Indiana Jones e i Predatori dell'Arca Perduta: la prima avventura di Indy

Nazisti, archeologi senza scrupoli e leggendarie reliquie: Indiana Jones e i Predatori dell'Arca Perduta, l'inizio di una grande saga

Autore: Manuel Enrico ,

Il nome Henry Walton Jones Junior difficilmente potrebbe risultare famigliare al grande pubblico, ma cosa accadrebbe se sostituissimo questo altisonante nome con un più confidenziale e rapido Indiana Jones? Probabilmente qualcuno fischietterebbe uno dei temi musicali più noti della storia del cinema, qualcuno potrebbe mimare il gesto di una frusta e sicuramente una voce ci ricorderebbe che non sono gli anni a pesare, ma i chilometri. In pratica, scopriremmo che tutti, bene o male, conoscono le avventure di Indiana Jones, l’archeologo avventuriero.

E non potrebbe essere diversamente, considerato che Indiana Jones è una delle icone del cinema d’avventura, nato dalla geniale mente di George Lucas, con l’aiuto di un altro nome celebre del mondo del cinema: Steven Spielberg.

La nascita di Indiana Jones

Una delle prime idee del giovane George Lucas era di realizzare un film d’avventura che fosse l’erede dei grandi miti della letteratura avventurosa, letteraria o fumettistica. Lucas era un divoratore dei grandi film d’azione degli anni ’40 e delle serie a fumetti del Dottor Savage. Questa sua formazione, condivisa come scoprì in seguito con l’amico Steven Spielberg, fu la scintilla vitale da cui partì l’ispirazione per la creazione di Indiana Jones.

Tuttavia le ispirazioni per la nascita del celebre avventuriero si spinsero anche in una direzione che difficilmente ci aspetteremmo: i primi fumetti di Zio Paperone. Quando nel 1947 Carl Barks, universalmente riconosciuto come uno dei migliori interpreti dei paperi disneyani, creò Zio Paperone (in origine, Uncle Scrooge) aveva in mente di creare un parente di Paperino che lo coinvolgesse in avventure insolite e piene di pathos, una volontà che portò alla nascita di una serie di fumetti interamente dedicata alla figura del ricco zio di Paperino. Il fulcro di queste storie era l’avventura, una leva creativa che portò alla nascita di grandi storie come Zio Paperone e le sette città di Cibola o Zio Paperone e l’oro di Pizzarro, avventure che segnarono profondamente l’immaginario di Lucas e di Spielberg, e che vennero omaggiate anche nelle pellicole di Indy.

Furono anche altri fumetti a dare a Lucas un’ispirazione per il personaggio: i supereroi. Tipico di questi eroi era la doppia vita, uno sdoppiamento dei protagonisti che consentiva di creare un dualismo capace di valorizzare i diversi aspetti dei personaggi. Lucas si lasciò tentare da questa caratteristica, stabilendo che il suo avventuriero dovesse rispettare questo assioma.

Tornando al mondo del cinema, le ispirazioni di Lucas erano, come detto, i film d’avventura degli anni ’40. In queste pellicole si vivevano incredibili peripezie, ed è comprensibile come potessero esercitare un grande fascino su un giovane spettatore quale era Lucas. Ci fu però un altro personaggio cinematografico che ebbe un forte appeal su Lucas e le cui caratteristiche furono essenziali per la nascita di Indiana Jones: James Bond.

L’agente segreto britannico interpretato da Sean Connery divenne in breve una passione per Lucas, che avrebbe voluto dirigere un film della saga di 007, ma si accontentò di creare un proprio personaggio d’avventura (anche se in un certo James Bond alla fine arrivò nel mondo di Indy…). Da queste idee nasce un primo scrit, The Adventures of Indian Smith, nel 1973. Tutte queste idee ronzavano nella testa di Lucas, insieme ad un altro progetto: ridare al grande pubblico una nuova versione del popolare eroe di fantascienza Flash Gordon. La sorte decise che questo progetto diventasse il primo grande lavoro di Lucas, che dopo diverse vicissitudini si volse in un’altra direzione, portando alla nascita di un’altra grande avventura cinematografica: Star Wars.

Anche durante la lavorazione di Star Wars, la mente di Lucas torna spesso al suo avventuriero, al punto che ne parla con lo sceneggiatore Philip Kaufman, che convinto del potenziale del personaggio consiglia a Lucas di basare la sua prima avventura sulla ricerca dell’Arca dell’Alleanza. Il progetto sembra avviarsi verso la realizzazione, ma Kaufman viene assunto da Clint Eastwood per Il texano dagli occhi di ghiaccio, abbandonando il progetto di Lucas.

Nel frattempo, Star Wars arriva nei cinema, diventa il mito che oggi conosciamo e il buon Lucas, stremato dalla lavorazione del suo primo blockbuster, si prende una bella vacanza alle Hawaii. Località in cui viene raggiunto dall’amico Steven Spielberg, reduce dall’uscita al cinema di Incontri ravvicinati del terzo tipo.

Siamo nel 1977, i due amici sono diventati celebri per film come Lo Squalo e, per l’appunto Star Wars, eppure hanno altri progetti da realizzare. Mentre sono sulla spiaggia a fare castelli di sabbia (non è un modo di dire!), Spielberg confessa all’amico che il suo sogno sarebbe dirigere un film di James Bond, e Lucas coglie l’occasione per parlargli di un personaggio di cui vorrebbe raccontare le avventure, molto più interessante di Bond. Inizialmente, Spielberg era spaventato dall’idea di legarsi ad una serie di film, ma la sua reticenza svanì quando Lucas gli confessò di avere già pronti anche gli script dei due capitoli successivi. Metti insieme due geni del genere, un background culturale identico e un’idea strabiliante, cosa può uscirne se non un film che farà la storia

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Spielberg però aveva una visione differente del personaggio. Il suo Indy era un uomo più vicino a James Bond, con il suo fascino da sciupafemmine, a cui voleva aggiungere una componente di uomo vissuto e segnato dalla vita (e dall’alcolismo) sul modello del Fred Dobbs interpretato da Humprey Bogart nel Il tesoro della Sierra Madre. Lucas non era convinto di questo approccio, sentendo che il personaggio era già sufficiente caratterizzato dalla sua doppia identità di professore universitario ed avventuriero e le idee di Spielberg non arrivarono mai nella versione definitiva di Indiana Jones.

Si chiama come il suo cane!

Come sempre, tutto inizia dalla ricerca del nome del protagonista. Inizialmente Lucas aveva pensato di chiamare il personaggio Indiana Smith. Il nome voleva essere un omaggio al cane di Lucas, Indiana, lo stesso alaskan malamute che aveva già ispirato la figura di Chewbacca di Star Wars. Smith, invece, voleva essere un tributo al Nevada Smith di Steve McQueen, ma quando Spielberg fece presente che il nome suonava poco orecchiabile, si decise di ribattezzare il personaggio e si optò per Indiana Jones.

 Indiana Jones doveva essere l’erede della tradizione degli eroi avventurosi, il che rese necessario trovare dei tratti distintivi che non solo collocassero il personaggio da un punto di vista storico ma che ricordasse alcune delle caratteristiche tipiche di quella tipologia di eroe.

Si decise di puntare sul cappello, un elemento oramai inconfondibile di Indiana Jones. Si puntò al fedora, e quello utilizzato nel primo film di Indy era un modello venduto come ‘australian’ nel rinominato negozio di cappelli londinese Herbert Johnson. Rimanendo fedeli al personaggio, il fedora di Indy avrebbe dovuto mostrare i segni di una vita intensa, ma quello recuperato a Londa era sin troppo nuovo. L’idea della costumista Deborah Nadoolman fu di maltrattare in tutti i modi il cappello per dargli un’aria vissuta, arrivando persino ad imporre a Ford di sedersi sul proprio cappello durante le pause delle riprese.

Il cappello divenne non solo il tratto distintivo di Indy (assieme a frusta e revolver), ma fu anche il trait d’union con gli eroi dei classici film d’avventura. In quelle pellicole, i protagonisti non perdevano mai il cappello, in nessuna situazione. Come riferimento a questa tradizione, nella saga di Indiana Jones sono presenti diverse scene in cui Indy cerca di non perdere il cappello, salvo due occasioni in cui rischia grosso pur di non lasciare indietro il suo prezioso cappello. Per aiutare Harrison Ford in questo aspetto, si studiò un piccolo trucco; l’attore recitò con il fedora attaccato alla testa con del nastro biadesivo.

Anche la giacca indossata da Indy subì una serie di maltrattamenti finalizzati al ricreare l’aspetto di una vecchia e fidata compagna di avventure per Indiana Jones.

Il primo impatto visivo di Indiana Jones venne realizzato per i bozzetti e il concept art di Indiana Jones e i Predatori dell’Arca Perduta. A firmare questi lavori fu un nome storico di casa Marvel Comics, Jim Steranko. Il nome di Steranko appartiene all’olimpo del fumetto, consacrato per l’incredibile tecnica con cui realizzò celebri saghe di Capitan America o di Nick Fury. Il suo Indy aveva un aspetto più duro rispetto all’immagine di Ford, maggiormente ispirato ai duri dei fumetti pulp degli anni ’30-’40.

Alla ricerca dei protagonisti

Dopo aver faticato a trovare qualcuno che credesse nel loro progetto, Lucas e Spielberg trovarono il loro angelo custode in Michael Eisner, capo della Paramount, che diede fiducia ai due giovani, fidandosi della valutazione dei costi presentata (20 milioni di dollari), una cifra che era stata ritenuto poco credibile dal resto delle grandi case produttrici di Hollywood.

Trovato il produttore, era necessario trovare l’interprete per il personaggio. Spielberg non aveva dubbi: Harrison Ford. L’attore era stato perfetto nell’interpretare Han Solo in Star Wars, ed era il tipo adatto per mostrare il lato meno serio e più sbruffone di Indy. Inizialmente, Lucas non era intenzionato a scritturare Ford, spaventato dall’idea che il suo nome si legasse a quello dell’attore, allo stesso modo in cui in quegli anni si era visto con il duo Scorsese – De Niro. LA sua proposta fu quella di un altro attore che si avvicinava all’ideale di Indiana Jones: Tom Selleck.

Nonostante diversi attori provinati, Selleck rimase la prima scelta di Lucas, che alla fine convinse anche Spielberg. L’unico problema fu che Selleck era già sotto contratto per interpretare Magnum P.I., serie televisiva le cui riprese in quasi contemporanea spinsero la casa di produzione del serial al porre il veto sulla partecipazione di Selleck al film di Lucas e Spielbeg. Ironia del destino, le riprese di Magnum P.I. subirono un ritardo e iniziarono dopo la conclusione di quelle del primo film di Indiana Jones. Al povero Selleck rimase la misera soddisfazione di parodiare il personaggio che non riuscì ad interpretare in un episodio dell’ultima stagione di Magnum P.I. , Legend of the lost art.

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Oltre a Selleck, furono messi alla prova anche Nick Nolte, Jack Nicholson e Chevy Chase. Tutti gli attori nei provini furono testati usando sempre la stessa attrice, Sean Young. L’unico a non incontrare la Young fu Harrison Ford, che ottenne la parte d’ufficio. Ma le strade di Ford e della Young si incrociarono pochi mesi dopo, quando presero parte nel ruolo di protagonisti al cult fantascientifico Blade Runner.

Anche per il ruolo della spalla di Indy non si riuscì a concludere per via di una serie televisiva. Ad interpretare Sallah avrebbe dovuto essere Danny de Vito, ma il suo impegno con il serial Taxi fu d’intralcio, e alla fine il ruolo andò a John Rhys-Davies. Ironia del destino, anni dopo de Vito interpretò un ruolo simile, Ralph,  in due film nati sulla scia del successo di Indy, All'inseguimento della pietra verde e Il tesoro del Nilo.

Per il rivale di Indy, Belloq, inizialmente si era pensato al nostro Giancarlo Giannini, ma il fatto che non sapesse l’inglese spinse la produzione a preferirgli Paul Freeman.

La dura vita del set

Per realizzare Indiana Jones e i Predatori dell’Arca Perduta si decise di girare in Tunisia. Lucas aveva già avuto modo di utilizzare certe location del paese africano in Guerre Stellari, tanto che delle scene dell’avventura di Indy sono state filmate in luoghi visitati da Luke Skywalker e soci. Fu una scelta che gran parte della troupe rimpianse, visto che tranne Spielberg tutti si trovarono a dover gestire una terribile epidemia di dissenteria. Il regista, vista la situazione, dovette ridurre di ben due settimane il tempo delle riprese, come conseguenza del disagio che stava vivendo la troupe. Per nostra fortuna, grazie a questa situazione nacque una delle scene simbolo del film.

Durante l’inseguimento nella città, quando Indy si trova davanti l’arabo armato di scimitarra, era prevista una bella scazzottata tra i due. Le condizioni di Ford, pesantemente debilitato, non consentivano all’attore di affrontare una simile sequenza, e così il buon Harrison propose di ridurre la scena di lotta ad una semplice pistolettata. Situazione drammatica risolta al meglio, e scena iconica immortalata.

Meno dignitosa fu la scena che vide protagonista John Rhys-Davies. Durante una sequenza, poi tolta dal girato per ovvi motivi, Sallah si trova dalla parte sbagliata della pistola di un militare nazista, e mentre Spielberg chiedeva all’attore di muoversi, piegarsi e dare drammaticità al momento, il povero Rhys-Davies fu colto da una terribile botta di dissenteria, con buona pace dei presenti e del suo amor proprio.

Tra infortuni vari, come la rottura di un legamento per Ford, le riprese furono comunque un successo, oltre a diventare il punto di partenza per un altro grande simbolo del cinema anni ’80. Fu durante le pose di Indiana Jones e i Predatori dell’Arca Perduta che Spielberg accennò a Melissa Mathison, all’epoca compagna di Ford, della sua idea su un film di fantascienza basato su un piccolo alieno che si perde sulla Terra. Esatto, anni dopo Spielberg e la Mathison trasformarono quell’idea in E.T.- L’Extraterrestre!

Segnali di stile

All’epoca in cui venne girato Indiana Jones e i Predatori dell’Arca Perduta, gli effetti speciali stavano iniziando la loro progressiva ascese al mondo della computer graphic, ma gran parte degli effetti erano ancora realizzati in modo artigianale ed ingegnoso.

Ad esempio, la scena di Indiana nel Pozzo della Anime, circondato dai serpenti. Per realizzare questo momento furono utilizzati 2.000 serpenti, un numero incredibile, che però non era sufficiente per Spielberg, il quale, per non gravare troppo sui conti della produzione, ricorse ad un trucchetto per mostrare più serpenti: gettare in mezzo ai rettili dei pezzi di tubo di gomma tagliati! Lo stratagemma funzionò, ma erano comunque presenti dei rettili decisamente poco amichevoli! Per proteggere Ford in queste scene, visto che erano utilizzati anche dei serpenti velenosi, venne frapposta fra l’attore e i rettili una lastra di vetro. L’effetto è quasi impercettibile, salvo una frazione di secondo in cui un riflesso tradisce il trucco!

Più complicato fu riprodurre i fantasmi che escono dall’Arca dell’Alleanza durante il rituale. Si ripresero dei pupazzi sott’acqua, utilizzando delle lenti particolari che dessero l’effetto che vediamo poi nel film. Più semplice fu realizzare la scena in cui i volti di Belloq e Toth si sciolgono, ma questo passaggio fu considerato eccessivamente splatter dalla Motion Picture Association of America, che costrinsero la produzione a rigirare la scena in modo meno cruento, consentendo a Indiana Jones e i Predatori dell’Arca Perduta di ottenere il visto PG anziché il R (vietato ai minori).

Indiana Jones è un docente di archeologia quando non va in giro per il mondo a recuperare reliquie. Per lui la storia è una vecchia amica, ma non deve essere lo stesso per chi doveva curarsi delle precisioni nella ricostruzione storica di Indiana Jones e i Predatori dell’Arca Perduta

Il film è ambientato nel 1936, ben prima della Seconda Guerra Mondiale. In quell’anno, l’Egitto era ancora un protettorato britannico, cosa che rende pressoché impossibile veder i nazisti aggirarsi con tanta facilità. Sempre in merito ai nazisti, le armi che vediamo in loro possesso, come il mita MP-38 e il lanciarazzi anticarro brandito anche da Indy, non entrarono in servizio che nel 1938. Allo stesso modo non era possibile che nel 1936 in Africa fosse presente l’Afrika Corps, nato ufficialmente nel 1941, un ‘imprecisione che fa il paio con la mappa in cui viene mostrata la Thailandia, che nel 1936 si chiamava ancora Siam!

Il gioco delle citazioni

Sin dalla sua nascita, Indiana Jones era stato fortemente influenzato da altre opere. Visivamente, il modello erano i film di avventura della Republic Pictures degli anni ’40 e ’50, tanto che la costume designer Deborah Nadoolman confessò che si stupì di come non fosse mai menzionato quanto un film come Il segreto degli Incas (1954) avesse influenzato la realizzazione del film.

Sono però le citazioni del mondo Disney ad essere interessanti. La scena del masso rotolante ad inizio film fu un’idea di Spielberg, che si ispirò alla famosa storia a fumetti di Carl Barks Zio Paperone e le sette città di Cibola. Lucas si ispirò invece ad un’altra storia di Barks, Zio Paperione e l’oro di Pizzarro, per l’idea delle trappole nel tempio e dell'idolo.

Curioso come queste citazioni divennero iconiche per la figura di Indiana Jones, che anni dopo venne omaggiata dalla Disney all’interno di suoi due cartoni animati. In Cip&Ciop – Agenti Speciali, Cip è vestito esattamente come Indiana Jones e in modo ironico Ciop ha una camicia hawaiiana identica a quelle di Thomas Magnum, il personaggio di Tom Selleck in Magnum P.I. per cui rinunciò a frusta, revolver e fedora.

In Duck Tales, il personaggio di Jet McQuack veste in modo molto simile a Indy, arrivando in un episodio a citare in modo non troppo velato l’avventuroso archeologo

Serpenti! Io odio i serpenti! Aspetta, quello è un altro…
 

In Indiana Jones e i Predatori dell’arca perduta sono contenute due citazioni di un altro prodotto Disney: Star Wars. All’epoca, onestamente, questi due riferimenti erano più che altro un omaggio di Spielberg all’amico Lucas, ma visto come si è evoluto lo show biz negli ultimi anni ora sono riferimenti ad una proprietà Disney!

Nella scena iniziale della fuga dal tempio, Indy scappa a bordo di un piccolo idrovolante, sulla cui fiancata compare la sigla OB-CPO, in riferimento a Obi-Wan Kenobi e C-3PO. Quando Indy trova l’Arca dell’Alleanza nel Pozzo delle Anime, nei geroglifici che decorano l’altare fanno la loro apparizione anche R2-D2 e C-3PO

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