Questa è Rome, nel West Virginia. Queste cose non succedono qui.
Succedono ovunque.
(il Sindaco e il capo Giles)
Atmosfere cupe, cura maniacale per la fotografia e la regia, esaltazione di un commento sonoro fatto di musiche e rumori inquietanti.
È proprio vero: questa seconda stagione di Outcast è un’altra storia. Non che la prima non andasse bene, ma ora siamo stati immersi nel caos.
Circondati dall’universo del Male che sta conquistando Rome. Insieme a #Kyle Barnes, lo esploriamo. Forse anche più a fondo di lui.
Dopo la première, continuiamo a seguire la vicenda come se non fosse passato del tempo (esclusi i mesi trascorsi da Kyle in fuga da Rome. Una fuga inutile).
Come in una continuazione del finale di stagione, assistiamo alle conseguenze del precedente picco di tensione e di eventi.
Il #reverendo Anderson - in cella per l’omicidio di Aaron e poi liberato perché il corpo rinvenuto è quello di una donna morta da almeno trent’anni - si è arreso.
Di fronte a Jason, il ragazzo che viene posseduto sotto ai suoi occhi, impugna la Bibbia come un’arma e poi la lascia cadere, rendendosi che è inutile.
Come nella tradizione vampiresca, Outcast ci insegna che senza fede non c’è arma che tenga.
Le croci impugnate contro i vampiri non funzionano, se chi le impugna non ha fede. Allo stesso modo, Dio non può combattere i posseduti, se chi lo invoca non crede più in lui.
Ecco quindi che i ruoli s’invertono: al posto di Anderson, in crisi di fede, al fianco di Kyle subentra il #capo Giles nella lotta al Male. Al fianco dello stesso Kyle che all’inizio, con Anderson, mostrava di non credere. E che ora ha preso il suo posto, mentre è Anderson a non credere più.
Anche Sidney si lega a una tradizione “prelevata” altrove: il liquido nero (impossibile non pensare al "cancro nero" di #X-Files) che tossisce - e che lo sta uccidendo, come ha ucciso la donna sepolta sotto casa sua molto tempo prima - non lascia spazio ai dubbi: il Male corrode dall’interno chi lo incarna. Ricordate il Maestro di #Buffy? Il vampiro più brutto, mostruoso e somigliante a un pipistrello che avevamo mai visto. Perché era il più antico, potente e… Corrotto da secoli di Male puro.
#Megan, intanto, prima di dimostrarsi debole ed egoista (vuole morire per ciò che ha fatto a suo marito, senza preoccuparsi di lasciare orfana la piccola Holly), parla con Kyle. Dei suoi sensi di colpa, del suo primo incontro con Mark, del suo dolore. Del loro amore, dell’omicidio… E quando Kyle le dice che non è stata lei, che c’era “qualcosa” dentro di lei e che era la stessa cosa che controllava sua madre e Allison, Megan ancora sembra non credergli.
È sempre stata scettica, riguardo alle possessioni. A volte anche di fronte a fatti che avrebbero fatto vacillare chiunque. Lo è stata per facilitare quel meccanismo alla Mulder e Scully che rende il loro rapporto più avvincente.
E come in X-Files, di nuovo, anche in #Outcast noi sappiamo qualcosa in più dei personaggi.
Nella serie di Chris Carter vedevamo l’Uomo che Fuma mentre orchestrava i complotti. In quella di #Robert Kirkman vediamo il Male che conquista la città, poco alla volta.
Mentre qualcuno finge di non vedere, qualcuno non vede e qualcuno crede: i bambini. Personaggi centrali nella serie.
Non a caso tutto inizia con Joshua, e Amber ha un ruolo importante. Lei ha capito che le persone attorno a lei e a suo padre vengono possedute.
Per questo chiede se lo zio Mark è morto a causa loro: i bambini vedono tutto in modo più chiaro. Vedono le cose per ciò che sono.
Come noi, in questa seconda - e finora strepitosa - stagione di Outcast, che ci lascia con Sidney che sussurra
Andrà tutto bene...
a una Megan torturata e terrorizzata…
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