Stasera in TV I segreti di Osage County: la spiegazione del film con Meryl Streep

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Autore: Alice Grisa ,

I segreti di Osage County è un film drammatico del 2013, diretto da John Wells e tratto da un testo teatrale vincitore del Premio Pulitzer, Agosto, foto di famiglia, di Tracy Letts.

Stasera 29 settembre in TV su Rete 4 dalle 00.52 c'è I segreti di Osage County

Si tratta di un dramma con qualche pennellata sardonica che schiera le performance di un'attrice come Meryl Streep, nel ruolo dell'anziana e prepotente Violet, affiancata da Julia Roberts, nei panni della volitiva Barbara, e da Ewan McGregor, Chris Cooper, Abigail Breslin, Juliette Lewis e Benedict Cumberbatch.

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Si tratta di un afoso e impietoso ritratto familiare, dove a ognuno non resta che crogiolarsi nelle proprie disperazioni e nella propria solitudine.

Ecco la trama e il finale.

La trama

È agosto a Orange County, in Oklahoma. La storia parte da una coppia che vive in una zona di campagna: lui è Beverly Weston, un ex docente universitario e poeta alcolizzato che ha vissuto grandi periodi di splendore.

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Lei è Violet, sua moglie, è affetta da un tumore alla bocca e dipendente dalle pillole. Il marito ha ingaggiato una giovane indiana come badante della donna, una ragazza di nome Johanna.

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A un certo punto l’uomo scompare misteriosamente e la figlia di mezzo della coppia, Ivy, chiama la sorella maggiore Barbara, dal carattere forte e fiero, per avere un supporto. Barbara vive in Colorado e arriva con il marito Bill, professore universitario come il padre, e la figlia 14enne Jean. Il ritrovarsi – anche con gli zii Mattie Fae Aiken, sorella di Violet, e Charles - fa affiorare vecchie ruggini familiari e problemi attuali, come quelli di Barbara con Bill.

Pochi giorni dopo arriva la notizia della tragedia: Beverly è morto annegato nel lago, dopo aver preso la sua barca; molto probabilmente si è suicidato.

La notizia fa arrivare, per il funerale, la figlia minore Karen insieme al suo ultimo fidanzato Steve, un presunto uomo d’affari della Florida. Giunge in città anche “Little Charles”, figlio di Mattie Fae e Charles, ragazzo introverso di cui Ivy è innamorata (pur essendo sua cugina). L’uomo ha rapporti conflittuali con i genitori: Charles lo incoraggia, Mattie lo sminuisce. Ivy, che non può avere figli perché ha subito un’isterectomia, sogna una vita con lui. Lui, dal suo canto, ha scritto una canzone per lei ma deve fronteggiare l’ostilità della madre.

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Durante il pranzo dopo il funerale, Violet ha delle reazioni colleriche dovute alle pillole, annuncia il proprio suicidio imminente (da compiere con i farmaci) e si scontra duramente con Barbara, rinfacciandole di aver sopportato una vita di sacrifici pur di farla studiare, e lei non è neanche diventata scrittrice come sperava suo padre.

Barbara interviene requisendo i medicinali, e più tardi riesce ad avere con la capricciosa Violet un momento di tenerezza madre-figlia.

Viene a galla la relazione tra Ivy e Little Charles, che non è “solo” un legame tra cugini ma tra fratelli, perché si scopre da Mattie (che lo confida a Barbara) che Little Charles è il figlio biologico di Beverly. I due amanti non possono stare insieme, perché si tratta di un vero e proprio incesto.

Le discussioni tra le sorelle sulla gestione della madre e su chi potrebbe occuparsene ora che Beverly è morto vengono interrotte dalla domestica, che rivela di aver visto il fidanzato di Karen tentare di abusare di Jean dopo averle offerto delle sostanze stupefacenti.

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Un furioso litigio tra le sorelle porta Karen a ripartire immediatamente con Steve. Anche Jean, dopo una discussione con sua madre, che le dà uno schiaffo, torna a casa con suo padre Bill.

Il finale

Ivy vuole rivelare a sua madre dell’amore per Little Charles, ma Barbara tenta di impedirglielo, finché è proprio Violet a dire alla figlia che l’uomo è suo fratello. Violet svela a Ivy di aver saputo la verità, che ha evitato di far trapelare, scegliendo invece di rendere la vita di sua figlia un inferno.

Ivy, sconvolta, decide di partire con Little Charles (con cui non avrà mai figli) e non tornare mai più.

A Osage County rimane solo Barbara, che ha un’ultima drammatica discussione con la madre. Violet tenta di incolpare la figlia della morte del padre, ma poi le rivela qualcosa a proposito degli ultimi giorni di Bev: in pratica, lei avrebbe potuto salvarlo, ma non l’ha fatto, lasciandolo al proprio destino. L’ultima sconvolgente rivelazione porta Barbara a capire che sua madre è irrecuperabile e lascia per sempre la casa dov'è cresciuta.

Con la donna rimane solo Johanna, la domestica indiana, che le recita alcuni versi di T. S. Eliot per coccolarla e consolarla.

Barbara prende la macchina e parte, attraversando le zone della sua infanzia. Scende dalla macchina, piange, risale e segue la segnaletica che mostra la distanza in miglia da Wichita, Salina e Denver.

La spiegazione del finale

Il quadro di Osage County è tetro, cupo, senza alcuno spiraglio, senza speranza. È graffiato solo dalle battute sarcastiche, un sottile leitmotiv di humor che accompagna il dispiegamento della tragedia.

Il dolore ancestrale, quello di cui si è nutrita Violet da sempre, quello che ha trascinato avanti un matrimonio infelice e rapporti familiari turbolenti - un quadro icasticamente rappresentato dal tumore nella bocca della donna - ha reso Violet prepotente, arida, cinica, dipendente dagli psicofarmaci in quanto unico viatico per una felicità artificiale.

Sono i segreti a nutrire questa storia, le bugie che hanno costruito una catena di drammi inespressi e di potenziali tragedie incamerate tra le pieghe di una ricca casa borghese in campagna, dove un'educazione letteraria non è stata sufficiente per salvare tre figlie dal baratro.

C'è Ivy, che ha rinunciato a vivere (scontando, in termini di tragedia greca, le colpe dei suoi genitori), c'è chi ha preferito fluttuare sulla vita in modo superficiale, come Karen, che finge di" non vedere". E c'è chi ha scelto la strada aperta e sincera della sofferenza, come Barbara, "forte come la madre" (come spesso le sottolinea Violet) ma per questo condannata a vivere intensamente i drammi, gli errori, i fallimenti, la propria natura corrotta.

Il monologo finale di Violet tradisce umanità, sofferenza e rassegnazione. La donna, che forse ha trovato l'unica via di scampo dall'orrore della vita (e della famiglia borghese), non si cura più della propria facciata ma, in questo momento della sua vita, si concede di essere crudele e sincera. È colpa sua tutto quello che è successo? In parte sì, in parte no, in parte si è adattata al male contingente e ne ha prodotto lei stessa.

Nessuno è solo vittima o carnefice, rimane solo quella via di mezzo - profondamente reale - che porta inevitabilmente alla solitudine esistenziale.

Barbara compie una scelta finale: abbandona la madre e parte, consapevole che nessun gesto potrà cambiare quello che prova e che Osage County non rappresenta l'inferno assoluto ma solo un inferno possibile, tra gli altri.

Alla figlia maggiore non resta che lasciarsi andare alla propria malinconia.

Che ne pensate? Vi è piaciuto questo film?

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