Sette anni in Tibet racconta delle straordinarie gesta di Heinreich Harrer, esploratore e scrittore austriaco che si ritrovò a stretto contatto con il Dalai Lama nel Tibet di metà secolo scorso. Una vicenda ricca di suggestioni, che si incrocia con la grande storia del ‘1900, tra l’evolversi della Seconda Guerra Mondiale e le mire espansioniste della Cina.
Il periodo in Tibet portò Harrer alla scrittura di un libro di successo, da cui venne tratto un film con protagonista Brad Pitt.
È tempo di ripercorrere a fondo, allora, la storia vera dell’esploratore austriaco, sottolineando alcune differenze con la pellicola uscita nelle sale nel 1997.
La storia vera che ha ispirato Sette anni in Tibet
La vicenda fuori dall’ordinario che ha coinvolto Heinreich Harrer inizia nel 1939. A quel tempo, l’esploratore si era già reso protagonista di una fortunata spedizione sulla parete nord dell’Eiger, temibile altura posta sul versante svizzero delle Alpi. Spedizione che, tra le altre cose, valse ad Harrer le simpatie di Adolf Hitler, e il successivo ingresso nelle SS, organizzazione paramilitare creata nella Germania nazista.
L'avvicinamento di Harrer al Reich lo portò a far parte della spedizione di Peter Aufschnaiter diretta in Kashmir. Un’iniziativa che aveva come obiettivo l’esplorazione del territorio, al fine di preparare il tutto per una successiva scalata al Nanga Parbat. La presenza di Harrer fu suggerita da Heinrich Himmler, il ministro della propaganda nazista.
È a questo punto che la vita del futuro scrittore austriaco inizia a scontrarsi con gli eventi storici che cambieranno il volto del mondo intero. Harrer e i suoi compagni di spedizione, a causa del mutato scenario politico, vennero arrestati nel territorio di Karachi, India Britannica, e internati prima vicino Bombaby, e in seguito a Dehradun, a piedi del maestoso Himalaya.
L’arrivo in Tibet
Dopo numerosi tentativi di evasione falliti, nel 1944 Harrer e Aufschnaiter riuscirono finalmente a liberarsi, e raggiunsero il Tibet. Le peripezie, però, non erano finite. Una volta entrato nel paese, l'esploratore venne accolto con diffidenza, legata alla volontà tibetana di mantenere l’isolamento rispetto agli stati confinanti. Lo scalatore venne espulso in India, ma ben presto attraversò nuovamente il confine tibetano.
Fu un periodo duro e segnato da fame e stenti. Alla fine, il governatore di Gartok concesse ad Harrer il passaggio verso il Nepal. Insieme ad Aufschnaiter, l'esploratore scelse di inoltrarsi ancora di più nel paese, fino a raggiungere Lhasa, la città proibita, in cui nessun europeo aveva mai messo piede.
Dopo spostamenti che misero a dura prova il fisico e la psiche dei due, gli avventurieri riuscirono ad arrivare a Lhasa. Il loro arrivo venne accolto bene dai locali, che sembravano apprezzare la strana coppia di stranieri. Per sdebitarsi, Harrer e Aufschnaiter iniziarono a svolgere lavori di vario tipo, rendendosi il più possibile utili.
L’incontro tra Harrer e il Dalai Lama
Nel 1948, Harrer venne ufficialmente assunto dal governo tibetano. Inizialmente, i suoi compiti erano quelli di fotografo e traduttore delle notizie provenienti dall’estero. La ripresa di una gara di pattinaggio rappresentò l’occasione per incontrare il piccolo Dalai Lama. Harrer divenne il cameraman fidato del giovane, che si dimostrava particolarmente interessato all’arte cinematografica. Talmente interessato che, da lì a poco, all’avventuriero austriaco venne commissionata la costruzione di una sorta di sala cinematografica privata. In questo periodo i due strinsero un legame intenso, che portò l’esploratore austriaco a diventare il tutore del Dalai Lama. Harrer portò avanti lezioni di inglese e geografia, così come di scienza.
L’amicizia tra i due divenne sempre più stretta, ma l’idillio non era destinato a durare per sempre. Nel 1950, la Cina comunista iniziò la sua avanzata espansionista in Tibet. Dopo quasi dieci anni di lotte e scontri, il Dalai Lama sarà costretto all’esilio in India. Per Harrer, invece, l’avventura tibetana si concluse prima.
Nel 1951, l’esploratore lasciò il paese per rientrare in Austria. Qui si mise subito a scrivere le sue memorie, che nel 1953 sarebbero culminate nel libro Sette anni in Tibet.
L’amicizia tra Harrer e il Dalai Lama, però, non era ancora pronta a terminare. I due si incontrarono nuovamente nel 2002, in occasione del 90esimo compleanno dell’esploratore, che morì quattro anni più tardi.
Le differenze con la trama del film con Brad Pitt
La versione cinematografica di Sette anni in Tibet arrivò nelle sale nel 1997. La pellicola, diretta da Jean-Jacques Annaud, vedeva come assoluto protagonista Brad Pitt, che portava in scena Heinrich Harrer. David Thewlis, invece, vestiva i panni di Peter Aufschnaiter.
Il film riprendeva la storia dell’esploratore austriaco, con alcune differenze piuttosto evidenti. La più importante riguardava probabilmente il rapporto di Harrer con il regime nazista. Nel film, il personaggio interpretato da Brad Pitt è piuttosto riluttante a dimostrare attaccamento ai simboli del Reich. In realtà, come riportato anche da un articolo del 1997 del New York Times, Harrer entrò a far parte delle SS all'incirca nel 1938. Sull’argomento, il regista Annaud si espresse in questi termini:
Ho avuto per molto tempo il sospetto che una delle ferite non rimarginate di Harrer fosse la sua possibile connessione con i nazisti in Austria nel 1939. Dopo la Seconda Guerra Mondiale e gli anni passati in Tibet, ha dedicato la sua vita alla nonviolenza, all’uguaglianza e ai diritti umani. Il mio film parla proprio di colpa, rimorso e redenzione.
Le inesattezze storiche e le possibili drammatizzazioni della trama non ebbero un impatto negativo sui risultati del film al botteghino. Sette anni in Tibet, secondo rilevazioni di The Numbers, ottenne incassi per circa 131 milioni di dollari, a fronte di un budget di 70 milioni di dollari.
Avete letto il libro di Heinrich Harrer? Preferite la versione originale, o la controparte cinematografica?
Iscriviti al nostro canale Telegram e rimani aggiornato!