Black Beach, cosa devi sapere dell'adrenalinico thriller di Netflix

Autore: Alessandro Zoppo ,

Una denuncia di chi favorisce la corruzione nel mondo, un esercizio di sincerità di fronte alle bugie e agli inganni mai smascherati, un grido d'accusa contro chi impone dittature democratiche per apparecchiare i piani della grande finanza internazionale.

Dopo una sfilza di acclamati cortometraggi e il debutto Amar, presente nel catalogo (erotico) di Netflix, Esteban Crespo torna dietro la macchina da presa con qualcosa di completamente diverso. Black Beach si inserisce nel filone dei thriller made in Spain che da qualche anno sta riscrivendo le regole del genere. Ma il film del 50enne regista madrileno abbraccia solo in parte i canoni tradizionali del thriller tosto e adrenalinico.

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Dietro #Black Beach c'è piuttosto un dramma d'azione che tiene il pubblico incollato alla poltrona grazie ai dilemmi etici che instilla nello spettatore e agli snodi inaspettati della trama.

Il protagonista di Black Beach è Raúl Arévalo, già apprezzato attore nel cast di film e serie spagnole in perfetto equilibrio tra autorialità e cinema di genere come il noir #La isla minima di Alberto Rodríguez e il poliziesco Antidisturbios di Rodrigo Sorogoyen, e regista e sceneggiatore del violentissimo revenge movie #La vendetta di un uomo tranquillo.

Arévalo è Carlos, un "lobbista buono" con un passato per ong e think tank e un presente a Bruxelles (non a caso: nella capitale belga sede del Parlamento europeo si contano 15mila lobbisti) per curare non l'assistenza umanitaria o lo sviluppo mondiale ma gli interessi di una corporation americana del petrolio.

D'altronde Carlos è il figlio di Elena (Paulina García, l'attrice cilena premiata alla Berlinale del 2013 con l'Orso d'argento per Gloria di Sebastián Lelio), una potente e influente politica che fa parte dell'Alto Commissariato per i diritti dell'uomo delle Nazioni Unite.

Tra dittatori ed élite senza scrupoli

Carlos ha un passato da mediatore in un immaginario paese dell'Africa nera, ma oggi preferisce difendere gli interessi dei più deboli partecipando a serate di gala a migliaia di chilometri dal Sud del mondo. Lo fa perché ambisce ad una promozione che lo spedisca a New York e perché la moglie Susan (Melina Matthews) è in dolce attesa.

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Quando il suo capo Graham (Claude Musungayi) gli affida una difficile missione, la vita di Carlos cambia completamente. L'incarico è complesso, ma non prevede azioni di forza o spargimenti di sangue, almeno in apparenza: il lobbista viene mandato in Africa, proprio su quell'isola che conosce alla perfezione e che ora è governata dal dittatore sanguinario Ndong che i big del petrolio e le colluse democrazie occidentali stanno cercando di "ripulire" agli occhi dell'opinione pubblica internazionale, per scovare l'autore del rapimento di un ingegnere statunitense della compagnia, preso in ostaggio da un sedicente gruppo di guerriglieri.

Questo "contrattempo" sta mettendo a repentaglio la firma di un importante contratto che vale miliardi di dollari. Durante la ricerca del presunto rapitore – l'amico Calixto (Jimmy Castro), ora sposato con la vecchia fiamma Ada (Aída Wellgaye) – Carlos è affiancato dalla spagnola Ale (Candela Peña), un'autista lesbica che vive su una barca con la sua compagna e che è rimasta fedele agli ideali che lui si è lasciato alle spalle. L'obiettivo è raggiungere al più presto Black Beach, una prigione dove il businessman ridotto a burattino nelle mani della multinazionale che lo guida scoprirà la verità sul sequestro e i segreti che si nascondono dietro di esso.

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Pris&Batty Films/Netflix
Un primo piano di Raúl Arévalo in una scena del film Black Beach
Il 'primermundista' Carlos

Black Beach è disponibile dal 3 febbraio su Netflix ed è arrivato nel catalogo di contenuti della piattaforma streaming dopo la selezione (in concorso) al 23esimo Festival di Málaga ed un breve passaggio nelle sale spagnole.

Il film nasce dalla "vita precedente" di Crespo, un passato da architetto in Africa, già raccontata in alcuni documentari in Namibia e in Botswana e nel cortometraggio Aquel no era yo, premiato ai Goya del 2013 come miglior corto.

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Il titolo, Black Beach, si riferisce a un vero carcere della Guinea Equatoriale: Playa Negra si trova sull'isola di Bioko ed è il luogo dove sono rinchiusi gli oppositori politici al regime di Teodor Obiang e del figlio Teodorino. È una zona off-limits per gli organismi internazionali che si occupano di diritti umani.

I legami tra gli Ndong del film e gli Obiang del regime di Malabo non finiscono qui. Obiang e la sua famiglia viaggiano infatti indisturbati in giro per il mondo e frequentano i più prestigiosi luoghi del potere democratico europeo, dai salotti del Forum di Pace di Parigi organizzato da Emmanuel Macron all'Eliseo al corpo diplomatico africano in Italia.

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Il regista ovviamente non ha girato in Guinea. Il film si ispira alla situazione guineana, ma la sceneggiatura di Crespo e David Moreno è frutto di fantasia. "Non volevamo ambientare il film in un paese specifico perché pensavamo che non fosse etico, in modo da non fare parallelismi", spiega Crespo a El Periodico.

La maggior parte delle riprese in Africa sono state fatte in Ghana: la Black Beach che si vede nel film è un vecchio forte portoghese che veniva usato per il commercio degli schiavi. Il resto delle location sono le Canarie, Madrid e Toledo. Paradossalmente, una delle scene più pericolose da girare è avvenuta proprio nella città castigliana: l'inseguimento di Carlos con l'esercito di Ndong che gli dà la caccia nello slum.

La baraccopoli è stata ricostruita in una caserma dell'esercito, dove il set è stato assalito dalle zecche, la temperatura raggiungeva i 40 gradi, diverse persone della troupe si sono ammalate e sono state costrette al ricovero in ospedale, in un caso persino per un attacco di appendicite. La scena con l'elicottero colpito dal lanciarazzi che precipita ed esplode è stata girata in tempi record: appena tre giorni. Il reparto di effetti digitali ha fatto il resto in postproduzione.

Un 'primermundista' europeo in Africa

"L'Africa di Black Beach è raccontata dal punto di vista di un 'primermundista' europeo, non racconta la vita quotidiana della gente comune", precisa il regista in un'intervista all'Agencia EFE.

Il personaggio di Carlos subisce una forte evoluzione nella seconda parte del film, una crescita familiare e professionale, personale ed interiore. "Conosce fin dall'inizio tutte le bugie che lo circondano, anche se le ha sempre viste come parte di un sistema corrotto. Ma quando viene coinvolto in prima persona, è costretto a subirle. È lì che si trovano le sue ragioni", aggiunge Arévalo a EFE.

"Mamá Claudina non pensava che tu fossi cattivo: solo che portassi cattiva sorte", dice Eva (Fenda Drame), la sorella di Calixto, a Carlos in uno dei momenti più drammatici del film.

Il protagonista viene da un passato e da una classe sociale completamente diversa da quella delle persone che tenta di salvare. Ad unirlo a loro è una catena di eventi tragici che trasforma la sua vita in un dramma del quale non può più liberarsi.

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Black Beach è a tutti gli effetti un melodramma almodovariano avvolto in una forma action thriller sui legami contraddittori che gli europei sentono nei confronti del continente nero. Crespo conosce bene la materia: il regista rivela al Periodico di aver vissuto in Guinea tre anni e "questo ti fa relativizzare molto i tuoi problemi, le cose che ti interessano in Spagna sono totalmente secondarie".

Quello che mi interessava di più raccontare con Black Beach è stato il passaggio dal macro al micro. Nel film c'è un ecosistema di ingiustizie sociali e ho voluto analizzare come tutto questo influisce sulle persone.

La chiave di Black Beach sta in due questioni fondamentali: fino a che punto siamo pronti a spingerci e a sporcarci le mani? Solo quando subentra un coinvolgimento emotivo personale siamo disposti a cambiare il mondo?

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Questo dramma della morale camuffato da thriller politico è stato assai apprezzato e premiato in patria. Black Beach si è guadagnato sei candidature ai premi Goya 2021, tra le quali spiccano quelle per la migliore fotografia (Ángel Amorós) e i migliori effetti visivi (Raúl Romanillos e Jean-Louis Billard).

La missione di Crespo, ammessa a Malaga Hoy, è raggiunta: realizzare "un film che commuove, ma allo stesso tempo che diverte e intrattiene" su "temi fondamentali della vita: i tradimenti, come affrontare il passato, la paternità e la perdita".

E magari far pensare al pubblico mondiale raggiunto grazie a Netflix che gli stipendi esentasse e le diarie di un qualsiasi lobbista di Bruxelles basterebbero a sfamare interi villaggi africani.

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