Chernobyl: il discorso finale di Legasov e il suo significato

Autore: Silvia Artana ,

Il disastro di Chernobyl ha causato migliaia di morti e lo spopolamento di un'area di circa 2.600 km quadrati. E ancora oggi la portata delle sue conseguenze non è del tutto conosciuta. L'incidente al reattore numero 4 della centrale V.I. Lenin è considerato uno dei più gravi di sempre e ha segnato uno spartiacque nella storia dell'energia nucleare.

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L'allora Unione Sovietica ha dovuto affrontare una tragedia senza precedenti e i limiti di un sistema compromesso da una inestricabile rete di interessi politici e personali, dalla mancanza di una reale conoscenza e preparazione a un simile evento e da una condivisione delle informazioni nebulosa, spesso parziale e talvolta del tutto assente hanno avuto un effetto drammatico sulla gestione dell'emergenza.

Con inevitabili compromessi e differenze, #Chernobyl di Craig Mazin racconta proprio quei giorni e ricostruisce il contesto storico e l'atmosfera che hanno portato a una verità ancora oggi controversa. Ma non solo. La miniserie HBO prova anche a offrire una riflessione più generale sulla natura umana e la società. Tutti i personaggi e le storie dei 5 episodi contribuiscono all'(ambizioso) obiettivo. Ma è la figura di Valerij Alekseevič Legasov il perno intorno al quale ruota ogni cosa. E in particolare le parole che pronuncia all'inizio e alla fine della serie e durante il processo per accertare le responsabilità del disastro.

Il discorso finale dello scienziato è ispirato alle vere registrazioni lasciate dall'uomo (delle quali trovate un estratto nei due video qui sotto, in russo con sottotitoli in inglese) e racchiude in sé il significato più profondo di Chernobyl.

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La vera storia delle registrazioni e del processo 

Le registrazioni incise da Valerij Alekseevič Legasov per raccontare la verità sull'incidente di Chernobyl sono il fil rouge della miniserie scritta da Craig Mazin. Il monologo dello scienziato apre il primo episodio e chiude l'ultimo, con un intermezzo durante il processo del 1987 a carico dei responsabili diretti della catastrofe alla centrale. Ma realtà e finzione procedono inevitabilmente su strade diverse.

Legasov ha effettivamente registrato (e messo per iscritto in un articolo mai pubblicato e in una lettera) una serie di considerazioni sulle operazioni di liquidazione e sul proprio ruolo, sui difetti dei reattori RBMK e sul consapevole e colpevole silenzio del governo sul rischio che rappresentavano. Tuttavia, non ha mai pronunciato la frase: "Qual è il prezzo delle bugie?" e non ha affrontato una riflessione sul significato e il valore della verità. Inoltre, non ha nascosto i nastri fuori dal suo appartamento.

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Un'altra significativa differenza tra la realtà e la finzione consiste nel fatto che lo scienziato non ha preso parte al processo (che si è svolto a porte chiuse) e tantomeno ha accusato apertamente il governo dell'ex Unione Sovietica di avere mentito e di continuare a farlo sul pericolo dei reattori RBMK e su Chernobyl. Invece, nel 1986, Legasov ha presentato all'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA) di Vienna un rapporto "franco e dettagliato sulle circostanze e le conseguenze dell'incidente", ma non è stato in grado di rivelare per intero le sue scoperte e ha attribuito il disastro a un concorso tra errore umano (prevalente) e difetti di progettazione. 

Craig Mazin ha parlato della scelta di includere il processo nella serie e di farvi partecipare Legasov con un ruolo fondamentale e di grande impatto emotivo nei podcast di HBO a commento dei singoli episodi, spiegando che la scena è stata ispirata da "circostanze di fatto" e non vuole essere una versione letterale di ciò che è accaduto. 

Il discorso finale di Valerij Alekseevič Legasov e il suo significato

Anche se è in gran parte opera di finzione, il discorso che Valerij Alekseevič Legasov pronuncia nel primo e nell'ultimo episodio di Chernobyl (che trovate in un montaggio nel video qui sotto) esprime un concetto potente. Il monologo dello scienziato rappresenta e condensa il messaggio della miniserie, che va oltre la semplice rappresentazione dei fatti (per quanto controversa possa essere) per offrire una riflessione sul significato e il valore della verità.

Craig Mazin ha spiegato di avere voluto raccontare "una storia dell'Unione Sovietica dal punto di vista dei suoi abitanti", ma che non è mai stata sua intenzione "lasciare intendere che il cattivo fosse un genere di sistema sovietico che non avrebbe mai potuto esistere altrove". Invece, l'autore ha voluto mettere in guardia da un tipo di pensiero che è esistito, esiste e si manifesta in tante forme e sotto tante bandiere:

È un sistema composto da esseri umani che si controllano, si demonizzano e si rovinano gli uni con gli altri, per una sorta di intrinseca follia umana.

Chernobyl è una storia sul "costo delle menzogne e i pericoli della narrazione" e lo dichiara fin dai primi secondo per voce di Valerij Alekseevič Legasov (interpretato da Jared Harris):

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Qual è il prezzo delle bugie? Non che le confondiamo con la verità. Il vero pericolo è che abbiamo ascoltato tante di quelle bugie, da non riconoscere più la verità. Cosa fare, allora? Non resta che abbandonare anche solo l'idea della verità e accontentarci delle storie. In queste storie non importa chi siano gli eroi. Quello che vogliamo sapere è a chi dare la colpa. 

Nella serie, il governo dell'ex Unione Sovietica e i suoi apparati e funzionari sono (anche) una metafora della natura umana e della società. E per quanto la rappresentazione del sistema dell'ex URSS non sia sempre accurata e più volte indulga al sensazionalismo, Chernobyl riesce nell'intento di mostrare la fallacia della credenza che il potere, il controllo, la repressione e la paura possano rendere la realtà diversa da quella che è.

Come dichiara Legasov, per quanto possa essere seppellita sotto strati e strati di menzogne, la verità continua a esistere e prima o poi torna in superficie. E le conseguenze sono tanto più devastanti, quanto più la buca era profonda:

Ci sono già stato su un terreno pericoloso. Siamo tuttora su un terreno pericoloso. Per i nostri segreti, le nostre menzogne. Sono esattamente ciò che ci definisce. Quando la verità ci offende, noi mentiamo e mentiamo, fino che non ci ricordiamo neanche più che ci fosse una verità. Ma c'è. È ancora là. Ogni menzogna che diciamo, contraiamo un debito con la verità. Presto o tardi quel debito va pagato. Ecco cosa fa esplodere il nocciolo di un reattore RBMK. Le bugie.

La verità è un dono e una condanna. È potere. È speranza e disperazione. Ed esiste a prescindere dagli uomini e dalle storie che raccontano e si raccontano. Legasov si rende drammaticamente conto con il disastro di Chernobyl di quanto grande siano la responsabilità e il peso di possederla. Ma capisce anche che se la verità può essere dirompente, la menzogna può esserlo infinite volte di più:

Essere uno scienziato vuol dire essere un ingenuo. Siamo così presi dalla nostra ricerca della verità, da non renderci conto di quanti pochi siano quelli che vogliono che la scopriamo. Ma la verità è sempre lì. Che la vediamo o no. Che scegliamo di vederla o no. Alla verità non interessano i nostri bisogni, ciò che vogliamo. Non le interessano i governi, le ideologie, le religioni. Lei rimarrà lì, in attesa tutto il tempo. E questo, alla fine, è il dono di Chernobyl. Se una volta temevo il costo della verità. Ora chiedo solo: qual è il costo delle bugie? 

Una risposta alla domanda con la quale lo scienziato conclude il suo discorso è l'elenco delle vittime e la narrazione delle drammatiche conseguenze dell'incidente alla centrale V.I. Lenin che chiude la serie. Ma oltre Chernobyl, oltre i tragici eventi del 1986 e la finzione, ce ne sono molteplici, infinite altre sepolte sotto cumuli di menzogne. E prima o poi torneranno in superficie ed esigeranno il loro prezzo...

Fonti: Express, Business Insider, History vs Hollywood, Chernobyl HBO Podcast, Deadline

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