La durata della vita è influenzata solo in piccola parte dai geni?

Autore: Danilo Abate ,

A quanto pare, la genetica ha sulla nostra longevità un impatto molto meno di rilevante di quanto pensiamo, o almeno è ciò che emerso da uno studio pubblicato sulla rivista accademica Genetics, fondata nel 1916 dal genetista George Harrison Shull. Mentre infatti fino ad ora si pensava che l’eredità genetica influisse sulla durata della vita con una percentuale fra il 15 e il 30%, la ricerca pubblicata sul giornale della Genetics Society of America abbassa drasticamente tale percentuale, che scende così al di sotto del 10%.

Lo studio è stato condotto mediante complesse indagini su un database che include gli alberi genealogici di ben 400 milioni di individui, collocati in una finestra temporale che va dal 1800 fino ai primi anni del ‘900. Le informazioni su cui hanno lavorato i ricercatori provengono per la precisione dalla banca dati di Ancestry, sito web fra i più famosi dedicato alla “scoperta” della propria storia familiare.

Ancestry
Un esempio di albero genealogico direttamente dal sito di Ancestry
Una schermata proveniente dalla banca dati di Ancestry

Gli addetti ai lavori ovviamente si sono preoccupati di eliminare qualsiasi elemento sensibile relativo ai soggetti appartenenti agli alberi genealogici analizzati, considerando dunque l’anno di nascita, anno e luogo del decesso e qualsiasi connessione familiare significativa fra le persone registrate nel database.

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A partire da questa iniziale cernita, i ricercatori hanno poi “ricavato” ben 400 milioni di persone, ­perlopiù americani discendenti dagli europei che colonizzarono l’America, e in tal modo è stato possibile a collegare il grado di parentela degli individui con la loro longevità.

I risultati finali lasciano intendere che il corredo genetico influisce sulla durata della vita umana con un’incidenza pari al 7%. Inoltre, un altro dato interessante emerso è che la longevità dei coniugi è spesso strettamente legata, dunque molto simile fra un membro e l’altro di una coppia.

Ma ciò che maggiormente sconvolge gli addetti ai lavori è che il dato relativo ai coniugi lo si riscontra anche per i cugini acquisiti e i cognati, persone dunque non imparentate dal punto di vista genetico e che, generalmente, non vivono nelle stesse “condizioni ambientali”. Lo stesso vale per zii e zie acquisite, facendo pensare a un fattore estremamente importante, ma che fino ad ora non è emerso con chiarezza.

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Si pensa che una tale insolita correlazione possa essere dovuta all’accoppiamento assortativo, un modello di accoppiamento secondo cui due organismi di sesso diverso “si appaiano” non in maniera casuale ma secondo una specifica preferenza nei confronti di determinati individui.

Tale teoria sostiene quindi che esistono delle caratteristiche legate alla longevità del singolo che portano all'attrazione da parte di un altro individuo e, in definitiva, a una durata della vita simile fra i due partner.

In altre parole un organismo, più o meno consapevolmente, predilige una “metà” che presenti caratteristiche a lui familiari, come appunto una longevità simile.

qimono, Pixabay
Alcune doppie eliche di DNA situate in parallelo l'una rispetto all'altra
Che il DNA sia davvero così

Questo non significa certamente che si può capire "a naso" chi vivrà tanto quanto noi, ma analizzando alcune caratteristiche dei fattori sia genetici che socioculturali di un possibile partner, alcuni fra questi lo rendono potenzialmente più longevo rispetto ad altri. Prendiamo ad esempio lo stato sociale ed economico, il paese di provenienza, il livello d’istruzione o qualcosa di più "banale" come l’altezza. Sono tutti fattori che, in un modo o nell’altro, potrebbero determinare una vita più lunga o più breve, o uno stato di salute più o meno ottimale.

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Ed è proprio per questo che scienziati tendono a “rivalutare al ribasso” l’influenza che i geni possono avere sulla durata della vita, in favore di quello che può essere l’impatto dell’ambiente in cui viviamo.

Inoltre, nonostante il modello dell’accoppiamento assortativo non costituisca una certezza, esso riesce a “spiegare”, in maniera più o meno precisa, il modo in cui le società umane sono strutturate.

Uno dei membri di Ancestry, Catherine Ball, è d’accordo su quanto sia importante il contesto socioculturale per determinare la durata della vita di una persona, ma cerca di prendere anche con un pizzico di ironia i risultati ottenuti dallo studio:

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Al momento la durata della nostra vita sembra in gran parte determinata alle scelte che facciamo, ma a tal proposito il consiglio più spassionato che posso dare a tutti per essere longevi è questo: non andate in guerra, non fumate sigarette, e magari trovate un po’ di tempo per l’esercizio fisico.

Insomma, nonostante lo studio possa far pensare a più di semplici ipotesi, non ci resta altro da fare che attendere ulteriori conferme dal progresso scientifico.

E voi che ne pensate? Credete anche voi che la genetica sia “sopravvalutata” nel determinare la durata della vita?

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