I cinema resteranno chiusi fino al 24 novembre: le proteste di #NonChiudeteICinema

Autore: Alessandro Zoppo ,

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha firmato nella notte tra il 24 e il 25 ottobre 2020 il nuovo Dpcm con rinnovate misure restrittive anti-Covid, tra le quali la chiusura di cinema, teatri e sale concerto sia all'aperto che al chiuso fino (almeno) al 24 novembre.

"È stata una decisione particolarmente difficile", ha detto il premier.

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L'obiettivo è chiaro, vogliamo tenere sotto controllo la curva epidemiologica perché solo così riusciremo a gestire la pandemia senza rimanerne sopraffatti. Ma questo significa offrire risposta efficiente e cure adeguate a tutti i cittadini e scongiurare un lockdown generalizzato: il Paese non può più permetterselo.

Il provvedimento penalizza gravemente il mondo della cultura e sta facendo molto discutere. Dario Franceschini, il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, ha usato Twitter per commentare questa controversa decisione.

Un dolore la chiusura di teatri e cinema. Ma oggi la priorità assoluta è tutelare la vita e la salute di tutti, con ogni misura possibile. Lavoreremo perché la chiusura sia più breve possibile e come e più dei mesi passati sosterremo le imprese e i lavoratori della cultura.

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Il sostegno al quale fa riferimento Franceschini è stato varato lo scorso 18 ottobre e prevede il rafforzamento del settore con un potenziamento strutturale del FUS (il Fondo unico per lo spettacolo) con ulteriori 50 milioni di euro e altri 240 milioni di euro annui che consentiranno di rendere permanente l'aumento straordinario del tax credit introdotto nel 2020.

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"Noi confidiamo che a novembre soffriremo un poco ma poi torneremo a respirare", ha spiegato Conte. Ma gli operatori del settore pensano al presente e sottolineano come i cinema, i teatri e le sale da concerto siano stati negli ultimi mesi i luoghi più sicuri da frequentare.

Carlo Fontana, il presidente dell'AGIS (l'Associazione Generale Italiana dello Spettacolo), ha inviato una lettera a Conte e Franceschini nella quale esprime forte contrarietà alla sospensione delle attività. Fontana rimarca che "sono stati siglati accordi e protocolli a livello territoriale ed a livello nazionale con le organizzazioni di categoria per garantire la salute e la sicurezza e tutte le imprese del comparto si sono adeguate assumendosi onerosi investimenti per elevare il livello di prevenzione sia per i lavoratori che per gli spettatori".

Una nuova chiusura delle attività del settore comporterebbe un colpo difficilmente superabile ed una drammatica ricaduta sulle decine di migliaia di lavoratori ed artisti, già al limite del sostentamento a causa del crollo del reddito. Si tratterebbe di una scelta devastante per l'intero Paese.

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Registi quali Gianni Amelio, Roberto Andò, Pupi Avati, Marco Bellocchio, Francesco Bruni, Massimiliano Bruno, Giuliano Montaldo, Nanni Moretti, Paolo Taviani, Enrico Vanzina e Paolo Virzì si sono uniti alle associazioni 100 Autori, AFIC (Associazione Festival Italiani di Cinema), ANAC (Associazione Nazionale Autori Cinematografici), Casa del Cinema di Roma, SNGCI (Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani) e SNCCI (Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani) per una lettera aperta a Franceschini.

La scelta del governo Conte di chiudere le sale, scrivono i firmatari, "ci lascia attoniti, sorpresi e fortemente critici".

Nell'attuale situazione sanitaria, di cui siamo ben consapevoli come cittadini e operatori del nostro settore, capiamo che la salute è un bene primario da tutelare ad ogni costo. Sappiamo però altrettanto bene che la cultura è un bene altrettanto primario e che azzerarne oggi una parte fondamentale come quella dello spettacolo è un'azione a nostro avviso priva di logica e utilità.

La lettera aperta mette l'accento sulla sicurezza che caratterizza le sale: grazie ai severi protocolli sanitari messi a punto dagli esercenti, dal controllo della temperatura all'ingresso all'uso della mascherina, dalla drastica riduzione della capienza che garantisce il distanziamento alle ampie volumetrie dei locali e alla sanificazione al termine di ogni spettacolo, "cinema e teatri sono i luoghi più sicuri, dove non si sono registrati casi di contagio".

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Lo testimoniano le centinaia di proiezioni svoltesi in sicurezza alla Mostra del Cinema di Venezia e ancora, proprio in questi giorni, che hanno coinciso con una preoccupante crescita di nuovi contagi, alla Festa del Cinema di Roma dove non sono stati registrati focolai.

Questa seconda e "ingiustificata" chiusura sarà controproducente, secondo i firmatari, "perché l'eliminazione degli unici presidi di socialità sicuri, alternativi alla movida di strada e alla convivialità dei locali di ristorazione, comporterebbe il disorientamento di quella parte della popolazione che è meglio sta reagendo alla crisi pandemica".

In un momento in cui si sta lavorando per una faticosa ripresa, costringere i cinema ad interrompere nuovamente l'attività rischia seriamente di compromettere il futuro di un intero settore. Chiediamo un confronto aperto a tutte le categorie per trovare le modalità più idonee per salvaguardare la vita culturale di noi cittadini e un settore altrimenti prossimo all'estinzione.

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L'AFIC evidenzia inoltre la sospensione di tanti festival di cinema previsti in questo periodo, molti dei quali già posticipati a causa del precedente stato di emergenza.

"Il nostro settore viene colpito in maniera indistinta da queste misure e si trova, ancora una volta, a riprogettare all'improvviso il proprio lavoro dicendo addio a mesi di duro lavoro per riportare il pubblico nelle sale", si legge nel comunicato pubblicato sul sito dell'Associazione.

L'esperienza di alcuni importanti festival, primo fra tutti la Mostra di Venezia, ha mostrato come sia stato possibile organizzare ai massimi livelli di sicurezza eventi con migliaia di persone. Di queste esperienze ci piacerebbe che anche in futuro si tenesse conto prima di decidere chiusure generalizzate delle sale cinematografiche che da studi di settore risultano a bassissimo rischio di diffusione del contagio.

Gli studi di settore ai quali si fa riferimento sono quelli commissionati dall'AGIS nei mesi successivi alla riapertura dei cinema. Nel periodo che va dal 15 giugno ad inizio ottobre, su 347.262 spettatori in 2.782 spettacoli monitorati tra cinema, lirica, prosa, danza e concerti, con una media di 130 presenze per ciascun evento, si registra un solo caso di contagio sulla base delle segnalazioni pervenute alle Asl territoriali.

Grazie all'App Immuni, si legge sul sito dell'AGIS, "lo studio ha individuato un solo 'caso positivo' e in seguito ad accertamenti sanitari ha certificato la negatività di tutti gli spettatori entrati in contatto con lo stesso".

Il settore italiano dello spettacolo è stato quindi tra i più virtuosi nella delicata fase di ripartenza. Anche la Conferenza delle Regioni, nel suo documento di Osservazione al Dpcm del 24 ottobre, aveva chiesto di "valutare le chiusure relative a palestre, piscine, centri sportivi, cinema, teatri, anche valutando i dati epidemiologici di riferimento".

Questa valutazione è stata ignorata: il governo Conte non considera i cinema luoghi sicuri e li accomuna per dignità e "pericolosità" a sale giochi, bingo, casinò e scommesse. La reazione alla decisione di tenere i cinema chiusi corre veloce sui social con l'hashtag #NonChiudeteICinema.

"Quando pensi che la cultura sia superflua", scrive Ivano De Matteo.

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Alessandro Gassmann cita #Fahrenheit 451 di François Truffaut ed esprime "solidarietà a tutti coloro che lavorano nelle sale cinematografiche e nei teatri".

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Gianmarco Tognazzi rimarca la totale assenza di una vera e seria politica culturale e quanto questo provvedimento sia "scellerato, pretestuoso e privo di ogni logica e coerenza".

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Anna Foglietta rilancia il post dell'Associazione Unita, l'Unione Nazionale Interpreti Teatro e Audiovisivo, e scrive che "il teatro come il cinema sono luoghi importanti e preziosi perché aiutano la formazione di un pensiero critico".

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Gabriele Muccino aggiunge che "chiudere i cinema e i teatri dice solo una cosa: che nessuno tra coloro che hanno voluto questa misura, si è preso la briga di andare al cinema negli ultimi due mesi".

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Stefano Accorsi preferisce ricordare le parole di Claudio Abbado.

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Un gruppo di lavoratori dello spettacolo e della cultura, tra cui spiccano i registi Gabriele Salvatores, Cristina e Francesca Comencini, gli attori Claudio Bisio, Neri Marcorė, Aldo, Giovanni e Giacomo, i produttori Marco Cohen, Fabrizio Donvito e Benedetto Habib, ha indirizzato a Conte e Franceschini una lettera in cui si chiede "che non vengano chiusi cinema e teatri, presidi in cui sono garantite tutte le norme di sicurezza igienico sanitarie".

La petizione, lanciata sulla piattaforma Change.org, ha quasi raggiunto i 10mila firmatari in pochissime ore.

Sullo stesso tono è la petizione dell'Associazione Cultura Italiae, nella quale si specificano lo "straordinario e personale impegno" del personale della cultura per la riapertura di cinema e teatri, la "riconquista faticosa" del pubblico "spesso titubante e confuso da una comunicazione altalenante e ansiogena", l'investimento per il riallestimento degli spettacoli teatrali sospesi, la riprogrammazione di tournée, concerti e uscite cinematografiche rimandate, il rientro di tutti i dipendenti dalla Cig e l'ultimo e più importante punto.

Chi opera nel settore della cultura è consapevole dell'importanza che essa ricopre soprattutto in momenti difficili come quello che ci troviamo ad affrontare. Sarebbe un grave danno per i cittadini privarli della possibilità di sognare e di farsi trasportare lontano oltre i confini della propria quotidianità. È soprattutto per l'importanza di non privare l'Italia del proprio immaginario collettivo che vi chiediamo a nome della Associazione Cultura Italiae di mantenere indistintamente tutti i luoghi della cultura aperti!

Anche in questo caso, la petizione ha subito oltrepassato le 22mila firme ed è stata condivisa da Alberto Barbera, direttore artistico della Mostra di Venezia, e Piera Detassis, presidente dell'Accademia del Cinema Italiano - Premi David di Donatello.

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All'elenco si aggiunge la lettera mandata al premier e al Ministro da parte degli assessori alla cultura delle più importanti città italiane, da Filippo Del Corno e Francesca Paola Leon a Luca Bergamo ed Eleonora de Majo.

Gli assessori ribadiscono come cultura e spettacoli siano "uno dei più rilevanti settori produttivi italiani".

La misura appena assunta produrrà effetti economici disastrosi per un settore già duramente provato, e soprattutto priverà i nostri concittadini di un importantissimo strumento di condivisione e riavvicinamento sociale, nel pieno rispetto del distanziamento fisico: nella storia delle democrazie la tenuta sociale delle comunità, soprattutto nei suoi momenti più critici e dolorosi, si è sempre fondata soprattutto sulla possibilità di condividere esperienze culturali.

In questo caso, i firmatari chiedono una revisione della disposizione e "un'immediata attivazione di ammortizzatori sociali, concreti ed efficaci, per tutte le lavoratrici e i lavoratori dello spettacolo".

È particolarmente duro il commento di Enzo Mazza. Il consigliere delegato di Fimi, la Federazione Industria Musicale Italiana, scrive su Start Magazine che il lockdown della cultura "colpisce al cuore non solo artisti e lavoratori del settore, ma lo stesso pubblico, al quale fai percepire l'insicurezza e il rischio di contagio che avrà un impatto anche sul futuro, allontanando le persone dai luoghi della cultura e dello spettacolo dal vivo".

Il deserto che troveremo alla ripresa nel post pandemia dimostrerà che non bastano interventi di ristoro finanziario per risollevare settori che hanno bisogno di 'stare sul palco' perché non di sola economia vive questo mondo. La tragedia più grande saranno le migliaia di professionisti che fra qualche mese saranno usciti di scena, nella disperata ricerca di un ricollocamento, ove possibile, in altri settori. Con la perdita di esperienze uniche non replicabili in poco tempo avremo di fronte la vera catastrofe che queste decisioni hanno causato.

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Luca Bizzarri ci mette un po' di (amara) ironia.

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E a chi riprende il tormentone "i dati dicono che" dietro le chiusure fatte "a cazzo fritto", l'attore si domanda se "c'è qualcosa in questo paese che non sia mai stato fatto a cazzo fritto? Manco la guerra".

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