Prendi a cazzotti il nazista: prime impressioni Hunters, la serie Amazon con Al Pacino

Autore: Elisa Giudici ,

Sono sempre stata una fervente sostenitrice della formula un episodio a settimana per la diffusione delle serie TV. Nel caso di Hunters, il mio primo pensiero dopo aver visto i due episodi introduttivi della prima stagione è stato proprio che questa serie è tanto e troppo da digerire tutto insieme in una binge da fine settimana. Non è nemmeno una questione di minutaggio, anche se l'impegno è notevole: 10 episodi che veleggiano attorno ai 90 minuti di durata sono una visione tutt'altro che marginale da strizzare qua e là. 

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Quando una serie è fatta bene o ha molto da dire (le due circostanze non sempre convergono) se consumata bulimicamente spreca molto del suo potenziale nel post visione, annullando la capacità di creare aspettativa, dialogo e comunità attorno ai suoi contenuti. Vista tutta insieme "a botta" una serie è un fluire di colpi di scena, svolte narrative, eventi quasi indistinguibile, che produce una fiammata di dibattito critico e social della durata di una settimana scarsa per poi sparire dalle memorie sino alla stagione successiva, salvo rare eccezioni.

La fiammata che genererà Hunters probabilmente si vedrà da molto lontano, perché non è esagerato definirla una novità incendiaria. Ci sono di mezzo i nazisti e l'Olocausto, quindi la delicatezza del tema rende automaticamente controversa ogni possibile deviazione dal racconto documentaristico delle drammatiche vicende legate allo sterminio del popolo ebraico voluto da Hitler. Qui più che una deviazione c'è proprio una partenza in tangente verso territori mai tentati prima su questa scala.

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La squadra di cacciatori di Meyers
La squadra di cacciatori di Hunters è formata da individui molto variegati, tutti invariabilmente sopra le righe

Hunters guarda ai supereroi, ai B movie anni '70, all'ultra violenza di un certo racconto dell'America urbana degli ultimi (solitamente i neri) e delle narrazioni di genere (il pulp, il noir, i comics pensati da nerd per nerd). Soprattutto, Hunters è pura fiction, racconto inventato creato sulla base di quanto avvenuto nei campi di concentramento e amplificato fino ad assumere i toni ultra e oltre dei B movie. 

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Insomma, Hunters farà discutere. Non potrebbe essere altrimenti per una serie che per i propri fini narrativi inventa una serie infinita e piuttosto sadica di morti e torture: alcune vanno a colpire i nazisti rifugiatisi negli Stati Uniti in incognito, altre però riguardano i prigionieri nei campi di concentramento. Quant'è moralmente accettabile creare episodi sadici e violenti e ambientarli nei lager, teatro infinito di sadismo e torture drammaticamente reali? A Hunters non manca certo l'ardire di giocare con l'intoccabile. L'intento però non è di smitizzare o ridicolizzare l'Olocausto. Anzi. Uno degli aspetti affascinanti della serie è quanto sia figlia della cultura e della religione ebraica, tanto che risulta a tratti impenetrabile per un gentile. A un certo punto Al Pacino dice a Logan Lerman che:

La Torah è il fumetto originario.

Forse non c'è sintesi migliore dell'operazione Hunters, che come poche altre merita di essere rilasciata a poco a poco, per metterci tutti attorno all'Internet e discuterne. Se l'ambizione e l'audacia sono encomiabili, non è detto che il risultato sia poi così positivo. 

Jewsploitation

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C'è chi scomoderà Tarantino e le sue ricostruzioni storiche alternative per parlare della storia di Jonah, giovane ebreo nella New York del 1977 che perde l'amata safta in quello che sembra un drammatico tentativo di rapina e poi scopre che ad ammazzarla è stato un nazista che aveva incontrato nei campi di concentramento. Sono ovunque e sono tra noi, verrebbe da dire sentendo il faccendiere milionario interpretato da Al Pacino spiegare al ragazzo come i gerarchi del Terzo Reich vivano in America, in incognito e invisibili. Le autorità se ne fregano, così gli ebrei fanno da sé: il Meyer Offerman di Al Pacino sembra il vendicativo protagonista di un film della blaxploitation, in una storia che ha davvero poco a spartire con la vera caccia al nazista che ebrei come Simon Wiesenthal condussero per mezzo mondo. 

Una versione alternativa e ultra violenta della storia ufficiale, volta a prendere i nazisti a cazzotti? Tarantino, verrebbe da dire. Invece qui c'è lo zampino evidente della Monkeypaw Productions di Jordan Peele, tanto che si può quasi parlare di Jewsploitation. Non a caso il setting è quello degli anni '70, dove ogni cosa - dalla moda ai fumetti - diventa una faccenda dannatamente politica e pulp. Il giovanissimo creatore e sceneggiatore della serie David Weil lo ha spiegato a più riprese: a sentire i racconti dei sopravvissuti all'Olocausto gli sembrava di ascoltare il racconto degli eroi dei comics. Hunters vuole trasmettere questa sensazione e riserva questa genesi per il suo protagonista Jonah. Quello interpretato da Logan Lerman è il prototipico sfigato nerd, cervello sveglio e lingua veloce quanto le gambe per scappare dai prevaricatori del quartiere. Insomma, un nuovo The Boys, con i nazisti al posto dei supereroi e gli sfigati umani che diventano sfigati ebrei o neri. 

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Jonah e i suoi amici sfigati discutono a Coney Island
Jonah è il prototipico nerd che rimane invischiato in una caccia al nazista

Il personaggio tipicamente nero di certa produzione degli anni '70 diventa ebreo: lo stigma è simile e lo scambio è riuscito. Poi c'è un sovrastrato di cultura nerd e citazionismo religioso che dà alla serie un sapore autenticamente cult. Mentre Al Pacino inanella citazioni dalla Torah e termini ebraici che confondono il protagonista non religioso e lo spettatore non ebreo, Jonah s'interroga con i suoi amici se Darth Vader non sia cattivo in quanto simbolo dell'uomo afroamericano, o se dentro di sé non pensi di essere il buono che sta salvando la galassia proprio mentre la distrugge. 

Alla fine del secondo episodio una poliziotta di nome Millie si chiede stupita se la fiaba di Hänsel e Gretel non contenga in sé una simbologia nazista: i due splendidi bimbi biondi che bruciano viva in un forno una vecchia ricca che vive al limitare del bosco, lontana da tutti, quasi fosse in un ghetto. Additata come una strega, o forse è un altro modo per intendere ebrea? Sono questi incroci di cultura ebraica e cultura pop i momenti più riusciti di Hunters, che spesso smorza i toni violentissimi e drammatici che circondano la storia con omaggi e citazioni pescati dal cinema, dalla Torah e dalla TV. 

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La squadra di cacciatori entra in un locale
New York anni '70, tra pulp e noir, ma con il 200% in più di nazisti: questo è Hunters

Quando fa sul serio tende a stupire, ma non sempre in positivo. Al centro della storia c'è la Caccia (rigorosamente con la c maiuscola) a cui allude il titolo e a cui fa continuamente riferimento il personaggio di Meyer. Forte del suo denaro, l'uomo ha messo insieme una squadra di cacciatori - sopravvissuti ebrei e gentili dalle abilità specifiche - per ritrovare i nazisti infiltrati nella società americana e dispensare loro una giustizia da occhio per occhio, dente per dente.

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La serie riesce quasi ad eguagliare il sadismo del Reich nell'escogitare nuovi, trucissimi metodi per torturare i nazisti e i suoi protagonisti. In due soli episodi Jonah viene pestato, preso a freccettate da un nazista che minaccia di centrarlo in un occhio, mentre un uomo viene stordito fino alla sordità con degli amplificatori e una ex ricercatrice nazista finita alla NASA viene gasata nella sua doccia (l'omicidio più geniale di tutti). 

A rivelarsi particolarmente controversi saranno probabilmente i flashback nei lager in cui vengono inventate torture ex novo inflitte agli ebrei presenti. Non è una questione di essere bacchettoni a livello storico. Trasformare i sopravvissuti in vendicatori ebrei e poi fargli fare i conti con la moralità della loro rivalsa è un'idea tanto audace quanto geniale. È un problema di opportunità e di toni intermedi, praticamente assenti nella serie. Hunters vuole spingere sempre al massimo, cerca di essere estremo in ogni svolta, fino a rendere insensibile lo spettatore.

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La suora armaiola di Hunters
La suora di Hunters è uno dei personaggi più eccessivi e geniali della Caccia

Quel che è peggio, fino a infilare qualche errore narrativo e logico rilevante in un fluire altrimenti brillante dell'azione. I suoi intelligentissimi personaggi incappano in errori stupidi perché la serie non può farne altro per uscire dall'angolo in cui ogni tanto si va a cacciare. Hunters pecca talvolta d'ingenuità inaspettate. Se voi sentiste una canzone che è palesemente un codice, lascereste solo con un nazista nell'altra stanza l'esperto di decrittazione del team? 

Cacciati e cacciatori

La Caccia di cui i protagonisti non sono inizialmente consapevoli è quella a cui hanno dato inizio i nazisti presenti su suolo americano. Comandati da un misterioso Colonnello, i seguaci del Führer sembrano da subito sin troppo organizzati e attivi per essere dei fuggitivi che tentano di nascondersi con una nuova identità. Hanno il loro killer sadico e i loro intrallazzi con la politica, che tentano di pilotare con ricatti e minacce. D'altronde sin dalla bellissima sigla d'apertura il motivo della scacchiera è centrale: non è una caccia in solitaria, è una partita a due in cui a vincere è chi fa scacco matto. La posta in gioco è altissima e quasi eterna: 

Solo i morti conoscono la fine della guerra.

Mentre il gruppo di cacciatori ebrei comprende che i nazisti tramano qualcosa e mentre i tedeschi capiscono che qualcuno è sulle loro tracce, una poliziotta afroamericana di nome Millie indaga su un delitto che la porterà nel fuoco incrociato delle due fazioni. A contorno dello scontro a distanza e finale tra Meyer e il Colonnello c'è tutta una serie di personaggi eccessivi e iconici. Dai primi due episodi non si può che citare il ritorno di Dylan Baker - amatissimo personaggio ricorrente di The Good Wife - che nel suo repertorio sembra non comprendere altro che pazzi sadici e sanguinari. 

Hunters saprà tenere testa alla sua sfida?

L'esito della serie è davvero incerto, così come quello della Caccia. Leggendo le impressioni della stampa statunitense - che ha visto tre episodi in più di quella nostrana - l'impressione è che man mano che procede verso il suo apice, la serie fatichi a conservare un certo equilibrio e a non cadere vittima del suo stesso eccesso.

Quel che è certo è che Amazon ha dato il massimo, in termini di libertà creativa e di produzione. Il lavoro sui set è pazzesco: anche gli interni abitativi sono volutamente poco realistici, con esplosive carte da parati e arredamenti dove dominano colori violenti come il rosso e il nero. Sui muri delle case ricorrono simboli (i fenicotteri, le ondate di sangue) che poi si riveleranno quasi premonitori. 

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L'attore Dylan Baker diventa un nazista in incognito in Hunters
Dylan Baker è uno specialista di ruoli controversi ed estremi

Altra nota di merito, la splendida regia del primo episodio di Alfonso Gomez-Rejon. Lo si teneva d'occhio sin da Edison - L'uomo che illuminò il mondo, un film medriocre che non si meritava una regia così dinamica e creativa. Qui i movimenti di camera sono volutamente eccessivi e sfacciati, condotti dal regista con un'audacia che spesso maschera qualche ingenuità della serie. È un peccato che a seguire gli dia il cambio Wayne Yip, che fatica un po' ad uniformarsi al suo stile. 

Difficile dunque dare un giudizio definitivo su Hunters, che certo però sa fornire da subito validi motivi per diventare una visione obbligata: se la ameremo, odieremo o criticheremo aspramente è un giudizio tutto da formare e che un'uscita settimana per settimana avrebbe reso più affascinante e semplice formare. Rimangono alcuni punti certi: l'acume di Amazon nel produrre serie che abbiano qualcosa da dire di forte, l'audacia di David Weil nell'esordire con un progetto tanto iconoclasta, la consumata abilità di Al Pacino (e di attori sottovalutati come David Baker), in grado di non perdere un'oncia di classe anche quando immersi nel pulp. 

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Scopriremo la verità sulla prima stagione di Hunters a partire dal 21 febbraio 2020, quando sarà disponibile su Amazon Prime.

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