Men in Black: International, la recensione: facce nuove, storia vecchia

Tessa Thompson e Chris Hemsworth formano la nuova coppia comica alla guida del ritorno dei Men in Black, ma il film non brilla a causa di una comicità stanca. La recensione di Men in Black: International.

Autore: Elisa Giudici ,

Non era un'impresa semplice tirar fuori un nuovo film con i Men in Black dal cappello, in un universo cinematografico estivo in cui gli action e in blockbuster boccheggiano, tiranneggiati dalla supremazia dei cinecomics. La saga originaria traeva la sua forza da una serie di fattori (i bizzarri alieni, il contrasto illusionistico continuo tra ciò che sembra grande e in realtà è piccolo e viceversa, la verve comica delle vicende narrate) ma aveva come punto di riferimento imprescindibile Will Smith, attorno al cui personaggio era stata modellata tutta la vicenda. In quegli anni l'attore afroamericano era il Re Mida di Hollywood e interpretava una serie di personaggi ricalcati sulla sua immagine di bravo ragazzo dalla battuta pronta e dallo slang giovanile e "da ghetto" (con tutte le virgolette del caso), il nuovo eroe afroamericano che piaceva all'America tutta. 

A sostituirlo di fatto non c'è nessuno. Il duo di protagonisti del film - Tessa Thompson e Chris Hemsworth - sono attori a tutto tondo e non necessariamente specializzati nella commedia. Tuttavia Chris Hemsworth ha dimostrato di poter essere particolarmente brillante in ruoli ironici e basati su una comicità divertita. Tessa Thompson ha già mostrato altrove di avere una buona chimica con l'attore e la sua presenza - femminile e afroamericana - è perfetta per dare al film quell'aggiornamento contemporaneo richiesto per giustificare una mera resurrezione dettata dal Dio marketing.

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I protagonisti di Men in Black: International nella sede dei MIB
Thompson e Hemsworth hanno già dimostrato di essere un buon duo comico

Il problema è che, a parte la scelta dei protagonisti, Men in Black: International fa davvero pochissimo per tentare di non vivere esclusivamente sulla fama dei suoi predecessori.

Nuovi agenti, vecchie battute

La ricetta di Men in Black non è nemmeno così complicata: alieni bizzarri, comicità veloce, una certa dose di action. La stessa saga originale ha ripetuto, capitolo dopo capitolo, questa formula più che collaudata, ignorando parecchi spunti propri della vicenda e potenzialmente intriganti. Per esempio il bizzarro mondo segreto, burocratico e un po' paranoico dell'Agenzia si sarebbe ben prestato a una riflessione ironica, un parallelismo con i veri servizi d'Intelligence statunitensi in un film dedicato. Men in Black: International in un certo senso cerca di rivolgere la sua attenzione all'interno del mondo dei Men in Black ma lo fa con il pretesto più abusato, prevedibile e noioso possibile. 

A guidarci nelle fasi iniziali del film è Molly (Tessa Thompson), una giovane donna cresciuta con l'ossessione di ritrovare gli strani uomini in nero che ha visto da piccola. Gli agenti hanno cancellato la memoria dei suoi genitori ma non la sua, così la ragazza cresce sapendo che esistono gli alieni (ne ha incontrato uno) e che qualcuno se ne occupa, fermamente decisa a far parte di questa squadra. Molly è determinata, carismatica, incredibilmente preparata e intelligente, ma al film questo importa poco o niente: non appena riuscirà ad entrare nei Men in Black come agente in prova e incontrerà l'agente H (Chris Hemsworth), diventerà una novellina qualsiasi, relegata al ruolo di comprimaria e spalla.

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I Men in Black osservano un congegno nel deserto
Nessuno dei suoi protagonisti ha un'evoluzione narrativa di sorta

Il fatto che il film dia il ruolo di protagonista a Hemsworth non appena appare in scena non si rivela una mossa molto furba. Primo perché se il personaggio di Molly ha poco da dire, quello dell'Agente H è tutto giocato su un conflitto di cui alla fin fine non ci viene detto granché, rivelandosi un sostanziale buco nell'acqua. Secondo perché l'interprete di Thor non è Will Smith, ovvero non ha una comicità innata fatta di guizzi e improvvisazioni, bensì quella tipica dell'attore che si rifà sempre a una sceneggiatura. Qui la scrittura del film è il vero tallone d'Achille dell'operazione. 

#MIBtoo

Per la maggior parte del tempo Men in Black: International non fa ridere, anzi, imbarazza il suo pubblico con quella sospensione dell'azione in attesa della risata in sala che puntualmente non arriva. Si assiste con noia e con un certo imbarazzo al tentativo d'intrattenere lo spettatore con battute ormai usurate (wow, nel Regno Unito il volante è a destra, che stramberia!) o peggio, ignare di quanto la sensibilità collettiva sia cambiata negli ultimi anni. Approcciare i cinema a pochi anni dal #MeToo con un film che vede entrambi i protagonisti inquadrati in uno scenario sessuale non esattamente positivo e per giunta a puro scopo comico è un suicidio in termini di resa e di critica.

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M e H ispezionano un negozio
I Men in Black nel 2019 non hanno una storia all'altezza delle loro capacità

Se le prodezze amorose di Hemsworth (oggetto di una sorta di ricatto sessuale a inizio film) sono ambigue, è francamente grave che nel 2019 l'eroe positivo di un film per famiglie metta la sua collaboratrice - per quanto giovane, inesperta e a lui ancora sconosciuta - in una situazione in cui riceverà le attenzioni non richieste di un alieno.

In sala scende il gelo e a ben vedere, perché MIB rende il personaggio di Hemsworth meschino in maniera involontaria, dimostrandosi incapace di costruirne una redenzione o una qualsivoglia evoluzione, pasticciando in un film che non ha dalla sua nemmeno un colpo di scena o una scelta coraggiosa. D'altronde alla base del film c'è il più classico degli intrecci "c'è una talpa tra di noi", così usato e abusato dagli action negli ultimi 20 anni (vedi Mission:Impossible, Jason Bourne, 007 e tantissimi altri) che andrebbe evitato o quantomeno usato con estrema cautela.

Men in Black: International è nelle sale italiane dal 25 luglio 2019.

Commento

Voto di Cpop

50
Thompson e Hemsworth hanno già dimostrato di poter funzionare in chiave comica, ma qui manca la materia prima: il film non brilla a causa di una sceneggiatura molto prevedibile e sciatta.

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