbit, lo ritroviamo ancora con più forza in questo film. 

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Questa recensione è priva di spoiler e anticipazioni.

L'amore romantico: Thor e Jane 

Il primo e più scontato tipo d'amore che il quarto Thor racconta è quello romantico. Come ampiamente anticipato, il film parte da quel brusco "taglio" passato del personaggio di Jane e ne tira fuori - via flashback e confronti nel presente - un'occasione per rilanciare entrambi i personaggi. 

Complimenti a Natalie Portman, allontanatasi nel momento più basso del franchise e tornata da vera regina, con un personaggio che tiene testa a Thor senza scadere troppo nel saputello. Anzi. Senza strafare o sorprendere troppo, a Jane Foster novella Thor viene regalata la scena più potente e la scelta più forte del film. 

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Thor dal canto suo è sempre più fuso con la persona di Chris Hemsworth (un po' com'era accaduto con Tony Stark/Robert Downey Jr.): è l'eroe del racconto, che deve fare i conti con i rimpianti e le gelosie del passato con Jane (e non solo...c'è un terzo incomodo molto, molto sorprendente). 

L'amore e l'amicizia: Thor, Valkiria e gli altri comprimari

Thor si ritrova a gestire una pletora di personaggi Marvel più o meno importanti e dal poco al molto interessanti, soprattutto nella prima parte di film. 

Si sente che c'è stata una certa opera di taglia e cuci e nel primo tempo i salti narrativi e spaziali non sono gestiti al meglio. Per dare spazio a Jane si sacrifica molto il resto della componente femminile e umana del film. Tessa Thompson nei panni di Valchiria convince, soprattutto come spalla ora di Thor e ora di Jane. Non mi spingerei per a parlare di un'approfondita rappresentazione queer come ha fatto l'attrice, mentre il personaggio rimane un po' in stand-by, depresso e insoddisfatto. 

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Lo stesso di può dire di Korg e dei Guardiani della galassia, che Waititi è "costretto" a mostrare ma che liquida molto in fretta e senza passaggi troppo incisivi. Ci sono altri ritorni dal passato di Thor che invece sono gestiti in maniera molto, molto insoddisfacente: sarebbe stato meglio tagliargli direttamente, in un film che spreca tante energie in micro-passaggi di trama che disperdono energie e azione. 

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L'amore paterno: Thor, Zeus e Gorr

Sulle new entry del film invece c'è soddisfazione parziale. Christian Bale è sin troppo smaliziato per non riuscire a gestire al meglio il ruolo di Gorr, una sorta di "babau" che  terrorizza i bambini asgardiani mentre fa strage di dei capricciosi. 

Le sue motivazioni - tratte dai fumetti Marvel in maniera fedele - vanno a parare nella svolta più banale di tutte. Di fatto Gorr è una sorta di Wanda Maximoff senza una storia pregressa su cui fare leva e senza un Sam Raimi dietro che si diverta con il linguaggio del horror.

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Una punta di cinema da brivido c'è, Bale è malvagio abbastanza quando necessario e capace di emozione nel resto delle situazioni, ma in ultima analisi Gorr è un cattivo come un altro. 

Meno riuscito è invece lo Zeus di Russel Crowe, di cui il pubblico italiano (per fortuna?) non sentirà il bislacco accento scelto dall'attore per interpretarlo. Qui il personaggio è tutto declinato sull'ironico e ridicolo. Una volta esaurita la curiosità di vedere Russell Crowe coi boccoli e il gonnellino, non lascia molto. 

Più interessante è invece il rapporto che questi personaggi hanno con Thor. Rispetto a Gorr, Thor è una figura paterna e protettiva, la cui disponibilità ad amare e a sacrificarsi per gli altri è data anche dal suo rapporto con Odino, riletto in chiave farsesca con Zeus.

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Il re dell'Olimpo, pardon, di Omnipotence City, è un a figura paterna edonistica e autoritaria, che nel tentare di umiliare Thor ne tira fuori il coraggio e l'integrità. 

L'amore per sé stesso: Thor e il dolore 

Love and Thunder continua il lavoro iniziato in Endgame, presentadoci sia il viaggio di Thor per la galassia, sia il suo viaggio interiore. 

Thor non è più il Dio adolescenziale e sicuro di sé del primo film, ma non è ancora riuscito a superare i rimpianti e rimorsi che lo hanno trasformato nell'adulto che è nel quarto lungometraggio a lui dedicato. Love and Thunder è anche una sorta di seduta di psicoanalisi che ci porta dentro la psiche di Thor, che vorrebbe voltar pagina ma non sa (più) chi sia: Dio o umano, guerriero o asceta. 

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Ferito dalla perdita di tanti (e della plurima morte dell'amato fratello Loki), Thor dovrà imparare a non chiudersi in sé, a essere pronto ad amare e, eventualmente, a soffrire. Nelle interviste del cast lo aveva detto Tessa Thompson: quello che distingue Thor e Gorr, quello che rende uno un eroe e l'altro un villain , è come reagiscono a ciò che è loro successo e che li ha feriti. 

Soprattutto nella parte finale del film non manca il tuono. Taika Waititi si fa perdonare l'avvio tra gag ed emozione ma con poca azione con alcune sequenze visivamente davvero spettacolari per come usano spazi e colore (o assenza di). In questi passaggi, Waititi ci fa tuffare improvvisamente nel mondo "visivo" dei fumetti, tornando a regalare epicità al personaggio. 

È però uno spazio limitato per questo Thor, eroe e combattente. Se siete alla ricerca di questo tipo di cinecomics e di quel Thor, rimarrete delusi. Al contrario se volete un Thor sempre più umano e con cui è sempre più semplice immedesimarsi nelle gioie, nelle figuracce, ma soprattutto nei dolori, questo film vi strapperà qualche lacrimuccia. 

 

 

 

Commento

Voto di Cpop

67
Un epigono di Ragnarok, meno incisivo e graffiante, tutto giocato sull'emozione. Waititi psicoanalizza Thor e tira fuori un film divertente, caciarone ma anche molto emozionato. Bello, forse un po' banale.

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