Neruda, la recensione: Pablo Larraín gira un biopic e un'opera d'arte

Autore: Elisa Giudici ,

Questa recensione ha il solo scopo di evitare che venga compiuto un torto ai danni di Pablo Larraín, uno dei più grandi cineasti viventi e figura simbolo della scena artistica odierna del Cile, per non parlare del suo peso nella cinematografica sudamericana contemporanea. 

È probabile che, al di fuori dei cinefili più attenti, il suo nome non risulti familiare. Forse invece ha cominciato ad esserlo dopo la partecipazione in concorso a Venezia 73, dove il suo Jackie ha consentito a una splendida Natalie Portman di ritorno dalla prima gravidanza (ma già in attesa del secondo figlio) di mettersi sotto i riflettori e da dare l'inizio non ufficiale alla corsa gli Oscar.

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In attesa di Jackie ecco Neruda di Larrain
Gael García Bernal insegue Neruda

Eppure Jackie è stato tutto fuorché un trionfo a Venezia 73, dove si è comportato da pellicola al servizio della sua protagonista, così come era successo per Black Swan di Darren Aronofsky (non a caso produttore del film). Insomma, a voler essere cinici (e probabilmente veritieri) Jackie è il classico obolo che i registi stranieri devono pagare alla vecchia Hollywood per entrare nelle sue grazie e nelle sue produzioni. I fedelissimi del regista cileno però hanno evidenziato come in questo caso, forse per la prima volta nella sua carriera, il suo talento sia imbrigliato, spinto da una sceneggiatura non sua e da una lingua straniera a rimanere in un territorio molto più tradizionale del suo standard. 

Fermo restando che Jackie è uno dei film più attesi dell'autunno, se siete curiosi di vedere Pablo Larraín al pieno delle sue potenzialità vi conviene non perdervi Neruda. Pochi cineasti riescono a passare a Cannes fuori concorso con quello che poi è stato unanimemente acclamato come il miglior film dell'annata e pochi mesi dopo portare un film più che dignitoso a Venezia. Quasi nessuno però è Pablo Larraín, un regista capace di prendere un'icona del proprio Paese, il poeta e scrittore premio Nobel Pablo Neruda, e renderlo protagonista di un biopic strabiliante, che sconfina nel territorio dell'arte.

Il presupposto è quello classico del film biografico contemporaneo: narrare gli ultimi anni di vista del poeta, costretto alla fuga e all'esilio dopo l'ascesa di Augusto Pinochet nel 1973. Il referto ufficiale parla di attacco cardiaco, ma le circostanze della sua morte sono così misteriose che in realtà poco o nulla si sa di come morì o fu ucciso uno dei cileni più celebri al mondo. 

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A partire dall'ottima sceneggiatura di Guillermo Calderón e sfruttando al meglio la somiglianza fisica e l'ottima perfomance di Luis Gnecco, Pablo Larraín tira fuori un'autentica opera d'arte, un film tra i migliori della sua già ottima produzione. Neruda è un biopic che non ha paura di esagerare, cadere nel fantastico e nell'iperbole, immaginare e mentire.

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Gael García Bernal	in Neruda
Gael García Bernal nella sua miglior performance da anni

È quanto di più lontano a un report realistico degli ultimi mesi di vita di Neruda ci possa essere, perché rende omaggio al suo protagonista trasformando la sua biografia in una sua opera letteraria. Neruda è un film sottilmente ambiguo e sensuale, trasformista, immaginifico, eppure radicato nelle convenzioni dell'epica classica. Abbiamo un eroe ambiguo e molto bravo a nascondersi e a trasformarsi, Neruda, e poi abbiamo un cattivo, o forse un buono, il poliziotto che lo insegue. Gael García Bernal si affida a Larraín e tira fuori la sua miglior performance da molti anni a questa parte. Il suo poliziotto che insegue il poeta, traditore ed eroe nazionale al contempo, è anche un personaggio consapevole del suo ruolo marginale all'interno della trama del film (una vera e propria ossessione metaletteraria). La sua fissazione per Neruda e la sua cattura equivale l'attenzione con cui il poeta gli sfugge e gli parla, attraverso i libri che dissemina come indizi dietro di sé. 

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Il legame che si crea tra i due in un contesto alla Prova a Prendermi dall'odio sconfina nell'ammirazione e nell'amore, fino a creare un intrigo tra il romantico e il tragico, che sfocia in un finale western: in Neruda c'è una delle rarissime sequenze in cui il realismo magico sudamericano è sbarcato indenne al cinema

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Neruda arriva la cinema il nuovo film di Pablo Larrain
La locandina del film

Consapevole di avere tra le mani una grande sceneggiatura e desideroso di rendere omaggio a Neruda (ed esprimere un'opinione molto forte sulla morte del poeta vate cileno), Pablo Larraín tira fuori un film straordinario, sfruttando anche la sua influenza sul cinema del suo continente; si permette persino di scomodare l'attore sudamericano più noto al mondo, Alfredo Castro, per dargli un ruolo importante ma tutto sommato marginale. D'altronde a lanciarlo nel circuito festivaliero ci ha pensato in larga parte lui.

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Insomma, anche se i giornali e le TV parleranno di Pablo Larraín solo come regista dell'americanissimo Jackie, voi date retta ai cinefili e non perdetevi uno dei migliori film dell'anno: Neruda. Il film cileno se la gioca curiosamente con una pellicola davvero simile, il biopic tedesco su Stefan Zweig, per il titolo di film biografico dell'anno. Due romanzieri protagonisti, due letterati perseguitati da un regime, due storie sudamericane: secondo chi vi scrive, si tratta in entrambi i casi di due film imperdibili. 

Neruda sarà nelle sale italiane a partire dal 13 ottobre 2016

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