Vittorio Giardino: "un bel fumetto è quello che suscita emozioni vere" [INTERVISTA]

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Autore: Domenico Bottalico ,

Poche ore prima dell'inizio del Rimini Comix 2024, abbiamo fatto una lunga chiacchierata con Vittorio Giardino. Maestro assoluto della linea chiara italiana, con il Maestro abbiamo parlato proprio della kermesse riminese, di erotismo e disegno ma anche di temi d'attualità come l'intelligenza artificiale e la situazione socio-politica.

Intervista a Vittorio Giardino: da Rimini Comix 2024 all'erotismo, dal disegno all'intelligenza artificiale

Maestro, grazie per la sua disponibilità è un grande piacere per me intervistarla e averla sulle pagine di CPOP. Partiamo dal poster di Rimini Comix 2024 che le hanno commissionato. Il comunicato stampa recita: "Con il suo stile elegante e distintivo, l’autore ha raffigurato l’essenza dell’estate riminese includendo alcune delle icone architettoniche più famose della città." Cos'è per lei l'essenza dell'estate?

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Rimini è una città che io amo per tanti versi ma che forse non corrisponde più alla mia idea di estate detto questo... Che cos'è che mi dà l'idea dell'estate? Be' in questo momento direi il caldo [Ride - NdA] per fortuna però vivo in una casa che è piuttosto fresca quindi me la cavo e posso continuare a lavorare.

Diciamo che per me l'estate, ma non solo l'estate, è il mare. Bologna è una splendida città tutti la amano, gli stranieri hanno già iniziato la loro invasione tanto che sembra di essere a Firenze, ma ha un difetto ineliminabile: non c'è il mare. Per me questo ahimè è un veramente un grave difetto. Quindi appena posso, soprattutto d'estate, vado a cercare il mare ok.

L'origine del manifesto è legata a dei vincoli perché doveva mostrare Rimini ma mostrare anche il mare e i fumetti e ricollegarsi logicamente a quello che era stato fatto dagli altri autori negli anni precedenti... cioè non era mica banale riuscire a mettere assieme tutta 'sta roba [ride -NdA]. Infatti le mie prime bozze erano molto diverse dal risultato finale ma poi ho visto quello che aveva fatto l'anno passato Silvia Ziche e ho seguito quella direzione. Anche perché con tutte le indicazioni di partenza, se uno vuole mostrare Rimini e chessò il Tempio Malatestiano deve sacrificare il mare e viceversa... ecco allora che spunta il Grand Hotel e Fellini il cui immaginario è diventato sinonimo della città. Sulla scelta della ragazza sul materassino invece mi assumo tutta la responsabilità! [Ride - NdA]

Ha anticipato una domanda che le avrei fatto dopo: qual è il suo rapporto con il corpo femminile artisticamente parlando e, secondo lei, come si può rappresentare oggi in maniera corretta? 

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Questa domanda è davvero insidiosa, posso dirlo? Soprattutto in un'epoca in cui qualsiasi cosa dico potrebbe essere interpretat in maniera errata. Cercherò di essere onesto. Il corpo femminile ha assunto nel corso dei secoli dei canoni di bellezza molto diversi l'uno dall'altro quindi oggi ha un certo canone che non è lo stesso ad esempio del XVI secolo dove le donne erano rappresentate in pittura, basti pensare a Rubens, piuttosto in carne per il gusto di oggi.

Per fortuna mi pare che sia un po' sparito come canone quello delle indossatrici altissime e magrissime che vanno benissimo come attaccapanni cioè per mostrare bene un vestito ma poi dopo quando si tolgono il vestito... 

Io credo che il canone sia in fondo sia in pratica sempre lo stesso cioè quello del corpo sano mettiamola così e che si muove liberamente. Però devo confessare anche un'altra cosa io subisco molto il fascino dell'altra metà del cielo, forse anche troppo! [Ride - NdA]. Però devo anche sottolineare come il corpo è relativamente secondario per me... è più la mente! Il fascino comincia per me dallo sguardo molto più che dal corpo. È strano perché il corpo fa la sua parte, ma certe cose si fanno con il corpo, altre con lo sguardo... per questo, per me, ha una importanza fondamentale perché lo sguardo comunica anche le emozioni e le intenzioni.

Se dovessi fare un elenco delle attrici che, ahimè data la mia età sono quasi tutte scomparse, per me sono un un esempio di bellezza, molte non sono state affatto considerate normalmente un esempio di bellezza.

Poi c'è da dire che il corpo femminile da sempre è stato un simbolo di bellezza per tutta la storia dell'arte dall'inizio fino ad oggi... credo che sia rappresentabile ancora oggi senza diventare diciamo così per forza volgari. Quello che però è anche importante capire è che non si può essere troppo realistici perché ormai siamo abituati a una certa elaborazione del corpo femminile mentre il corpo "vero", di una donna seduta su una sedia, per esempio, non in posa mostra le pieghe dell'addome...

Dico questo perché tanti anni fa, mi iscrissi alla Accademia dove c'era un corso di nudo e c'era una modella bravissima di mezza età con un corpo che non rispettava canoni ma bravissima perché riusciva in un tempo molto breve ad assestarsi su una posizione che poi manteneva perfettamente. Altre volte c'era invece una modella più giovane con un corpo molto più aderente ai canoni ma che non riusciva mai a stare ferma e si muoveva continuamente. Quando poi finalmente riusciva ad assestarsi saltavano fuori le pieghe di cui parlavo prima.

Questa è la realtà dei corpi: io baro, così come fa il mio grande amico e disegnatore Milo Manara. Le gambe delle mie donne sono più lunghe delle gambe normali di una donna ma non se ne accorge nessuno perché la nostra idea di bellezza comprende anche quello cioè gli arti lunghi più del normale. Probabilmente deriva, credo, dal modello etiope cioè etiope-eritreo: ci sono queste persone donne e uomini molto slanciate con gli arti molto lunghi che danno una grande senso di eleganza.

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Allora mi ricollego a quello che ha detto perché la manifestazione le sta dedicando anche una mostra intitolata "Vittorio Giardino, l’eleganza del fumetto", secondo lei il fumetto moderno ha messo un po' da parte l'eleganza, anche formale, e perché?

Non so se l'espressione "eleganza del fumetto" sia un complimento o meno. Sarebbe da definire perché tipicamente l'eleganza nell'arte sembra riferirsi più agli stilisti su cui ora si fanno anche delle mostre. Sinceramente devo dire che
l'eleganza è qualcosa che cambia molto nel tempo e a seconda del tipo di società e di epoca ha dei canoni molto diversi fra loro anche geograficamente. Voglio dire gli in medio-oriente un abito lungo maschile può essere elegante quindi invece contrassegna etnicamente una persona e socialmente - potrebbe essere uno sceicco con tanti soldi [ride NdA]. Voglio l'abito comunica anche qualcosa, una storia.

Quindi se per eleganza si intende il fatto che io sia attento nei miei disegni anche agli abiti è vero perché l'abito che indossa identifica anche il personaggio o racconta delle cose del personaggio. Su questo aspetto è vero sono molto attento ma non sono l'unico... scusami, ma perché ci stiano dando del Lei, dammi del tu so che per te sarà più difficile perché io ho la barba bianca [ride - NdA].

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Va bene, Maestro ci provo...

Dicevo... oggi, ma non solo oggi, ci sono molti fumetti in cui questa attenzione non c'è. Non è una critica, dico solo che ci sono molti fumetti in qualche modo chiamiamoli così autobiografici cioè che si riferiscono non solamente all'autore ma alla cerchia di conoscenze e di amicizie dell'autore. Allora a quel punto è più naturale che non ci sia tanto questa questa attenzione.

Mi incuriosisce sempre il modo di vestirsi della gente perché è un messaggio che si lancia agli altri e può essere sincero o ingannevole. Possono succedere cose buffe o spiacevoli come una ragazza che per me è vestita in modo provocante ma che non vuole provocare nessuno a cui si avvicina qualcuno che le chiede "posso offrirle dabere?" e o la ragazza tira dritto oppure assesta un bello schiaffone. Il modo in cui ci si veste può dire guardami, parlami, ignorami...

Io tendenzialmente tendo a ispirarmi, nelle mie storie, a diciamo delle situazioni reali. Lo confesso, il discorso sarebbe lungo, io disegno solo quello che vedo ma spesso vedo delle cose che non ci sono, che non sono lì davanti a me però io le vedo lo stesso. Ecco non è che non riesco a disegnare delle cose che non vedo ho bisogno di vederle, allora questo bisogno di vederlo in realtà comporta anche che precedentemente io abbia fatto attenzione alle persone che incontro anche quelle che non conosco. Ho bisogno di un contatto con la realtà pressoché continuo altrimenti non saprei veramente che cosa fare. Ammiro moltissimo quegli autori come ad esempio Moebius, per citarne uno, che  hanno disegnato delle cose che vedevano ma meno banali delle mie... cioè lì entra in campo la fantasia e l'immaginazione mentre io sono un po' più terra terra...

Non mi dà fastidio questa definizione "dell'eleganza del fumetto" e voglio intenderla come un complimento anche se le opere d'arte che valgono un sacco di soldi non vengono definite elegante [Ride - NdA] però non è detto perché Botticelli in fondo è elegante ma tanto per dirne una Michelangelo secondo me, non gli importava di esserlo.

Proviamo a rompere il ghiaccio sul discorso di darci del tu tornando su un argomento che ci unisce cioè la debolezza
verso l'altra metà del cielo. In Viaggi, Sogni e Segreti del 2020 sei tornato al fumetto erotico, come mai?

In Viaggi, Sogni e Segreti c'è dell'erotismo ma non è l'argomento principale del libro. L'erotismo è centrale invece ne Il Sorriso in parte ristampa cose vecchie e in parte propone anche delle cose nuovo. Nel mezzo poi ne è uscito un altro, Tratti in Salvo, un po' sfortunato perché non ne parla mai nessuno...

L'erotismo che ho tentato di raccontare è un erotismo un po' difficile perché innanzitutto non mostra mai fino in fondo le cose. Ricordo che una volta chiesero a Hugo Pratt come mai nelle sue scene erotiche non si vedesse mai nulla e lui rispose che i lettori sapevano bene quello che sarebbe successo dopo... Sposo questa teoria per dire che non c'è bisogno che io disegni "tutto"... il mio amico Milo Manara ha fatto un'altra scelta, mostrando qualcosina in più con i suoi disegni meravigliosi...

Il mio erotismo è fatto fondamentalmente di sguardi. Ne Il Sorriso dell'Eros ho cercato di unire due cose che sono veramente molto difficili da unire e cioè l'ironia e l'erotismo. Non ricordo le parole esatte ma Henry Miller in un suo libro, forse Il Tropico del Capricorno, dice ad un certo punto che ridere ed essere eccitati sono due cose che non vanno assieme non c'è speranza se uno ride l'eccitazione scompare un po'.

Comunque mi sono divertito con Il Sorriso perché per me l'erotismo è anche il piacere di disegnare corpi femminili, come spiegarmi... è un piacere proprio nel disegno che si nota in Sinuose, un libretto di sole illustrazioni di nudi femminili molto casti, nel piacere di avere una linea continua. Sono disegni fatti in un certo senso senza staccare mai il pennello dalla carta. Questo gesto è qualcosa che a me piace e mi dà un un gusto molto sensoriale diciamo.

Quando disegno un corpo femminile mi viene più spontaneo avere queste linee arrotondate, non so perché... immagino che l'erotismo sia per me una forma di riposo perché di solito ha delle trame abbastanza leggere mettiamola così.

Però è vero che anche nei miei libri più seri, diciamo, quelli più drammatici alla fine l'erotismo salta fuori perché l'erotismo è il anche il rapporto di fascinazione in qualche modo reciproca fra i sessi che c'è sempre nella vita anche nelle condizioni più "estreme". Ho scritto nella prefazione o in una intervista mi pare su Jonas Fink una cosa che ho verificato tra l'altro coi miei occhi e cioè che ci si innamora anche sotto le dittature cioè l'amore, strano a dirsi oggi, non conosce confini politici. L'amore continua in tutte le condizioni o quasi, continua la gente continua a innamorarsi. Per questo in tutti i miei libri o quasi alla fine la gente si innamora e quando si innamora succedono delle cose quindi l'erotismo è una parte ineliminabile della vita e dei fumetti.

Ecco perché ad esempio una delle ragioni per cui non riuscirei mai a fare un fumetto western: in quel genere, non si sa perché la fascinazione uomo-donna è un argomento off-limits. I cowboy dei fumetti forse non si innamorano? Spero che non sia così... [ride - NdA] 

Alla fine è anche importante distinguere l'erotismo dalla pornografia. È una questione di approccio: la pornografia sfrutta l'erotismo per far soldi cioè l'autore in sé non è per niente coinvolto in quello che racconta in quello che disegna, in un film ma semplicemente sa che certe cose si vendono bene fanno guadagnare e allora diventa un "erotismo freddo" che quella che per me è la vera pornografia. Spero di averlo evitato perché tutte le volte che ho trattato scene erotiche c'è sempre stata una ragione insomma l'ho fatto perché la storia lo esigeva e non per strizzare l'occhio ai lettori più pruriginosi.

In tutta onestà sarei capace di farlo, se mi mettessi a disegnare cose per bussare ai portafogli dei collezionisti ma non ne ho voglia perché mi mi diverto di più a fare altre cose. 

Recupero due suggestioni di questa risposta sull'erotismo. La prima hai parlato di linee continue per il corpo femminile, come è cambiato il tuo rapporto con il disegno nel corso della tua carriera con la linea col segno con la narrazione? Cosa è cambiato cosa hai imparato a gestire meglio e cosa invece ti sfugge ancora?

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Allora sono domande veramente cattive... ci vorrebbe 3 ore solo per rispondere a questa domanda [ride - NdA]. Non ho mai fatto degli studi, ho iniziato a disegnare da bambino era una passione che non mi ha ancora abbandonato e sono molto contento di questo. Per tante ragioni, che è inutile stare qui a dire, ho fatto un corso di studi molto diverso che non prevedeva assolutamente il disegno... ho fatto il liceo classico e poi ho fatto ingegneria ma sempre continuato sempre a disegnare, ho anche dipinto e incisioni d'arte con acquaforte, acquetinte, silografie, un po' di roba strana tipo delle sculture in cartapesta.

Mi sono sempre divertito a fare queste cose ma non avevo mai pensato che potesse diventare un lavoro cioè che mi permetesse di mantenermi. Fino ai 30 anni più o meno facevo queste cose nel tempo libero, quando ero bambino ne avevo molto di tempo libero poi ne ho avuto sempre meno e quando ho cominciato a lavorare ne ho avuto veramente pochissimo. Smisi quasi del tutto di disegnare e questa cosa mi pesava tanto e quindi ad un certo punto decisi di smettere del tutto di fare l'ingegnere.

La domanda che mi hai fatto è molto pertinente. Devo confessarti una peculiarità. Nel corso della mia carriera ho usato diversi stili o meglio ho usato fondamentalmente dei mezzi diversi che hanno prodotto dei risultati diversi. Quando usavo i colori ad olio, perché gli acrilici non erano ancora stati inventati, chiaramente il risultato finale era diverso dalle mie tavole di adesso oppure quando usavo il bulino per fare un'incisione la grafica, chiamiamola così,  dell'incisione era molto diversa dalla grafica che uso adesso disegnando fumetti quindi il mezzo assolutamente condiziona in modo forte però devo dire sinceramente che fra 200 anni, quando tutti i critici d'arte si interrogheranno su quello che ha fatto Giardino - diranno che era unun grande genio naturalmente eh [ride - NdA] - quindi studieranno le mie opere giovanili scopriranno che in qualche modo c'è un filo conduttore che le lega non si sa com'è ma si riconosce la stessa mano che è la cosa che tendo a riconoscere anch'io nei grandi artisti.

Forse mi sbaglio eh... mia moglie si arrabbia perché ogni tanto vado in qualche museo, l'ultima volta al Louvre credo, con alcune piccole tele del Mantegna, e a voce alta, con scandalo di mia moglie, ho detto che ha me non parevano proprio del Mantegna. Lì vicino c'era un signore che mi ha poi spiegato che spesso quando cambia direttore di un museo spesso cambiano anche le attribuzioni dubbie e se magari c'è un quadro di un certa scuola viene "automaticamente" attribuito all'artista di riferimento. Ma la mano è sempre una e si dovrbbe riconoscere.

Per arrivare alla conclusione meglio tardi che mai. Rispetto i miei lavori iniziali ma io per primo riconosco che erano acerbi perché non avevo fatto studi di alcuni tipo a parte un corso di anatomia di un paio di mesi in cui non imparai nulla. Le cose più difficili non le sapevo fare e continuo a non saperle fare... se lo chiedi ti dico che tutto mi dà difficoltà, non proprio tutto tutto eh [ride - NdA], perché non si smette mai di imparare.

Cerco di spiegarmi il più brevemente possibile. Che cosa vuol dire in realtà sapere disegnare bene? 
Che senso ha dire questo è un bel disegno? Sono frasi semplici che però nascondono un riflessione molto complessa. Tutti conoscono, o dovrebbero, Picasso. Si potrebbe dire che all'inizio dipingesse bene poi quando ha attraversato il Periodo Blu era perfetto e che poi, all'improvviso, non lo sapesse più fare mettendo gli occhi al posto delle orecchie... una schifezza! Ovviamente non è assolutamente così: quello che guardiamo non è una copia pedissequa della realtà. Quando guardiamo un disegno, stiamo guardando un foglio di carta con dei segni sopra quindi è inutile che ci sforziamo di fare la cosa più vicina possibile a quel che abbiamo visto dal vivo. Quando disegno il corpo di una donna nuda non ce l'ho davanti o di fianco stai sempre guardando dei segni su un foglio di carta che ti richiamano ha delle visioni di cui tu hai in memoria, che hai immagazzinato... e la memoria filtra, non hai ricordi di tutti i dettagli precisi, rivivi l'emozione del momento...

Un disegno bello è quello che riesce a darti una emozione simile a quella che hai provato dal vivo. Non c'entra niente il fatto che assomigli o non assomigli al reale perché nessun disegno può assomigliare reale più di tanto... Magritte e la sua pipa, no?

Soprattutto nel fumetto dove si deve raccontare una storia con parole e disegni bisogna che quei disegni il lettore li interpreti da segni su un foglio ad altro... ho vissuto con una certa sorpresa, devo dire, un'esperienza esemplare con uno dei miei nipotini che, passando davanti a un cancello dove c'era il classico cartello di Attenti al Cane, pur non sapendo leggere ha capito che la figura stilizzata sul cartello era quella di un cane. Solo l'uomo è capace di farlo... di astrarre e creare collegamento fra segno e concetto. 

Allora il disegno bello è quello che riesce a comunicarti l'emozione di quella certa realtà e... non è per niente facile perché basta sbagliare una linea di poco e non funziona più niente. Però c'è questo segreto, che non posso spiegare, che nessuno può spiegare, per cui quando un disegno funziona non puoi cambiare più niente, non puoi spostare niente neanche di un millimetro... magari i miei disegni fossero così! [ride - NdA].

È un argomento che mi appassiona molto come puoi ben vedere. Il disegno viene "letto" dalla razza umana non solo in rapporto al soggetto a cui si riferisce. Non credo esistano fumetti astratti, a parte qualche tentativo sperimentale, perché nel disegno leggiamo anche il gesto cioè quei segni oltre a rappresentare qualcosa sono più o meno rapidi, più o meno sciolti, più o meno nervosi. È come se trattenessero in loro la memoria dell'esecuzione. 

Tornando al discoros di prima, i miei disegni e i miei fumetti suggeriscono una certa eleganza perché il tratto è continuo e non particolarmente nervoso, non particolarmente spezzettato, non nevrotico. Il gesto, ancora prima che il disegno finale possono dare quindi un senso di eleganza forse.

Resta il fatto che io personalmente se mai ho imparato qualcosa, l'ho imparata disegnando e, come dissi in una antica intervista televisiva, se avessi montato un contachilometri sulla mia penna probabilmente avrebbe segnato un milione di chilometri.

Un'altra cosa, ed è la più importante di tutte, è la passione per quello che faccio.

Recupero un'altra suggestione da una precedente risposta. Ai citati Jonas Fink prima e come si suol dire "viviamo in tempi interessanti". Come commenterebbe i tempi di oggi Max Friedman e come li affronterebbe invece Jonas Fink? E cosa ne pensi cosa ne pensi tu di quello che ci circonda e di quello che sta accadendo negli ultimi tempi?

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Sì, anche questa è una domanda cattiva. La più cattiva che potessi farmi. Tento di risponderti onestamente perché mi ritengo abbastanza attento a quello che succede nel mondo e anche in Italia. Molto spesso i motivi che mi spingono ad affrontare un certo argomento o un altro nascono proprio dalla suggestione e dalla emozione che mi danno certi fatti quando accadono.

Come ho detto molte volte, Jonas Fink è nato da tante cose comprese le sensazioni delle immagini che vidi in televisione il 9 novembre del 1989: la Caduta del Muro di Berlino. Questi tedeschi dell'ovest e dell'est che per la prima volta si abbracciavano tranquillamente. Avevo già iniziato a lavorare su Jonas Fink e poi a metà degli 90 scoppiò la Guerra dei Balcani, la Jugoslavia si sfaldò e ci fu l'assedio di Sarajevo che fu una cosa terrificante. Conoscevo persone che abitavano lì, allora sospesi Jonas Fink e iniziai a scrivere una storia sulla Guerra Civile Spagnola con cui avevo trovato delle analogie e che sarebbe poi diventata una storia di Friedman.

Non nascondo le mie idee politiche, non voglio. Sto finendo un libro, spero di finirlo presto, dovrei entro l'anno così che possa uscire l'anno prossimo. È una storia di Max Friedman ma lui compare solo a metà della vicenda. È un argomento che diciamo sono stato costretto ad affrontare, è una storia lunga e il libro l'ho iniziato circa 4 anni fa... non ne posso più! Non vedo l'ora di finirlo! È un piacere ma anche un incubo: vivere negli ultimi 4 anni con gli stessi personaggi, nello stesso posto.

Torno sull'argomento del libro, sono stato obbligato ad affrontare questa storia da due cose diciamo diverse ma comunque concomitanti cioè da una parte l'atteggiamento del mondo occidentale in genere rispetto ai profughi alla gente che scappa e scappa secondo me in gran parte sapendo quello che rischia sapendo le difficoltà che incontrerà quindi non è un giochino non stanno andando in vacanza - non partono dal Gabon per farsi la villeggiatura in Francia - non è così! È gente che scappa rischiando la vita questa idea che si possano fermare, a parte la mostruosità di volerlo fare, ma poi è anche stupido perché non si fermeranno mai. Questa è gente che sta rischiando la vita per scappare via da guerra, fame e poverta! Non si fermeranno mai cioè l'unico modo per farlo sarebbe prenderli a cannonate - e qualcuno l'aveva anche proposto. Bisogna avere il coraggio di dire "non li vogliamo e non li vogliamo a qualunque costo".

Poi c'è la mia passione, da dilettante ovviamente, per la storia soprattutto quella moderna. Amo scovare quegli aspetti della storia che sono stati sostituiti nella percezione comune da miti cioè da cose che hanno anche dei fondamenti veri ma che hanno talmente semplificato le situazioni da renderle a questo punto abbastanza false Una di questa convinzioni che riguarda l'Europa è legata ad un avvenimento che che ebbe luogo nell'estate del 1938 sul lago di Ginevra quando le potenze mondiali si riunirono per stabilire chi avesse diritto all'asilo.

L'argomento credo che sia abbastanza di attualità. Fecero un congresso e lo fecero sulla sponda francese del lago perché la Svizzera non voleva esprimersi sulla questione perché anche allora c'erano masse di profughi che volevano spostarsi e anche allora non era per divertirsi ma per trovare condizioni di vita migliori o per scappare da persecuzioni. Questo congresso durò due settimane in cui non si arrivò a nessuna conclusione.

Oggi come ieri deduciamo che su questo argomento nessuno vuole esprimersi apertamente o che nessuno vuole davvero accogliere dei migranti. Ho deciso di fare una storia per raccontare proprio questa situazione naturalmente con personaggi fittizi con sullo sfondo quel momento, quel congresso poco prima della Seconda Guerra Mondiale con circa 600.000 ebrei tedeschi che volevano fuggire dal paese e col governo di allora che disse siete liberi di andarvene, non vi vogliamo per questione di razza e tutte quelle robe... il problema era però che nessuno li voleva accogliere. La fine di questa storia la sappiamo tutti, si studia anche a scuola ma della responsabilità iniziale invece non si sa nulla perché nessuno ne va fiero.

Sono convinto che chi scrive delle storie non debba avere la tessera di un partito, non deve avere obblighi o obbedire a nessuno, ma il mio orientamento penso sia abbastanza chiaro. Chi è al potere sta facendo cose folli perché credo siano ignoranti, nel senso più letterale del termine cioè ignorano la storia e intendo tutta la classe politica non solo i leader.

La destra fa la destra, ma prima c'era una classe politica capace di fare errori grossolani. Ma tutti stanno facendo errori grossolani che sconteremo tutti. Quindi ti confesso che sono molto preoccupato proprio per il fatto che si è persa la percezione e la gravità di alcune cose. Io sono nato nel 46 quindi la guerra non l'ho vista però ero bambino quando a casa mia si parlava continuamente di quello che era successo durante la guerra quindi io non ne ho una memoria diretta ma ne ho avuto nella mia formazione. Era un fatto importante e anche come si viveva sotto il fascismo era una cosa importante di cui si parlava moltissimo a casa. Ho l'impressione che a questa distanza di tempo in generale si sia persa la percezione di che cos'erano davvero queste cose e che cosa è stata la differenza fra prima e dopo la guerra in Italia. 

Se non sbaglio è stato Calamandrei che ha detto questa cosa bellissima, una metafora meravigliosa, che io non posso far altro che applaudire e cioè che la libertà è più o meno come l'aria quando ce l'hai non ti accorgi neanche di averla ma quando comincia a mancare diventa un problemino e ti accorgi di quanto valesse. Ora io ho come l'impressione che oggi un sacco di gente si sia dimenticata di quanto valgano certe cose che abbiamo raggiunto con fatica.

Poi qualcuno è sempre pronto a rinunciare a certe cose, certe libertà, senza rendersi conto che una volta che ci hai rinunciato è una brutta faccenda cercare di tornare indietro. Sono preoccupato per questa mancanza di memoria che vedo spaventosamente generalizzata. Ci si preoccupa del presente in un modo secondo me un po' sbagliato perchè non ci si preoccupa del futuro cioè cosa faccio oggi e cosa succederà fra 10 anni se faccio così...

Ho una certa e, da un certo punto di vista, potrei anche disinteressarmene ma ho dei nipoti e quindi ritengo che anche le generazioni future abbiano diritto ad un vita decente. C'è questo questa onda montante da molte parti che potrebbe causare disastri... se penso che tutto la politica mondiale è ferma perché devono eleggere il presidente degli Stati Uniti con Trump candidato che è uno di quei personaggi che può portarci al disastro perché diciamo che bada ai suoi interessi.

Ti sembrerò aristocratico ma quello che mi angoscia sempre un po' è la stupidità umana. 

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Vorrei chiudere con due note un po' più leggere. La prima riguarda l'intelligenza artificiale, argomento "caldo" degli ultimi mesi quando si parla di disegno e non solo. Qual è il tuo parere su questo strumento che pare rivoluzionario?

Che inizia a diventare un problema perché molti artisti vengono "scoperti" o peggio vengono ingiustamente accusati di utilizzarla che è la cosa che mi preoccupa di più. Lo strumento sarà anche rivoluzionario come dici tu però il mio parere, non rivoluzionario, è che come tutti gli strumenti creati dall'uomo può essere usato a fin di bene a fin di male, non ha in sé per sé una valenza morale. Dipende da chi lo usa.

Questa idea che l'intelligenza artificiale possa un giorno soppiantare e sostituire la fantasia oppure la creatività umana è piuttosto ridicolo perché è un strumento e cosa può fare uno strumento? Può fare molto più rapidamente delle operazioni che l'uomo gli ha insegnato, non può creare nulla. L'intelligenza artificiale proprio dal punto di vista filosofico può fare un'operazione di compilazione avere in memoria tantissimi input e obbedire a un eventuale comando che gli dica "fai questo mettendo insieme le cose che ritieni più performanti"... è come fare un collage di altre opere e tirar fuori un'altra opera. Questo è il vero problema.

La facilità con cui con questo strumento può creare dei "falsi" come nel caso del doppiaggio - non è una cosa inventata adesso ma adesso è più facile farlo - cioè qualcosa che sia difficile smascherare, tecnicamente perfetto. Poi c'è un problema più specifico che riguarda gli artisti. Più o meno un paio d'anni fa ci fu in Francia un grosso movimento, in cui fui parzialmente coinvolto, che portò la questione davanti al Parlamento Europeo di Strasburgo. La definizione del diritto d'autore di opere realizzate da strumenti elettronici o digitali. Si tratta di un problema legale molto grosso perché se uno mi copia un disegno pari pari io posso in teoria rivendicare il mio diritto d'autore. Qualche anno fa mi è capito che una pittrice americana prese un un certo numero di mie vignette e le rimontò realizzando dei quadri, fece anche una mostra. Lo venni a sapere dopo da un mio lettore. Fino a che punto posso rivendicare il diritto d'autore? Stessa cosa con l'intelligenza artificiale che mette insieme "pezzi di disegni". I confini sono labili.

Quando ero piccolo compravo Cucciolo, negli anni 50/60, con protagonisti la versione italiana di Topolino e Pippo. Disegni diversi la ma struttura era quella. Disney non fece causa alla casa editrice perché in realtà i cambiamenti erano sufficientemente nutriti diciamo così per essere un'opera diversa. 

È qualcosa che può mettere in difficoltà sicuramente sia disegnatori e gli sceneggiatori che hanno un certo riscontro e successo commercile soprattutto. Vedo un sacco di lavoro per gli avvocati perché non sarà facile stabilire se quello che è stato fatto con l'intelligenza artificiale sia una copia o qualcosa di "originale". Ne dico una tanto per dire, Zerocalcare dovrebbe preoccuparsi perché l'intelligenza artificiale potrebbe presto imitare il suo stile di disegno.

Per chiudere, come per altri strumenti, penso che la differenza la farà la qualità e l'intelligenza, umana, nell'utilizzo.

La seconda nota riguarda l'erotismo di cui abbiamo parlato prima. C'è un personaggio della tua produzione a cui sono particolarmente legato che è Sam Pezzo che è un personaggio, e un genere, che non hai più ripreso in maniera organica come hai ripreso altri personaggi come mai? Quale personaggio invece vorresti effettivamente riprendere?

Allora Sam Pezzo è stato il mio primo personaggio e entro certi limiti risente anche del fatto che oltre a essere acerbo come disegnatore ero anche abbastanza acerbo come sceneggiatore per esempio di lui non so chi siano i genitori mentre di Friedman lo so benissimo anche se non ne ho mai parlato fino ad oggi però so come si chiamano, dove abitavano eccetera. Sam Pezzo è un personaggio che dal punto di vista proprio narrativo è un po' meno approfondito diciamo così però ha un suo fascino soprattutto in Italia. Anzi direi quasi esclusivamente in Italia perché si riferisce soprattutto nella parte iniziale a un certo periodo della nostra storia che è grosso modo il 77 bolognese.

Perché non l'ho ripreso? Ci sono tante ragioni. Una è perché scrivere un giallo è difficilissimo. Ho una grandissima ammirazione per gli autori di gialli, soprattutto quello con lo stesso personaggio, perché anche se la struttura diventa sempre la stessa, le trame sono fantastiche e riuscire trovare sempre una situazione che sia inedita che possa avere un finale sorprendente in qualche modo. E poi nel fumetto non può funzionare alla stessa maniera, non puoi mettere tutta una situazione ingarbugliata poi dedichi le ultime 10 pagine al fatto che il detective spieghi tutto, cioè pagine e pagine di monologo... è insopportabile al cinema, a meno che tu non abbia un attorone nella parte, figuriamoci in un fumetto dove invece devi far venire fuori la storia man mano ma è molto difficile.

Un'altra ragione è che Sam Pezzo ha avuto successo e riscontro praticamente solo in Italia. Facendo fumetti per professione, nel modo più onestamente possibile fino ad oggi cioè non ho mai fatto nulla solo per soldi, devo tenere conto di poter "vendere" i miei libri anche all'estero con i diritti che ne conseguono. Questo mi ha permesso, e mi permette, di continuare a fare storie e soprattutto di farle come voglio io.

E poi Sam Pezzo l'ho fatto rivivere in molte vignette, nascosto, di altri fumetti! [ride - NdA]. Sono stato in dubbio di più una volta sul riprederlo perché c'è un aspetto che vorrei tornare ad utilizzare ed è il bianco e nero cioè rinunciare al colore che pure mi piace moltissimo mi diverte moltissimo intendiamoci, ma anche il bianco e nero ha un suo grande fascino. 

Quindi è possibile che uno dei prossimi libri lo faccia in bianco e nero, chissà... se avessi altri 200 anni a disposizione! Si dice che è meglio avere più idee che tempo per realizzarle tutte anziché avere tempo e non avere idee.

La seconda parte della tua domanda. Normalmente i personaggi non invecchiano... Corto Maltese, Asterix... mentre io con Jonas Fink ho voluto fare una serie in cui il protagonista invecchia e lui cambia con gli anni. Oggi questa cosa la sento come una contraddizione perché ho in mente molte storie oltre a quelle già fatte, anche di Friedman sia chiaro. Tutte queste altre storie però si svolgono in un arco di tempo limitato e per fortuna nessuno fa i conti bene dei giorni e dei mesi ma se qualche lettore si fermasse a riflettere potrebbe chiedere ma questo, Friedman, è sempre in viaggio? non lavora mai? e avrebbero ragione però è anche questa la bellezza del fumetto.

Maestro, grazie mille per la tua disponibilità! Spero che potremmo riprendere in futuro la nostra chiacchierata però di persona!

A me ha fatto molto davvero piacere. Sì, di persona lo spero anche io con l'uscita del nuovo libro. Dal Covid non ho fatto presentazioni e poco altro. Sei stato molto gentile e le tue domande molto interessanti.

 

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