Venerdì 10 giugno 2016, amici, familiari e fan di Muhammad Alì si daranno appuntamento a Louisville per l'ultimo saluto al grande campione.
Secondo le dichiarazioni del portavoce, Ben Gannel, il feretro farà tappa in alcuni dei luoghi che hanno segnato la vita di Alì, tra cui la piccola casa rosa dei genitori trasformata in museo. A Louisville, infatti, era nato nel 1942 con il nome da "schiavo" Cassius Clay che rifiutò in favore del nome da "uomo libero" Muhammad Alì-amato da Dio.
È morto all'età di 74 anni per complicazioni respiratorie aggravate dal morbo di Parkinson. Se ne è andato la notte del 3 giugno salutato tra i primi da Mike Tyson.
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L'ultima celebrazione del pugile più famoso del mondo sarà affidata all'anchorman di NBC e CBS Bryant Gumbel, amico personale del campione. A lui spetterà ricordare le gesta e il valore di un uomo diventato simbolo di forza morale e fisica fuori e dentro il ring.
La sua è la storia di uno sportivo e di un uomo che ha fatto parlare molto di sé. Tantissimi i successi da boxer: medaglia d'oro alle Olimpiadi di Roma nel 1960 e detentore del titolo mondiale dei pesi massimi dal 1964 al 1967 e dal 1974 al 1978.
Un uomo da record anche nella vita privata con le sue 4 mogli, i suoi 9 figli e i suoi 3 credi religiosi. È stato prima cristiano, poi membro della fazione islamica estremista Nazione dell'Islam e poi fedele dell'islam sunnita ortodosso come Malcom X. A lui, convertitosi all'età di 22 anni, si deve un'immagine più pulita e pacifica dei musulmani che ha definito "gli uomini più dolci del mondo, desiderosi solo di pace".
E sempre a lui si deve un grande gesto pacifista: il rifiuto a partire per la guerra in Vietnam. A causa della sua decisione ha subito una condanna al carcere per cinque anni, il 27 giugno del 1967, la radiazione dall'albo pugilistico e la perdita del titolo mondiale conquistato nel 1964 combattendo contro Sonny Liston. Sono rimaste come suo testamento spirituale le parole pronunciate all'epoca di fronte ai giornalisti:
La mia coscienza non mi permette di andare a sparare a mio fratello o a qualche altra persona con la pelle più scura, o a gente povera e affamata nel fango per la grande e potente America. E sparargli per cosa? Non mi hanno mai chiamato 'negro', non mi hanno mai linciato....Siete voi il mio nemico, il mio nemico è la gente bianca... Voi siete i miei oppositori se voglio la libertà, siete voi i miei oppositori se voglio giustizia...
Soltanto quattro anni dopo, nel 1970, è stato riammesso nell'albo ed ha riconquistato il titolo battendo George Foreman. Fa parte, ormai, della storia dello sport la cosiddetta "rissa nella giungla", il combattimento in Zaire nel 1974 con la folla che lo incitava ad uccidere il povero Foreman.
L'ultimo incontro risale al 1980. Da allora il campione, messo a dura prova dal Parkinson, si è ritirato dalla vita sportiva, regalando al mondo un'ultima apparizione come tedoforo alle Olimpiadi di Atene del 1996.
Lascia un testamento umano e professionale di grande peso e un insegnamento sportivo e civile che non morirà con l'ultimo saluto il 10 giugno in quel di Louisville.
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