Un nemico che ti vuole bene, la recensione della commedia nera con Abatantuono da Locarno 71

Autore: Elisa Giudici ,

Sospeso tra identità svizzera e nazionalità italiana, Denis Rabaglia ha il profilo perfetto per rappresentare entrambe le nazioni al Festival di Locarno, ruolo che ricopre sin dal 2000, con alterne fortune. Stavolta approda addirittura in Piazza Grande, momento clou della giornata festivaliera elvetica e cuore popolare del Festival, con la commedia nera Un nemico che ti vuole bene, che vedremo distribuita nelle sale italiane il 4 ottobre 2018 da Medusa. Quello di arruolare vecchie glorie del cinema italiano è un vezzo non nuovo nella carriera del regista, che si presentò per la prima volta a Locarno al fianco di Paolo Villaggio. 

Locarno Festival
L'attore italiano Diego Abatantuono
Diego Abatantuono immalinconisce ma non incide in Un nemico che ti vuole bene

Stavolta al suo fianco ha due grandi nomi italiani, sempreverde del cinema nostrano: Diego Abatantuono e Sandra Milo. La logica a volte può essere lapidaria, così come una recensione. D'altronde quando un nome vive più del ricordo passato che del lavoro presente il motivo è spesso la mancanza di progetti degni di nota, appannamento di quel talento brillante che si rievoca nella memoria dello spettatore, più che scorgere di nuovo su schermo. È esattamente quello che succede in Un nemico che ti vuole bene. 

La malinconia di Diego Abatantuono 

Il perfetto incipit da commedia del film sarebbe tratto da una storia realmente accaduta, raccontata a Rabaglia da alcuni colleghi georgiani. Racconto ingigantito o verità incredibile, pare proprio che in quel paese un sicario abbia deciso di ricompensare l'uomo che gli aveva salvato la vita offrendosi di uccidere per lui una persona per lui scomoda, a titolo gratuito. Tutti abbiamo dei nemici; è questo l'assunto da cui parte il film di Rabaglia, che vede il professore Enzo Stefanelli (Diego Abatantuono) continuamente vessato da una famiglia di parassiti e approfittatori che vivono grazie ai suoi soldi, senza un briciolo di riconoscenza. 

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Difficile non pensare a un successo musicale di Elio e le storie tese e non affibbiare sin da subito al personaggio l'etichetta di servo della gleba. È così prono nel suo accettare a testa bassa le angherie altrui che si fa persino maltrattare dal killer di professione a cui ha salvato la vita in una notte buia e tempestosa, estraendogli una pallottola dal petto. Interpretato da Antonio Folletto che insiste su un marcato accento meridionale come unico collegamento a un fantomatico mondo criminale (in realtà piuttosto aleatorio), il sicario s'infiltra nella vita di Enzo, alla ricerca di un nemico di cui liberarlo. 

Locarno Festival
L'attore Antonio Folletto
Antonio Folletto: da Pizzofalcone a Piazza Grande

La scelta è più che variegata: c'è la madre indefessa giocatrice di bridge (Sandra Milo), i figli che trattano il padre come un bancomat, la moglie frigida che ignora le timide profferte amorose del marito, i colleghi che gli hanno rubato il lavoro di una vita, persino un fratello prete (Roberto Ciufoli), che gli ruba l'attenzione e l'affetto familiare. 

Il vero nemico

Rabaglia tenta di dare un retrogusto nero alla sua commedia di omicidi e opportunismi, ma davvero gli manca la cattiveria necessaria per andare oltre una timida critica allo status quo. Di fatto viene da chiedersi se il nemico di Enzo non sia in fondo se stesso, l'apatia con cui accetta la situazione. Nei momenti di massima viltà altrui si concede una stanca parolaccia, ma accetta tutto a testa bassa. Si è quasi sollevati nel vedere che alla fine tutta la storia torna nel solco del lieto fine, che altrove risulterebbe abbastanza stonato ma in un film che osa così poco tutto sommato è coerente, quasi necessario. 

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Antonio Folletto e Diego Abatantuono in una scena del film
Antonio Folletto e Diego Abatantuono sono un duo comico che non entusiasma

Dal punto di vista tecnico non c'è poi niente per cui entusiasmarsi: la regia e la fotografia ricordano la fiction televisiva (in particolare le contigue produzioni Mediaset), muovendosi sulla falsariga della commedia italiana senza ambizioni che ha affossato il genere negli ultimi anni. Il limite principale della pellicola è però quello della scelta di due stelle che dovrebbero darle smalto e invece la rendono ancora più stanca. Diego Abatantuono irradia una malinconia che tarpa le ali al lato comico del film e sembra buttar lì le battute al pari del resto del cast, che non ha certo il suo pedigree. Idem per Sandra Milo, che più che interpretare un personaggio si appoggia alla sua esuberanza per cavarsela sul set. 

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Il copione sembra una vaga allusione più che una solida fonte, con gli attori che pronunciano le battute con aria vagamente interrogativa, in attesa del ciak di fine scena: insomma, i tempi comici non sono pervenuti e si ride di rado. Rimane l'amarezza di vedere come ancora una volta il cinema italiano - sia quello d'autore sia quello commerciale - fatichi a esprimersi al meglio a Locarno, inviando al Festival pellicole tutt'altro che riuscite e appetibili. 

Commento

cpop.it

40

Il peccato mortale di una commedia nera è ricadere nel perbenismo moraleggiante: purtroppo è quello che succede a Rabaglia, che si può affidare solo al fascino offuscato di antiche star italiane.

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