Il caso O.J. Simpson: Recensione episodio 3 Il dream team

Autore: Chiara Poli ,

Dopo il delitto, il poligrafo, l’arresto, gli avvocati e la fuga sulla Bronco bianca, ecco il vero punto di questa storia: la fama

L’attenzione mediatica smisurata, che ha trasformato un caso di cronaca nel processo del secolo, è incentrata su questo.

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Robert Kardashian che insegna ai suoi figli come la fama sia effimera fa sorridere, a sentirlo oggi. Evidentemente gli insegnamenti non sono stati ascoltati.

Ma una cosa è certa: la fama di O.J. fece la differenza e lo trasformò in un protagonista assoluto della scena mediatica mondiale.

Il dream team ne Il caso O.J. Simpson
Il caso O.J. Simpson: l'avvocato Shapiro mette insieme il dream team

Insieme ai suoi avvocati, il famoso “dream team” che dà il titolo a questo episodio, ai suoi amici, alla sua famiglia. Mentre le famiglie di Nicole Brown e Ron Goldman non godevano della stessa popolarità, nonostante fossero le vittime.

La famiglia di Goldman, per inciso, in seguito avrebbe vinto la causa civile contro O.J.,che di fatto lo riconosceva colpevole del duplice omicidio dopo l’assoluzione in sede penale.

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Lo ribadisco perché il punto di vista di questa straordinaria serie TV è rivolto al circo mediatico, sociale e storico che circondò il delitto, l’arresto e il processo.

Non a caso, in questo terzo episodio, O.J. passa in secondo piano. Approfondiamo la conoscenza di chi lo circonda e veniamo informati dei talk show, delle interviste, dei servizi fotografici e dei rotocalchi, che rappresentarono il vero caso del secolo: un’attenzione morbosa per i dettagli che, paradossalmente, venne esercitata nei confronti di un verdetto che ignorò prove, fatti e dichiarazioni evidenti.

Il caso O.J. Simpson ci racconta l’impatto culturale e mediatico dei fatti, più che i fatti. Perché, alla fine, tutti sappiamo già come andò, e per quale motivo.

Ce l’hanno chiarito fin dalla prima immagine del primo episodio, nella ricostruzione di un caso che cambiò per sempre il mondo della cronaca.

O.J. Simpson sulla copertina del Time e di Newsweek
La famigerata copertina del Time che scuriva la foto di O.J. Simpson

Da quel momento in poi, ogni caso di omicidio “famoso” (spiace dirlo, ma è così) per efferatezza, per la rilevanza sociale delle vittime (a cominciare dalla giovane età) e degli accusati (O.J. non fu la prima né l’ultima star d’America a trovarsi nei guai. Ma fu il primo assolto sotto gli occhi di tutti per un crimine tanto orrendo che aveva chiaramente commesso).

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O.J. è il centro dell’universo, qui, ma a noi interessa tutto l’universo.

Le riunioni del dream team mostrano come ogni mossa venisse studiata in base ai possibili risvolti mediatici.

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I più famosi e costosi avvocati del mondo che provano in tutti i modi a comprare la libertà di O.J.

le parole di Marcia Clark suonano tragicamente profetiche alle nostre orecchie, oggi.

Ma all’epoca suonarono come il tentativo bizzarro di compiere un miracolo che nessuno credeva sarebbero riusciti a compiere.

Come questo episodio ci ricorda più volte, tutti credevano che O.J. sarebbe stato condannato. Tutti. Perché così avrebbe dovuto andare…

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Ma grazie alla discussa copertina del Time, che scuriva O.J. e riaccendeva la questione razziale, Shapiro cavalcò l’onda, accusando il detective che trovò il guanto di O.J. di essere razzista, sulla base di casi precedenti.

John Travolta è Robert Shapiro
John Travolta è Robert Shapiro ne Il caso O.J. Simpson

Poi pensò ancora più in grande, ritirando in ballo il caso King e accusando l’intero dipartimento di polizia di Los Angeles di essere razzista.

Funzionò. perché il razzismo, per quanto becero e detestabile, vende. Fa vendere libri e giornali, infiamma gli animi e ci mette tutti in prima linea, in difesa di quei diritti umani che ancora non sono garantiti. Oggi come allora.

Il resto fu facile: puntare alla teoria del complotto, alla volontà di incastrare una celebrità solo perché di colore, mentre sull’altro fronte i testimoni dell’accusa vendevano le loro ricostruzioni alla TV compromettendo il lavoro d’indagine e le testimonianze processuali.

Inizialmente O.J., come ci viene mostrato in una scena breve ma molto efficace, non appoggiava la linea di difesa del suo dream team. Quando capì che era l’unica strada per cavarsela, però, decise di stare al gioco.

Mentre il viceprocuratore Darden, avvertendo Marcia Clark della strategia della difesa, riassume in una frase ciò che fece di un caso di cronaca il processo del secolo e il simbolo dell’ingiustizia del sistema americano, che fino ad allora era ritenuto superiore a quello corrotto del vecchio mondo:

Marcia, è una questione emotiva, non c’è niente di razionale.

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