Prima che il successo del giallo nordico tingesse di rosso sangue e orrendi delitti l'intera penisola scandinava, lo stereotipo della vita nell'Europa del Nord era fatto di distese infinite di neve, piccole cittadine ordinate e sicure e un'alta percentuale di chiome biondissime. Poi sono arrivati Stieg Larsson con la trilogia Millennium (che presto tornerà al cinema) e Jo Nesbø con i casi di Harry Hole a fondare il mito degli inarrestabili e deviati serial killer nordeuropei. In occasione dell'uscita del suo nuovo romanzo Sete, durante un'intervista Jo Nesbo stesso mi ha assicurato che Oslo rimane una cittadina tranquilla ai limiti del sonnolento e il sangue si limita a scorrere tra le pagine dei suoi thriller.
Negli anni lo scrittore di crime più famoso e tradotto al mondo è riuscito ad attirare l'attenzione di Hollywood, anzi: dell'unico cineasta a Hollywood a cui era disposto ad affidare la sua creatura, il tormentato e complesso investigatore Harry Hole. Martin Scorsese era il nome fatto da Jo Nesbø e il suo desiderio è stato esaudito. Il grande regista e cineasta è il produttore del primo tentativo di rinverdire il filone dei serial killer ad Hollywood dopo i fasti d'inizio millennio e i film cult girati da registi David Fincher e Tomas Alfredson. Il risultato finale però gela il sangue nelle vene molto più degli omicidi dell'Uomo di Neve.
La Norvegia Hollywoodiana de L'Uomo di Neve
L'Uomo di Neve è una macchia che tocca carriere immacolate come la neve e che nessuno dei partecipanti a questo sforzo produttivo si merita. In primis Jo Nesbø, che viene ripagato del suo tentativo forse arrogante di imporre un nome a Hollywood con un film poco incisivo, confuso e davvero dimenticabile. Nonostante l'uscita di prestigio ad ottobre, nemmeno Universal sembra credere nel progetto di una saga dedicata a Harry Hole, tanto che il film esce in sordina, quasi completamente privo di battage pubblicitario; chiaro segno che a Hollywood si sono accorti da subito che qualcosa è andato storto.
Il cosa però è un'enigma di difficile risoluzione, perché i nomi coinvolti nel progetto promettevano tutt'altro risultato, a partire dal protagonista Michael Fassbender. Non è detto che "l'americanizzazione" di una storia nordeuropea sia necessariamente una mossa svilente, vedi il bellissimo Millennium - Uomini che odiano le Donne di David Fincher, in cui l'inglesissimo Daniel Craig incarnava un giornalista svedese travolto da uno scandalo.
Michael Fassbender nei panni di Harry Hole - un poliziotto geniale travolto dal nichilismo e dall'alcol - è una copia sbiadita del carismatico e egocentrico protagonista della saga letteraria, che curiosamente indaga ben poco nelle due ore di film. La risoluzione del caso (anzi, la scia di omicidi stessi del fantomatico serial killer) è tutta spostata in avanti, tanto che a sostenere la prima parte del film non c'è quasi nulla, in un mix curioso di noia, neve perenne e confusione. L'Uomo di Neve si apre con la terribile genesi dell'assassino seriale protagonista che lascia inquietanti pupazzi di neve alle sue vittime; se la sua identità coglierà lo spettatore di sorpresa non sarà tanto per l'inaspettata svolta della trama, ma perché il film è contraddittorio, confuso e poco incisivo nell'imbastirne i presupposti.
L'Uomo di Neve: il film che Alfredson non meritava
Questa mancanza di chiarezza e presappochismo narrativo e visivo è stupefacente, perché dietro la macchina da presa c'è un regista svedese noto per la precisione millimetrica dei suoi film. Viene da chiedersi perché uno col talento di Tomas Alfredson sia stato coinvolto in un thrillerone che è tutto il contrario del film che ne esalti le caratteristiche. Tanto lo stile di Jo Nesbø scrittore è sopra le righe, estremo e talvolta eccessivo, tanto la regia di Tomas Alfredson in gioielli assoluti come Lasciami Entrare e La Talpa lavora per sottrazione, per silenzi e non detti. Alfredson qui sembra spaesato dal montaggio frenetico che gli viene imposto, assieme a un copione in cui nemmeno la sua maestria può portare luce e chiarezza.
Il vero protagonista de L'Uomo di Neve rimane il carisma di Jo Nesbø, che per essere portato con giustizia su grande schermo avrebbe avuto bisogno di un regista dalle caratteristiche diverse, una sceneggiatura decisamente più curata e un ripensamento generale del progetto. Quest'attitudine pigra e stereotipata con cui Hollywood pretende di adattare grandi successi non anglofoni alle sue regole, senza metterci nemmeno il minimo dell'impegno richiesto, continua a mietere vittime eccellenti. Il risultato di operazioni simili continuerà a rivelarsi disastroso: non c'è serial killer che tenga.
L'Uomo di Neve sarà nelle sale dal 12 ottobre 2017.
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