Era mio padre è un film di Sam Mendes del 2002, con Tom Hanks, Jude Law e Paul Newman nella sua ultima apparizione sul grande schermo.
La pellicola è tratta dal fumetto di Max Allan Collins sulla mafia irlandese e, spostando l'ambientazione negli Stati Uniti, racconta una storia in mood Padrino di gangster e paternità incrociate.
La trama
La storia è ambientata nell’Illinois durante la Grande Depressione, nel 1931, e racconta della vita apparentemente serena dii Michael Sullivan, al servizio del capo mafia John Rooney.
Sullivan riesce a condurre una vita serena con la moglie Annie e i due figli, mantenendo un rapporto strettissimo con il boss mafioso, che vuole più bene a lui che a Connor, il figlio biologico. Un giorno, durante un regolamento di conti, Connor spara e uccide un socio di Rooney ma il figlio di Michael, Michael Jr., assiste alla scena dalla macchina del padre. Connor, sgridato dal padre per non aver tenuto conto della presenza del ragazzo, vuole uccidere lo scomodo testimone, liberandosi una volta per tutte anche di Sullivan. Quella stessa notte, l’uomo attacca Annie e il figlio minore Peter, togliendo la vita a entrambi.
Consapevole che si tratta di una questione di tempo, Sullivan si lancia in una fuga disperata insieme al figlio superstite. I due si dirigono verso Chicago, nel tentativo di cercare Al Capone.
Sullivan chiede l’intercessione del boss Frank Nitti, il “vice” di Capone ma inutilmente. Nitti informa Rooney che, a malincuore, accetta di assoldare il killer e fotografo di fatti criminali Maguire (un uomo ossessionato dalla morte), per uccidere Michael e Michael Jr.
Rendendosi conto di essere in una situazione disperata, Michael inizia a rapinare le banche che custodiscono i soldi di Capone, sperando di creare le condizioni favorevoli per uno scambio con Connor. Sullivan incontra il contabile di Rooney, Alexander Rance, nel proprio hotel. Ma l’uomo gli ha creato un’imboscata e ad attenderlo Michael trova Maguire con un fucile. Rance viene ucciso, Maguire viene ferito da schegge di vetro e Sullivan fugge con i libri contabili, anche se viene colpito al braccio sinistro.
Michael Jr. aiuta suo padre a trovare riparo in una fattoria, dove una coppia di anziani lo aiuta a riprendersi e l’uomo dà loro una consistente somma di denaro rubato.
Dai libri contabili Sullivan scopre che Connor si era appropriato indebitamente del denaro di suo padre. L’uomo raggiunge Rooney durante una Messa e gli svela le proprie informazioni, anche se il boss era già a conoscenza delle azioni del figlio ma è consapevole anche del fatto che Connor avrà i giorni contati, dopo la morte del padre, perché ha parecchi nemici. Per il momento Sullivan rifiuta di attaccare suo figlio e consiglia al suo protetto di partire per sempre con Michael Jr.
Certo di non avere scampo, Sullivan tende un’imboscata a Rooney e lo uccide, anche se con riluttanza, e il boss si dice contento di morire per mano sua. In seguito Michael uccide anche Connor, la cui posizione era stata svelata dal boss Nitti, e sa che l’unico confronto che gli rimane è quello con Maguire.
Il killer raggiunge Sullivan nella casa sul lago Michigan, dove Michael e Michael Jr. avevano trovato rifugio. Colpito a morte da Maguire (a sua volta ferito in modo letale), Michael muore tra le braccia di suo figlio. Michael Jr., unico superstite, va a vivere nella fattoria degli anziani che si erano presi cura di suo padre. Il ragazzo, ormai consapevole degli abissi di perdizione dell’animo umano, traccia un bilancio su quell’esperienza e sulla propria vita: Michael Sullivan era suo padre, ed è stato un gran padre. Forse non era l’uomo migliore del mondo, ma rimarrà per sempre suo padre.
Il finale del film
Il finale del film è diverso da quello del fumetto.
Nel fumetto Michael Jr. prendeva una pistola e premeva il grilletto, per poi diventare sacerdote per espiare la propria colpa.
Nel film Sullivan compie azioni immorali, scorrette, criminali ma giustifica il proprio "macchiarsi di colpe" con l'idea di preparare al figlio la strada per una vita migliore. Purtroppo, però, è vero che le colpe dei padri sono espiate dai figli e Michael Jr., che non ha scelto di crescere nell'Illinois con un papà a servizio di un boss mafioso, non può fare altro che assistere all'ineluttabilità della tragedia e rassegnarsi all'ovvio, a quello che, universalmente, si capisce quando si diventa adulti: i genitori non sono supereroi, non sono infallibili, sono persone umane che sbagliano, commettono azioni anche turpi ma, nonostante questo, sono e rimangono dei genitori.
Ecco il monologo finale.
A chi mi chiede se Michael Sullivan era una brava persona o solo un poco di buono, io do sempre la stessa risposta, dico soltanto: era mio padre!
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