Il mio capolavoro, la recensione: una pennellata di cinismo ritrae l'amicizia e l'arte

Autore: Elisa Giudici ,

In anticipo di qualche anno sulla realtà e sul trend cinematografico relativo (vedi The Wife), nel 2016 il regista argentino Gastón Duprat in coppia con il collega di sempre Mariano Cohn girava Il cittadino illustre, un film tanto ricco di idee sferzanti quanto povero di mezzi produttivi. Così povero da quasi dimezzare la portata di una storia artistica universale e particolare, di un cinismo quasi grottesco eppure cristallino.

Due anni più tardi le carte sono sempre le stesse, ma rimescolate: Gastón Duprat si prende tutta la regia e coscrive la sceneggiatura insieme ad Andrés Duprat, mentre Mariano Cohn si occupa della regia. Anche il festival è lo stesso, Venezia. Cambia però l'ambito artistico: Il cittadino illustre aveva come protagonista uno scrittore premio Nobel, Il mio capolavoro invece un pittore che ha conosciuto un periodo d'oro negli anni '80, ma non ha saputo mantenersi attuale e desiderato sul mercato dell'arte di Buenos Aires.

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Renzo Nervi è stato trattato
Squattrinato e scontroso, Renzo si aliena ad uno ad uno i pochi contatti umani che gli sono rimasti

Il risultato qualitativo delle due pellicole invece è piuttosto differente, pur continuando a batter chiodo sul nucleo narrativo più duro del cinema di questo terzetto argentino: quello che riguarda la creazione (o per meglio dire la produzione) artistica e il conseguente difficile rapporto tra creatore e opera, tra arte e commercio. Dalla sua parte Il mio capolavoro ha una produzione decisamente più curata: il solo noleggio dell'auto che guida il protagonista Oscar Martínez nella prima scena del film deve essere costato più o meno come una bella fetta di minutaggio del film precedente. Dall'altra sfortunamente a farsi meno incisiva è proprio la scrittura del film stesso: Il mio capolavoro è tutt'altro che un caposaldo, pur risultando un film godibile e di un certo spessore narrativo. 

Il mio capolavoro, la trama del film

Arturo (Guillermo Francella) è un gallerista di Buenos Aires, insoddisfatto di come vanno gli affari. Negli anni '80 il suo sodalizio commerciale con l'amico pittore Renzo Nervi (Luis Brandoni) gli ha garantito una certa fortuna, ma i tempi d'oro sono ormai passati. Nervi sopravvive alle spalle dell'amico, vendendo pochissimo e diventando ogni giorno più intrattabile e scorbutico. Il mio capolavoro viene narrato dal punto di vista di Arturo, che si presenta come un gallerista e un assassino innamorato dell'atmosfera unica di Buenos Aires. Lo spettatore dovrà però attendere tutto il film per scoprire chi sarà la sua vittima, dopo essere stato testimone dei brutti tiri e delle angherie che Renzi fa subire ad Arturo, nonostante quest'ultimo sia rimasto il suo unico sostegno umano ed economico. 

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Per sommi capi il precedente paragrafo riassume la prima parte del film, che trascorre agilmente grazie ai continui scherzi crudeli che Renzo gioca ad Arturo, apparentemente incapace di far valere le proprie ragioni o abbandonare l'amico in piena fase distruttiva a sé stesso. Arturo sembra quasi genuflettersi di fronte ai capricci e alle contraddizioni dell'amico, ancora ammirato come il primo giorno di fronte alle sue tele potenti e ironiche, disposto a sopportare il suo opportunismo e la sua irritabilità per continuare ad essere suo amico e suo gallerista.

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Guillermo Francella nei panni di Arturo
Arturo si presenta come un gallerista e un assassinio, con un crimine tutto da raccontare allo spettatore

Nella seconda parte del film invece la riflessione sul mondo dell'arte viene messa un po' da parte in favore in favore di un crescendo ricco di colpi di scena, che liquida con un'ironia più leggera e stereotipata la riflessione sul mondo dell'arte contemporanea (il suo snobbismo e la sua autoreferenzialità) per concentrarsi sulla bizzarra, duratura amicizia tra i due protagonisti. 

Il mio capolavoro, la recensione del film

La Palma d'Oro 2017 a The Square è stato il primo importante riconoscimento al ritorno in voga di un certo cinema che prende di mira lo snobbismo, il classismo e la vacuità del mondo dell'arte contemporanea, sempre pronta a diventare business ma raramente vicina ai sentimenti e agli scopi di chi l'ha generata. Da El Artista a The Wife - Vivere nell'ombra, è stato tutto un susseguirsi di storie che tentano di fare luce sul lato oscuro dell'artista. 

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Il mio capolavoro sembra promettere però quello che non può mantenere. Infatti la prima parte del film scorre via molto agilmente in un crescendo che ha il sapore del conto alla rovescia. Renzo è incurante della conseguenze delle sue azioni (artistiche e non), avviato su una spirale distruttiva in cui Arturo cerca senza successo d'intervenire. Da qualche parte nella mente dello spettatore rimane sospesa a mezz'aria la promessa di un omicidio, di un risvolto ancora più macabro. 

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Duprat sul set di Il mio capolavoro
Duprat si prende sulle spalle la regia da solo, mentre il collega Mariano Cohn passa alla regia

Quando però supera la metà del suo contenuto minutaggio (appena 100 minuti), la pellicola s'avvia per una strada fatta di continui colpi di scena, alcuni così convenzionali da rasentare il passaggio obbligato; un bivio in cui s'imbocca sempre il sentiero conosciuto. La riflessione sull'arte e sulla difficoltà di sbarcare il lunario mantenendo la propria integrità artistica vengono decisamente messe da parte, accendendo i riflettori sul rapporto d'amicizia (lungo una vita) tra i due protagonisti.

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Nessuno dei due filoni narrativi viene però mai abbandonato davvero, dando al film una bizzarra andatura sincopata. A tratti Il mio capolavoro vuole essere cinico e deridere il suo raffinato pubblico di frequentatori di vernissage, salvo poi buttarsi a capofitto nel cinema più popolare e convenzionale, raccontando in chiave comica l'amicizia tra due uomini profondamente diversi per stile di vita, ma che nonostante tutto si stimano reciprocamente. Il risultato è un film che manca un po' il punto, sussurrando affermazioni contrastanti, senza declamare con forza e chiarezza un'unica idea. Da parte del "solitario" Duprat non c'è la voglia (perché in passato la capacità ha dimostrato di possederla) di essere ancora più ambizioso, di sfruttare appieno una produzione decorosa. Ci si "accontenta" di un bel film argentino con un paio di trovate genuinamente divertenti e un duo di protagonisti amici e nemici molto affiatato. 

Il mio capolavoro arriverà nelle sale italiane dal 24 gennaio 2019.

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Commento

cpop.it

65

Duprat torna a parlare delle contraddizioni tra l'essere artista e l'essere uomo, ma sembra cronicamente indeciso se realizzare un film cinico come Il cittadino illustre o una commedia sull'amicizia.

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