Capri-Revolution: la trama e la storia vera che l'ha ispirata

Il film di Mario Martone, presentato a Venezia e vincitore di due David di Donatello, prende spunto dall'incredibile esperienza della comune che il pittore e utopista tedesco Karl Diefenbach creò a Capri tra il 1900 e il 1913.

Autore: Alessandro Zoppo ,

Capri-Revolution è un racconto sull'Italia di ieri e di oggi. Una vicenda corale, declinata al femminile e ambientata nella Capri di inizio Novecento, che affronta il "conflitto" tra ecologismo e materialismo, natura e progresso, sacro e scienza, ragione e trascendenza con la giusta distanza storica per riportare al presente questioni fondamentali del nostro tempo.

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Prodotto da Indigo con Pathé Pictures e Rai Cinema, il film di Mario Martone, scritto come sempre con la compagna Ippolita Di Majo, è stato girato tra San Mauro Cilento, Capri, Camerota e San Severino. Un set che riporta alle atmosfere magiche dell'isola azzurra agli inizi del secolo scorso, rifugio di artisti dandy e rivoluzionari che sognavano un mondo libero e giusto.

Presentato in Concorso a Venezia 75, #Capri-Revolution ha vinto due David di Donatello per le musiche di Apparat (pseudonimo del musicista tedesco Sascha Ring) e Philipp Thimm e per i costumi di Ursula Patzak, già premiata con il David per Noi credevamo e Il giovane favoloso.

La trama

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Nel 1914, alla vigilia della Prima guerra mondiale, una comune cosmopolita, omeopata e anti-militarista di artisti e filosofi nordeuropei guidata da Seybu (Reinout Scholten van Aschat) ha trovato sull'isola di Capri il luogo ideale per la propria ricerca nella vita e nell'arte.

Seybu auspica il ritorno ad una vita semplice. Immersi nei colori e nei profumi di quegli straordinari paesaggi, lui e gli altri giovani, primi figli della rivoluzione industriale, praticano il nudismo e il vegetarianesimo, esplorano audaci forme di linguaggio artistico basate sul rapporto diretto con il proprio corpo e la natura.

01 Distribution / Indigo Film / Pathé Pictures / Rai Cinema
La comune nudista in una scena del film di Mario Martone Capri-Revolution
La comune di Seybu sugli scogli dell'isola azzurra

Lucia (Marianna Fontana) è l'anima dell'altra Capri: la ragazza, analfabeta ma piena di curiosità, è una guardiana di capre che vive in una famiglia fortemente patriarcale con la madre (Donatella Finocchiaro), i due fratelli (Ludovico Girardello e Gianluca Di Gennaro) e il padre (Eduardo Scarpetta), seriamente ammalato ai polmoni.

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A curare l'uomo è il giovane medico Carlo (Antonio Folletto), socialista convinto che si è invaghito di Lucia e guarda all'imminente conflitto come ad un motore del futuro e "igiene del mondo".

Sulla sua strada, però, Lucia trova la comune di hippie ante litteram capitanata da Seybu. Attratta da questo singolare gruppo di stravaganti mistici e visionari, la pastorella inizia a spiarli e ad uscire di nascosto di notte per unirsi a loro.

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Marianna Fontana si unisce alla comune in una scena del film Capri-Revolution
Lucia scopre se stessa unendosi alla comune di Seybu

L'apprendistato di Lucia, che partecipa ai riti della comune ed impara a leggere e a scrivere in italiano e in inglese, porta ad un duro confronto tra Carlo e Seybu.

Gli equilibri nel gruppo si fanno sempre più precari e si incrinano definitivamente quando Hermann (Maximilian Dirr), lo psicoterapeuta che si è unito alla comune, plagia la fragile Lillian (Jenna Thiam) e tutti gli uomini di Capri vengono chiamati alle armi a causa dello scoppio della guerra.

In bilico tra questi due universi, Lucia compie un percorso di emancipazione e di indipendenza che la condurrà alla volta del Nuovo mondo.

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Antonio Folletto e Reinout Scholten van Aschat in una scena del film Capri-Revolution
Il confronto tra Carlo e Seybu

Presentando il film a Venezia, Martone ha spiegato che Capri-Revolution "mette in contrasto mondi e visioni diverse".

Il mondo contadino di Lucia, la scienza del medico, la comune del performer. L'isola è il mondo, la metafora del mondo. Il mondo è un'isola. E l'unica cosa possibile è confrontarsi.

Il desiderio del regista napoletano è quello "di raccontare un'Italia che non è doma, che sente la spinta a cambiare, a interrogarsi sui temi, sul rapporto tra collettività e individualità".

La storia vera

Capri-Revolution prende spunto da un'esperienza realmente esistita: quella della comune che il pittore, naturista ed utopista tedesco Karl Wilhelm Diefenbach diede vita a Capri agli inizi del Novecento.

Giunto quasi per caso sull'isola per sfuggire alle critiche della stampa (che lo attaccava per il rifiuto della monogamia e l'alienità a qualsiasi religione) e al bigottismo borghese dell'epoca, Diefenbach fu ammaliato dagli scenari lussureggianti e misteriosi di Capri.

Non nuovo ad esperienze del genere (fu fondatore di una comune a Vienna, attiva tra il 1897 e il 1899), il pittore, morto sull'isola nel 1913, vestiva di bianco, portava i capelli lunghi e incolti e girava sempre a piedi nudi, sia in estate che in inverno.

Scelse un piccolo studio che si trovava vicino alla Piazzetta, in una posizione strategica per attrare il maggior numero di turisti, per esporre i suoi quadri, che dal 1975 fanno parte della collezione della Certosa di San Giacomo.

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È stato proprio vedendo le opere di Diefenbach esposte alla Certosa di Capri che Martone ha maturato l'idea di Capri-Revolution.

Ma nel film tutto viene rielaborato con la più totale libertà: l'azione viene spostata più avanti, alla vigilia della Prima guerra mondiale, e il nostro protagonista lascia la vecchia pelle del pittore spiritualista Diefenbach per tramutarsi in un giovane artista performativo, la cui filosofia deriva dai concetti che verranno elaborati molti decenni più avanti da Joseph Beuys.

Joseph Beuys è l'artista concettuale tedesco che nel 1985 ha realizzato la celebre scultura Capri-Batterie (che inizialmente doveva anche essere il titolo del film di Martone): una lampadina innestata in un limone.

Una metafora dell'arte che rifiuta la rappresentazione: la magia sprigionata dall'energia del limone può accendere la luce dell'immaginazione e della creatività.

Il principio base di Beuys è l'uso della natura come fonte di combustibile ecologico: la lampadina non si spegne mai perché non può mai essere accesa. L'artista tedesco la realizzò a Capri mentre si stava riprendendo da una malattia: l'isola diventò il suo luogo del cuore.

Le persone del Sud sono per me il simbolo del popolo. L'idea di popolo non esiste più negli altri paesi d'Europa, dove è stata distrutta dall'americanizzazione, dall'industrializzazione o dal profitto egoista. Trovo che nel Mezzogiorno ci sia ancora l'idea di popolo: ecco perché lo amo.

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Martone con Capri-Revolution torna alla "scelta di praticare l'arte dentro una radicale rivoluzione umana, in cui il rapporto con la natura diventa centrale".

L'ambiente irripetibile di quella Capri colta e dimenticata di inizi Novecento è stato ricostruito dalla critica d'arte contemporanea Lea Vergine con Elisabetta Fermani e Sergio Lambiase nel libro Capri, pubblicato da Il Saggiatore.

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Il libro di Lea Vergine, Elisabetta Fermani e Sergio Lambiase

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Ad ispirare l'esperimento politico e sociale di Diefenbach sull'isola fu il modello di Monte Verità ad Ascona, in Svizzera, dove si sviluppò la danza moderna e luogo "dove la nostra fronte sfiora il cielo".

Sin dai primi anni del Novecento, la comunità di Monte Verità accomuna persone spinte da ideali utopisti, naturisti, riformatori, anarchici e teosofici.

La storia del luogo, che si può leggere sul sito ufficiale del complesso ora gestito da una Fondazione, è quella di tanti giovani giunti da ogni dove per "adorare la natura, predicandone la purezza e interpretandola simbolicamente come l'opera d'arte ultima".

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Martone ha scelto le storie di Diefenbach e dei Monteveritani perché "possono arrivare dritte al nostro tempo".

La questione di che senso dare al progresso e al rapporto dell'uomo con la natura è diventata centrale per la sopravvivenza stessa degli esseri umani. Ma una volta detto tutto questo, bisogna poi dimenticarlo: al centro del nostro racconto c'è una donna, una capraia. Ogni cosa in questo film è solo e semplicemente sognata.

L'arte non è solo una questione estetica: attraverso essa "ci si mette in relazione con le persone anche in senso politico".

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Il regista è andato oltre Diefenbach e quelle esperienze libertarie che torneranno negli anni Sessanta e Settanta per tratteggiare la figura di una giovane donna "che non ha paura della scoperta".

Non è la ricostruzione reale di Diefenbach, ma una figura nuova, con la pittura che viene lasciata alle spalle perché volevo concentrarmi su questo concetto di arte che si relaziona fortemente alle persone. E per questo lo spirito collettivo della danza era fondamentale, con le coreografie di Raffaella Giordano.

La figura femminile di Lucia è centrale come la rivoluzione che mette in atto.

Uno sguardo verso il futuro e oltre la Storia, "un fiore che nasce in quelle persone che cercano di cambiare le cose".

Capri-Revolution fa parte di una trilogia?

Sì, Capri-Revolution conclude la trilogia che Mario Martone ha dedicato ad un periodo fondante della storia italiana ed europea: quello che va dagli inizi dell'Ottocento al 1914, la vigilia della Prima guerra mondiale, passando attraverso il Risorgimento e l'Unità d'Italia.

La "genealogia del presente" di Martone è iniziata con Noi credevamo (2010), affresco del processo risorgimentale italiano, e proseguita con Il giovane favoloso (2014), biopic sulla figura di Giacomo Leopardi con Elio Germano.

Capri-Revolution è il terzo e ultimo capitolo di una trilogia che Martone definisce "del tutto casuale". "Non c'era nulla di programmato – ha spiegato il regista nel corso di una masterclass al Bif&st di Bari –, è stato un vero work in progress che si è sviluppato attraverso gli anni".

L'unico filo che tiene uniti i tre film sono i protagonisti, sempre giovani e ribelli.

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