I racconti di Terramare: significato e spiegazione del film Ghibli

Autore: Giulia Vitellaro ,

I racconti di Terramare (ゲド戦記 Gedo senki, lett. “Le cronache di guerra di Ged”) è un lungometraggio scritto, animato e diretto da Goro Miyazaki nel 2006.

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La sceneggiatura è liberamente basata sul ciclo di romanzi fantasy Earthsea della scrittrice statunitense Ursula Le Guin. Dopo diverse rimostranze da parte dell'autrice, Hayao Miyazaki era riuscito ad ottenere il suo consenso per la trasposizione animata (sogno inseguito sin dagli anni 80′) solo dopo che la Le Guin visionò uno dei successi dello Studio Ghibli, Il mio vicino Totoro.

Trama

Il film si apre con la ciurma di una nave si batte contro una terribile tempesta. D’improvviso, nel cielo compaiono due draghi (uno nero, uno bianco) in lotta.

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Il re e i suoi consiglieri passeggiano per il castello discutendo

La scena si sposta subito dopo nella lussuosa sala di un palazzo reale dove il re di Enlad, riunito con i suoi consiglieri, sta ascoltando le notizie dai paesi sotto la sua guida. Una terribile epidemia si sta diffondendo tra la popolazione e altre carestie sembrano in arrivo a vessare il regno. Gli giunge anche la notizia della lotta tra i draghi in cielo.

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Il suo consigliere più fidato, Radice, gli racconta di quando i draghi e gli uomini vivevano insieme nell'immortalità. Tuttavia, essendo i primi in cerca di libertà e gli altri di possesso, si divisero la terra a metà senza mai più incontrarsi. Tutti questi avvenimenti sembrano presagio di qualcosa di un evento terribile ed imminente.

Mentre sta per ritirarsi nelle sue stanze da solo, il re viene ucciso da poco più di un bambino: suo figlio Arren.

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Arren combatte contro i lupi nel deserto

Ritroviamo Arren diverso tempo dopo. Vaga da solo per il deserto e si ritrova accerchiato dai lupi: ad aiutarlo arriva Sparviere, un mago. Sparviere riconosce le nobili origini del ragazzo dalla spada magica che porta con sé, impossibile da sguainare per un oscuro sortilegio. Il mago è determinato a trovare l’origine delle carestie e della mancanza di equilibrio che sembra stare mandando il mondo verso la rovina. I due decidono di proseguire il loro viaggio insieme, sino alla prossima città.

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La città in cui arrivano brulica di commercianti e mercanti di schiavi. Il ragazzo viene tirato in un vicolo da un oscuro figuro che gli offre della Hazia, una sostanza potente e in grado di fargli dimenticare ogni pena ed ogni dolore. Il giovane, visibilmente tormentato, è tentato, ma in suo aiuto giunge Sparviere, che caccia via il venditore e mette in guardia Arren sui poteri della Hazia: è vero che usarla dà sollievo, ma proprio perché allevia i dolori, lentamente la mente abbandona il corpo, sino alla morte.

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Arren e Sparviere in viaggio davanti a un fuoco

In città Arren fa un altro incontro: si ritrova a combattere degli schiavisti nell’atto di catturare una ragazza, Therru. Nella lotta perde il controllo, diventando insensibile e crudele. La ragazza è visibilmente contrariata dalla sua violenza e dallo sguardo innaturale di Arren, e fugge senza ringraziarlo. Più tardi, Arren viene catturato dagli schiavisti in un’imboscata: viene messo su un carro di schiavi diretto in un’altra città.

Il viaggio del carro viene fermato da Sparviere, che riesce a liberare il giovane attraverso la magia e a portarlo in salvo a casa della sua amica Tenar, che ha adottato da qualche anno una bambina: Therru. Le due vengono considerate dal villaggio streghe, pur rifornendo i suoi abitanti di medicinali.

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Sparviere/Ged e Tenar discutono a casa di Tenar

Nel mentre, gli schiavisti e il loro capo, Lepre, annunciano ad una maga misteriosa e malvagia, Aracne, l’incidente con il carro. Aracne è quasi sul punto di ucciderli, finché non ode il nome di Sparviere.

Arren e Sparviere, il cui vero nome è Ged, restano qualche giorno a casa delle due donne ad aiutarle con il lavoro nei campi, malgrado Therru continui ad essere molto ostile nei confronti del ragazzo. È proprio durante la permanenza alla fattoria che Arren rivela il suo terribile segreto ha Therru: ha ucciso il proprio padre, senza neanche sapere perché, come fosse posseduto. Le racconta di come a volte perda totalmente il controllo diventando una versione terribile e crudele di se stesso. La avvisa che presto lascerà quei luoghi per proteggere lei e Tenar.

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Mentre Arren è già in viaggio e il mago è via, gli schiavisti riescono a raggiungere la fattoria e a rapire Tenar, lasciando Therru imbavagliata con un messaggio per Ged: se vuole rivedere Tenar viva, deve raggiungere Aracne.

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Aracne, il mago da sembianze femminili

L’oscura signora riesce anche ad approfittare della debolezza di Arren, in fuga dalla propria ombra, per condurlo al proprio castello. Lì convince il ragazzo che l’obbiettivo di Ged non è riportare equilibrio nel mondo, ma conquistare la vita eterna: l’unico a potere ottenere questo immenso potere è proprio Arren, e Ged/Sparviere vuole ucciderlo per poter essere l’unico a possederlo. Aracne propone ad Arren di unirsi a lei nella ricerca della vita eterna, raggiungendola prima che possa farlo Ged; per farlo, il giovane dovrà rivelarle il suo vero nome. La maga dà al giovane una strana bevanda che lo porta pronunciare un nome: Lebannen.

Sparviere giunge al castello. Aracne gli rivela il suo piano: aprire la porta che separa i due regni della vita e della morte e conquistare l'immortalità. Subito dopo, gli scaglia contro Arren. L’uomo prova a spiegare al ragazzo che la vita eterna è la negazione della vita stessa, ma viene immobilizzato dalle guardie e gettato nelle segrete insieme a Tenar.

Nel mentre, la piccola Therru è decisa a salvare i suoi amici: guidata dall’ombra di Arren, arriva al castello. L’ombra non può attraversare il castello, ma consegna alla ragazza il proprio vero nome, Lebannen, e la spada magica. Nel castello la ragazza trova il vero Arren, completamente arreso e sfiduciato nei confronti dell’esistenza, e gli fa un commovente discorso sulla necessità della morte: è nel reiterarsi di morte e rinascita che stanno le fondamenta della vita. Rifiutare l'ineluttabilità della morte significa rifiutare la vita stessa. È la paura di vivere che lo immobilizza.

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Arren e Therru abbracciati davanti a un tramonto

Si abbracciano, e la loro unione profonda li porta per qualche istante in un’altra dimensione, su una collinetta al tramonto, dove Therru gli rivela il suo vero nome: Tehanu.

Il cuore di Arren adesso ha lasciato dietro di sé la paura: può usare la spada.

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Arren riesce a sfilare la spada per sconfiggere Aracne

Insieme corrono a salvare Ged e Tenar; riescono a metterli al sicuro tagliandole un braccio.

Aracne prende però Therru e scappa sulla torre più alta con lei, stritolandola nel frattempo. Quando finalmente Arren le raggiunge, è troppo tardi: Therru cade a terra senza vita, Aracne gli che è morta. Ma la ragazza stupisce tutti, alzandosi. Gli occhi le diventano rosso fuoco, ed Aracne boccheggia: è lei, Therru, la vita eterna: la ragazza si trasforma in un gigantesco drago bianco, mentre Aracne cade dalla torre e il castello inizia velocemente a crollare.

Sparviere e Tenar fuggono in tempo dal castello ed Arren fugge aggrappato alle ali di Therru; una volta atterrati, la bacia e la ringrazia per gli insegnamenti preziosi che ha ricevuto da lei. La ragazza riprende la sua forma umana, e Arren le promette che tornerà a casa per redimersi dell’assassinio del padre.

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Arren e Therru in forma di drago in una prateria

L’ombra di Arren

Il lato oscuro di Arren, nel film, ha una forma tangibile: è letteralmente un altro sé oscuroche lo insegue senza mai stancarsi, la sua vera essenza, da cui è costantemente in fuga. Questa ombra non è sempre stata lì: è evidente che è stata generata da un’ansia costante ed accumulata nel tempo, sino a culminare nell’assassinio del padre.

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Arren con uno sguardo malinconico in una prateria

Talvolta Arren viene come posseduto da una parte recondita di sé, diventando crudele ed estremamente violento: per questo continua a fuggire dalla sua ombra, e per questo durante tutto il film è percepibile in modo chiaro la sua paura nel legarsi a chi incontra nel suo cammino.

L’ansia cui fa riferimento lungo tutto il film sembra un’oscurità insormontabile a cui non è possibile sottrarsi. Sembra essere un’ansia generica, senza origini, ma non è esattamente così. Grazie a Therru, Arren comprende che l’ansia affonda le proprie radici in una profonda paura di vivere.

La paura di vivere e la paura di morire, unendosi, rendono la sua esistenza totalmente priva di senso. Arren arriva a dire: “Ma se ognuno finirà un giorno col morire, la vita si potrà mai considerare preziosa anche sapendo che giungerà comunque la fine? Nonostante questo non si può fare a meno di vivere?”. Therru gli risponde così:

È proprio sapendo che dobbiamo morire che la vita è così preziosa! Arren, quello che ti fa paura non è l’idea della morte, quello che ti fa paura è l’idea di vivere! Dire di poter anche morire subito o di non voler morire per l’eternità, sono la stessa identica cosa! Tu hai solo paura di vivere l’unica vita che ti è data! È soltanto per se stessi che si vive? Io sono vissuta grazie a Tenar, per questo io devo vivere, e vivendo qualcun altro a seguire erediterà la vita! Così facendo la vita a seguire continuerà per sempre!

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Therru tenta di convincere Arren dell'importanza della vita

Arren è cresciuto come principe, tra gli agi, eppure quest’ansia di vivere lo ha fatto macchiare di un omicidio e gli ha fatto perdere il senso dell’esistenza, rendendolo l’ombra di se stesso. Therru, maltrattata e abbandonata da bambina è invece aggrappata alla vita con tutte le proprie forze, e prova un’immensa gratitudine nei confronti della sua salvatrice, Tenar, che l’ha reso in debito verso la donna e verso la vita stessa.

La Hazia

Questa costante ansia e il terribile rimorso per il patricidio commesso non gli concedono un attimo di requie; quando incontra il mercante che gli propone la Hazia, percepiamo subito che la tentazione a cui è sottoposto è immensa. La promessa di dimenticare tutto questo e di fuggire per un po’ in un luogo altro è incredibilmente forte. A salvarlo, piuttosto che una ferrea volontà, è l’intervento dello Sparviere.

È lui a mostrargli le persone dipendenti dalla Haiza in fondo al vicolo: degli esseri umani malconci, buttati a terra, a malapena coscienti. Vorranno sempre più Haiza e finiranno per assumerne una dose fatale che toglierà loro la vita.

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Un mercante offre la Hazia ad Arren in un vicolo

La Hazia è ovviamente una metafora per le droghe pesanti, e mostra perfettamente come la promessa di lasciare magicamente dietro sé le ansie, le colpe e le paure sia sempre pericolosa. Non esiste una via semplice o una scorciatoia per affrontare i propri demoni: è una battaglia lunga ed estenuante da affrontare con maturità. La Haiza fa perdere la coscienza di sé. La Haiza crea dipendenza. Uccide. Eppure la sua promessa è così dolce da risultare quasi impossibile da rifiutare.

Alle volte queste soluzioni non sembrano solo le più semplici, ma sembrano addirittura necessarie per continuare a vivere: non è così, perché nel guarire dalle sofferenze sottraggono anche la possibilità di essere felice, lasciando in un limbo emotivo ancora più terribile da affrontare. Un’anestesia esistenziale. Fortunatamente, a differenza di molti altri, Arren ha un guardiano e una guida: Sparviere.

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Il patricidio

L’omicidio del re all’inizio del film è mostrato senza troppe spiegazioni. Si capisce che è premeditato, perché le ancelle di palazzo dicono di non vedere Arren da un po’, e perché il ragazzo emerge dal buio colpendo il padre alle spalle, in un'imboscata. Sulle ragioni di questo atto di violenza spropositata non vengono date ulteriori spiegazioni nello svilupparsi della trama. Sappiamo solo che il re, per ammissione di Arren stesso, era un uomo nobile e buono.

In molti, visti i conflitti tra Goro Miyazaki e il padre Hayao, hanno ipotizzato che il patricidio di Arren fosse ispirato da sentimenti contrastanti verso il suo stesso padre: il regista ha negato con convinzione.

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Il padre di Arren a terra, morente

Non ho un vero e proprio rapporto con mio padre; per questo, non ho mai neanche pensato lontanamente di ucciderlo. Ho deciso di iniziare il film con l’assassinio del padre da parte del figlio perché ho capito che è più o meno il sentimento delle nuove generazioni giapponesi. Quando ho lavorato al Ghibli Museum, molti membri dello staff erano giovani, e tutti con molti problemi del genere in comune. Mi sono chiesto perché, ho iniziato a pensare a quali potessero essere le ragioni. Non ho spiegato di proposito il motivo per cui Arren accoltella suo padre, perché volevo ci pensassero gli spettatori, per riflettere sul perché c’è un sentimento del genere oggi.

Goro continua parlando del patricidio come di un problema reale nel suo paese, e fa riferimento anche alla saga dei libri di Terramare. Il terzo libro della serie mostra una società che ha perso ogni ragione di vivere, paragonata dall'autore alla situazione del Giappone odierno.

Tehanu e l'importanza del nome

Il colpo di scena finale con cui i nostri eroi si salvano è senza dubbio inaspettato: Therru si trasforma in un drago.

Il riferimento e la spiegazione di questo avvenimento si trovanno all'inizio del film, dove uno dei consiglieri del re spiega che un tempo draghi ed esseri umani erano entrambi immortali e vivevano in pace. Gli uomini si erano poi separati dai draghi per seguire le brame di possesso, mentre questi ultimi avevano preferito la libertà. Therru è l'ultimo esempio rimasto nel mondo degli uomini di questo antico legame.

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Therru/Theanu in una prateria

Nel libro si evince anche che il "vero nome" di qualcuno ha immensi poteri magici, ed è per questo che Therru/Theanu e Arren/Lebannen se lo rivelano l'un l'altro, creando tra loro un legame di una forza incredibile, che trascende le loro esistenze e che finisce per sconfiggere l'oscurità.

I racconti di Terramare è un lungometraggio animato scritto, animato e diretto da Goro Miyazaki e prodotto da Studio Ghibli nel 2006.

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