Il labirinto del fauno è un film diretto da Guillermo del Toro nel 2006. Sarebbe possibile descriverlo come un fantasy con protagonista una bambina, ma sarebbe vero quanto riduttivo. Non si è certi se sino alla fine Del Toro stia narrando una fiaba o una realtà terribile, e il film è tutt’altro che per bambini, caratterizzato da atmosfere cupe, scenografie opprimenti e personaggi spaventosi.
- Trama
- Il finale
- Il vestito di Ofelia
- L’uomo pallido
- Vidal e Crono
- L’orologio
- Il labirinto, il gessetto magico e l’escapismo
- La chiave
La trama
La storia si svolge in Spagna nel 1944, cinque anni dopo la Guerra Civile Spagnola, e si incentra sulla lotta dei militari contro gli ultimi ribelli.
Il film inizia con una voce fuori campo (Pablo Adàn) che narra di un lontano regno sotterraneo dove non sono presenti né bugie né dolore: la giovane principessa del regno, curiosa di conoscere il mondo in superficie, decide di scappare. La luce del mondo esterno però la abbaglia e le fa perdere la memoria. La principessa finisce per soccombere alla crudezza del nuovo mondo, a cui non riesce ad adattarsi. Il racconto si conclude col Re, che resta in attesa che la figlia ritorni, magari in un altro tempo, in un altro luogo.
La scena si sposta dunque sulla piccola Ofelia (Ivana Baquero), una bambina di 10 anni amante delle fiabe che viaggia con la madre Carmen (Ariadna Gil) verso il villaggio di Navarra. Lì la attende Vidal (Sergi López), un capitano dell’esercito di Francisco Franco. Carmen è incinta del bambino di Vidal, con cui si è incontrata dopo la morte del marito (un sarto venuto a mancare durante la guerra). La gravidanza è molto invalidante e la rende insolitamente debole: Vidal è molto preoccupato e assume un medico (il dottor Ferreiro, interpretato da Alex Angulo) che possa assicurarsi che la nascita del bambino avvenga senza incidenti.
Mentre Ofelia esplora il quartier generale dei soldati di Franco (un vecchio mulino), trova un labirinto nei boschi vicini. La cameriera di Vidal, Mercedes (Maribel Verdú), le spiega che il labirinto è antico e le intima di non entrarvi, perché potrebbe perdersi.
Presto la natura di Vidal viene alla luce: non ama affatto Carmen, ma la considera solo la momentanea “trasportatrice” del suo futuro erede. La sua vena tirannica diventa palese quando nella note fa uccidere a sangue freddo due contadini a caccia di conigli, scambiandoli per ribelli.
Quella notte, Ofelia si sveglia a causa d’uno strano rumore d’ali; si tratta di uno strano insetto, notato anche durante il viaggio verso Navarra. Ofelia gli mostra il proprio libro di favole e l’essere le fa cenno di seguirla, conducendola nel labirinto nel bosco.
La prima prova consiste nel recuperare una chiave dallo stomaco di un rospo gigante che si trova nella foresta. Il Fauno dona alla bambina 3 pietre con cui nutrire il rospo. La bambina riesce nel convincere il rospo a mangiare le pietre; questo vomita una massa terribile in cui la bambina trova la chiave citata nella missione.
La visita alla tana del rospo ha completamente rovinato un vestito fatto confezionare per lei da Vidal in occasione di una cena elegante con dei politici del luogo. Torna a casa e viene messa in punizione.
Durante la cena, in cui Vidal è molto duro con Carmen, il Sindaco (Juanjo Cucalón) ricorda di essere stato in servizio col padre del Capitan Vidal. Anche lui capitano, aveva rotto il proprio orologio al momento della morte per far conoscere a suo figlio l’ora esatta e “dimostrargli come muore un uomo coraggioso”. Vidal nega tutto, anche se durante il film lo vediamo armeggiare nel suo studio con uno strano orologio da taschino.
Qualche giorno dopo, la salute di Carmen peggiora e ha un’emorragia, e Vidal rende molto chiaro al dottore che non gli importa del destino della donna, purché il suo erede sopravviva.
Nella notte il Fauno compare in camera di Ofelia e le chiede perché stia ritardando nel compimento della seconda prova. Lei gli spiega la situazione di sua madre e la creatura le dà una radice di mandragora, con la raccomandazione di metterla dentro una ciotola di notta e di nutrirla con gocce di sangue, promettendole che la aiuterà a guarire.
Nel mentre si intuisce che Mercedes e il dottor Ferreiro aiutano segretamente alcuni membri della ribellione nascosti nei boschi, tra cui anche il fratello di Mercedes, Pedro (Roger Casamajor). Il piano di Vidal è bloccare ogni rifornimento, così i due decidono di sottrarre clandestinamente dei viveri per portarglieli.
Con la madre guarita grazie alla mandragora, Ofelia è pronta ad affrontare la seconda missione, in cui dovrà recuperare un pugnale dorato. Il Fauno le dà un gessetto magico, una clessidra e l’aiuto di tre fate, lasciandola con una raccomandazione: non dovrà mangiare nulla del sontuoso banchetto che si troverà davanti e dovrà tornare indietro prima che l’ultimo granello di sabbia della clessidra sia caduto. Dopo aver disegnato una porta sul muro col gessetto magico. Arriva nella già citata sala del banchetto, dove seduto a capotavola c’è un terribile mostro senza occhi che non si accorge della sua presenza. Il terribile mostro è ritratto anche sui muri della sala, intento a divorare bambini. La bambina prende la spada e, certa del fatto che il mostro sia totalmente ignaro della sua presenza, mangia un chicco d’uva prima di andare via. Il mostro si sveglia, visibilmente in collera.
Riesce a scappare appena in tempo, lasciando che però le altre due fate vengano divorate. Il completamento solo parziale della prova (la bambina ha mangiato dal banchetto e il tempo della clessidra è finito) fa infuriare il Fauno, che la ammonisce, lasciandola da sola nello sconforto.
Il giorno dopo i ribelli depredano il magazzino con le provviste. Non essendoci alcun segno di scasso, Vidal inizia a sospettare Mercedes.
Il capitano scopre anche la mandragora di Ofelia e la aggredisce. Carmen riesce a parlarle alla figlia da sola, esponendole la sua visione disillusa del mondo e tentando di convincerla che la magia non esiste, finendo per buttare la mandragora dentro il fuoco del camino. Pochi minuti dopo, Carmen cade a terra, in preda a delle dolorosissime doglie. Carmen riesce ad avere il bambino, ma muore.
Ofelia comprende che sarà la prossima ad essere sacrificata ai crudeli intenti di Vidal. La bambina tenta la fuga insieme a Mercedes, la cui copertura è ormai saltata. Le due però vengono prese e riportate al Mulino. Ofelia viene chiusa in una stanza e Mercedes viene messa nella stanza delle torture. La giovane donna riesce a scappare di nuovo grazie a un coltellino nascosto nel grembiule e viene salvata dal fratello e dai ribelli superstiti.
Ancora rinchiusa nella sua camera, Ofelia riceve una visita dal Fauno, che le dà un’ultima possibilità. Deve prendere il suo neonato fratellino e portarlo al centro del labirinto. Ofelia riesce a drogare Vidal e a scappare col bambino. Giunta al centro del labirinto, il Fauno le svela che per ricongiungersi col padre, il portale dev’essere aperto col sangue di un innocente. Basterebbero due gocce di sangue, ma la bambina si rifiuta di nuocergli in alcun modo.
Vidal raggiunge la piccola protagonista e la trova a parlare da sola, con l’aria. Spara a Ofelia e recupera il bambino. Il sangue della fanciulla bagna il portale.
Mentre Vidal esce dal labirinto, viene però attaccato dai ribelli, capeggiati da Mercedes, che prende il neonato e fa uccidere Vidal.
Nel mentre, la piccola Ofelia si dissangua e abbandona il mondo mortale. Si ritrova in un grande salone, in cui entrambi i suoi genitori siedono su un trono. Il Fauno le spiega che l’ultima prova serviva a testare la sua integrità: il suo coraggio è stato ripagato ed adesso può tornare per sempre nel regno sotterraneo insieme ai suoi cari.
Il finale
Ofelia è una bambina sola e soffre molto per la morte del padre e per i comportamenti violenti del patrigno. Usa i libri per fuggire dalla realtà, e lo fa per tutto il film. Quelle che vediamo sullo schermo, tuttavia, non sono le semplici fantasie di una bambina.
Nel travolgente finale, le sorti di tutti i protagonisti si ribaltano: Mercedes, in fuga dai soldati di Vidal, viene salvata; la piccola Ofelia, dopo aver ricevuto una speranza di salvezza dal Fauno, muore.
Il finale è lasciato volutamente aperto. Quando Ofelia scappa col fratellino, arriva dal Fauno, che la aspetta tenendo in mano il pugnale da lei recuperato nella missione precedente. Serve qualche goccia del sangue di un innocente per aprire il portale. Le chiede di pungere il neonato: un piccolo sacrificio per un bene maggiore. Di fatto, il sacrificio alla fine viene compiuto. Vediamo Ofelia sottrarsi alla volontà del Fauno proprio mentre è raggiunta da Vidal. Per il capitano franchista, la bimba sta parlando da sola. Senza rifletterci un attimo, le spara. Il bambino è salvo, eppure il sangue della sorella, vittima innocente, basta a compiere l’incantesimo.
Il finale alterna la scena cruenta della bimba che si spegne dissanguata sulla pietra alla scena in cui finalmente torna nel regno di cui è principessa. Che il mondo fatato di cui è principessa sia tutta una sua bambinesca invenzione per fuggire a una realtà oscura e violenta? Oppure Vidal non vede il Fauno perché troppo attaccato alla realtà e incapace di vedere oltre?
Il film non lo spiega e lascia questa ambiguità, anche se l’ultima scena che ci viene proposta è calda e piena di speranza. Sta allo spettatore scegliere. Ma è davvero necessario sceglierne una?
Dal canto suo, Guillermo del Toro offre una sua poetica interpretazione senza essere troppo esplicito.
Penso spesso a quella bellissima citazione di Søren Kierkegaard che dice che con la morte termina il regno dei tiranni, mentre la morte è l’inizio del regno dei martiri. Penso sia l’essenza del film; parla di vivere per sempre scegliendo il modo in cui si muore.
Il vestito di Ofelia
Durante i primi giorni trascorsi a Navarra, Carmen dà ad Ofelia un delizioso vestito verde (molto simile, nello stile, a quello con cui è canonicamente ritratta Alice de Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll). Il vestito le è stato donato da Vidal in occasione di una cena con altri potenti della zona. Prima della cena, Ofelia sceglie di compiere la prima missione: infilarsi nella tana sotterranea di un gigantesco rospo. Lascia il vestito appeso a un ramo, in preda alle intemperie, per poi ritrovarlo completamente infangato a missione finita. Non arriva in tempo per la cena malgrado la madre gliel’avesse esplicitamente richiesto.
In un certo senso, il vestito segna la difficoltà di attenersi ai doveri che vengono insieme alla crescita. La piccola protagonista non è pronta a organizzare il proprio tempo e le proprie azioni di modo da poter frequentare una cena probabilmente tremenda e mondana, ma a cui sua madre ci teneva partecipasse. Al posto della cena e dei doveri familiari, Ofelia insegue le favole, pagandone le spiacevoli conseguenze.
L’uomo pallido
L’uomo pallido è parte della seconda prova. Siede da solo a un abbondante e invitante banchetto cui Ofelia non può partecipare, in una sala ricca di affreschi che lo dipingono intento a divorare bambini.
Inizialmente cieco (i suoi bulbi oculari sono posati su un piattino di fronte a lui), la scena in cui indossa i propri occhi sui palmi delle mani è una delle più celebri e terrificanti dell’intero film.
Quando Ofelia, mangiando due chicchi d’uva, contravviene alla regola del banchetto intoccabile, il mostro le si scaglia contro, divorando le fate che tentano di difenderla. In molti hanno trovato una grandissima somiglianza tra questa creatura e Crono nel quadro Saturno divora i figli, di Francisco Goya, e il regista ha ammesso di essersi ispirato al celebre quadro e alla figura di Crono.
Molto evidente è la somiglianza con la scena della cena elegante tra Vidal e altri illustri ospiti fedeli a Franco. Nel banchetto nel mondo reale, Vidal siede anche lui a capotavola, impassibile. Proprio come Saturno, il Franchismo e la Chiesa hanno spolpato e divorato gli spagnoli che dicevano di proteggere.
Vidal e Crono
Il banchetto del mostro avviene poco dopo quello reale, avvenuto in casa, in cui Vidal incontra i potenti del luogo e decide di razionare il cibo a tutto il villaggio per impedire ai ribelli di fare scorte.
Vidal è la perfetta rappresentazione del franchismo spagnolo: è fascista, arrogante, senza cuore. La sua attaccatura al mondo materiale gli rende ogni ragionamento di Ofelia incomprensibile. Anche il suo attaccamento al futuro figlio è un punto di contatto con la figura mitologica di Crono.
Entrambi simboleggiano un sistema oppressivo in cui la maggior parte delle persone rimane senza mettere in discussione chi vieta la piena emancipazione dell’essere. Questo fenomeno è conosciuto come il “Complesso di Crono”. Crono è la figura mitologica greca che rappresenta il tempo, la morte e la raccolta. Come precisato dal celebre psicologo John W. Crandall ne Il Complesso di Crono:
Consumando il suo bambino, Crono non ha solo lo scopo di annientarlo ma lo fa rendendolo parte di sé. Secondo Bolen, fin dai tempi antichi, il complesso di Crono è una tendenza attraverso la quale le culture patriarcali hanno mantenuto il loro potere. Ciò è evidenti in sistemi come il fascismo, una delle mutazioni più radicali del patriarcato.
L’orologio
Continuando il parallellismo, Crono è il dio sovrano del tempo. Non a caso, Vidal è ossessionato dal tempo. È inquadrato spesso nell’intento di riparare e guardare il vecchio orologio appartenuto un tempo al padre. Il tempo, nel mondo materialistico, è l’elemento più incontrollabile.
Quando incontriamo per la prima volta il capitano Vidal, lo vediamo guardare spazientito l’orologio da taschino e annunciare a Carmen e a Ofelia che sono 15 minuti in ritardo. L’attenzione del soldato franchista alla puntualità rappresenta perfettamente la sua ossessione per l’ordine e la disciplina, dovute alle sue idee fasciste e alla convinzione che tutto debba conformarsi secondo quanto prestabilito dall’ordine costituito.
Più avanti si viene a sapere (attraverso il racconto di un commensale alla cena) che in punto di morte, il padre di Vidal aveva spaccato il proprio orologio, esprimendo il desiderio che fosse donato al figlio per fargli conoscere l’esatto momento della morte e ricordargli che “così muore un uomo valoroso”. Si intuisce così come l’ossessione per il tempo e per l’ordine siano stati passati a Vidal dal padre. Non a caso, per tutto il film il capitano passa il proprio tempo a lucidarlo, a pulirlo accuratamente, mantenendo il proprio impietoso rapporto col tempo.
Al contrario, Ofelia spesso non riesce mai a fare in tempo indugiando nelle proprie avventure (o nelle proprie fantasie). La vediamo infatti arrivare in ritardo alla cena cui la madre teneva, oltre che a far scadere il tempo della clessidra fissato per la seconda prova.
Il labirinto, il gessetto magico e l’escapismo
Il labirinto stesso è un simbolo. Nel labirinto è rappresentata tutta la necessità di Ofelia di scappare dalla realtà e trovare una sorta di redenzione dalle difficoltà che la crescita comporta. Una fuga che non è di certo semplice, ma piena di bivi e strade cieche, proprio come in un labirinto.
Il gessetto che il Fauno regala ad Ofelia può essere usato per aprire porte verso mondi sconosciuti, ogni qual volta si ritrovi di fronte ad una difficoltà e la situazione sembri senza scampo. È in qualche modo il simbolo della fantasia della protagonista. Una fantasia immensa e meravigliosa, ma anche una pericolosa fuga dalla realtà nei momenti in cui la figura di Vidal si fa sempre più oppressiva.
La chiave
Quando Vidal scopre che i ribelli non sono entrati in magazzino forzando il lucchetto, capisce che Mercedes è loro complice e ha aperto loro la porta. Per sincerarsi che nulla del genere potesse accadere, Vidal si era fatto preventivamente consegnare da Mercedes la sua chiave, ma la donna ne possedeva evidentemente una copia. La chiave diventa il simbolo della disobbedienza e del rigetto di un sistema oppressivo, a favore della libertà.
E la chiave che nella prima missione Ofelia fa sputare al rospo, e che serve per recuperare il pugnale d’oro, è anch’essa una chiave verso la libertà. La libertà da una realtà opprimente e oscura, fatta di fascismo, ordine e spietatezza. Una chiave che nutre i suoi sogni da bambina e che è capace di “nutrire” di ribelli lasciando la porta del magazzino aperta. Che apra la porta del magazzino o quella verso un mondo fatato, si tratta sicuramente di una chiave antifascista.
Il labirinto del fauno è un film del 2006 scritto e diretto da Guillermo del Toro, con Ivana Baquero, Sergi López, Doug Jones, Maribel Verdú.
Sì, Guillermo Del Toro e Cornelia Funke hanno scritto un libro omonimo, Il labirinto del fauno, che in Italia è pubblicato da Mondadori.C'è un libro del film Il labirinto del Fauno?
No, per i temi e le tematiche trattate, Il labirinto del fauno è sconsigliato ai più piccoli, o comunque ai minori di 13 anni.Il labirinto del fauno è un film adatto ai bambini?
Ofelia, la madre di Ofelia e il Capitano Vidal muoiono tutti durante il corso del film: si salva invece il fratellino di Ofelia, di cui si prenderà cura Carmen.Chi muore nel labirinto del fauno?
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