Nick Fury è il James Bond di Marvel Comics

Immagine di Nick Fury è il James Bond di Marvel Comics
Autore: Manuel Enrico ,

Una delle grandi illusioni del Marvel Cinematic Universe è che la spia per eccellenza del mondo marveliano sia Natasha Romanoff. La sensuale e letale Vedova Nera è indubbiamente una delle migliori interpreti del mondo spionistico della Casa delle Idee, ma in ambito fumettistico il titolo di agente segreto per antonomasia spetta a Nicholas Joseph Fury Sr, più famigliarmente noto come Nick Fury. All’interno dei fumetti Marvel, Nick Fury ha vissuto più di una vita, muovendosi nelle ombre dei grandi eventi marveliani o essendo protagonista di una vena spionistica che, specialmente sotto l’attenta cura di Stan Lee e Jim Steranko, ha consentito alla Casa delle Idee di arricchire il proprio universo narrativo con spy stories che si distaccassero dal contesto superorico dominante.

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Capace di passare dai teatri di guerra della Seconda Guerra Mondiale alla nuova dimensione spionistica da Guerra Fredda, Nick Fury è parte del Marvel Universe sin dai suoi primi passi. Come molti personaggi della Casa delle Idee, anche Fury è stato protagonista di un procedimento di elaborazione del concept iniziale, diventando tuttavia una figura chiave del mondo marveliano, grazie alla sua figura di grande burattinaio e di uomo abituato a operare nell’ombra.

Dalle trincee della Seconda Guerra Mondiale al mondo dello spionaggio: Nick Fury la spia del Marvel Universe

Gli Howling Commandos: come è nato Nick Fury

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Durante la Golden Age dei comics, nel fiorire di supereroi e di patriocally themed heroes come The Patriot o Captain America, non mancarono pubblicazioni che si concentravano su figure decisamente più reali, raccontando di missioni incredibili di soldati comuni o svelando fantasiose avventure di truppe speciali che si opponevano a folli piani del Reicht.

 Emblema di questi fumetti di guerra era Boy Commandos, serie realizzata da Joe Simon e Jack Kirby per DC Comics nel 1942, in cui insolito e intraprendente gruppo di soldati si lanciava contro il nemico nazista. Questo tipo di storie contribuì a creare una fascinazione per il fumetto di guerra, capace di sopravvivere anche negli anni bui della fine della Golden Age, offrendo alle case editrici una tematica con cui andare a sostituire i non più performanti supereroi con personaggi più reali e protagonisti di storie ugualmente affascinanti.

L’accoglienza di questi comics non cessò con la rinascita dei supereroi avviatasi con la Silver Age, ma rimase anzi una potenziale alternativa per dare vita a pubblicazioni che rispondessero alla richiesta di un pubblico differente. In casa Marvel, durante gli anni più critici della caccia alle streghe ai comics, si era tentato di convertire un personaggio di punta come Captain America in una sorta di cacciatore di spie comuniste (da cui il non lusinghiero nomignolo di commie smasher), non riuscendo tuttavia a raccogliere l’essenza di un fumetto di guerra di cui i lettori sentivano l’assenza.

Attento come sempre ad intercettare le richieste di potenziali lettori, durante i primi anni di Marvel Comics Stan Lee non si limitò a creare supertizi, ma ricordando anche i suoi trascorsi di autore su diverse tipologie di racconto (dalla sci-fi alle love story) era intenzionato a trovare nuovi spunti per le pubblicazioni della casa editrice.

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Questa idea ronzava nella testa del Sorridente Stan anche quando il suo editore, Martin Goodman, era talmente soddisfatto dagli ottimi risultati ottenuti con i primi personaggi marveliani (Fantastici Quattro e Spider-Man) da esser certo che il duo Kirby-Lee potesse ottenere risultati ottimi anche con una serie con un titolo assurdo. Leggenda vuole (o meglio Lee sosteneva) che spinto da questo assunto, Lee abbia partorito un war comics su cui ha espressamente lavorato per ottenere un titolo impossibile: Sgt. Fury and His Howling Commandos.

Premesso che Lee, per quanto leggendario, aveva la tendenza a colorire in modo personale il racconto sulle origini dei personaggi Marvel, il Sorridente Stan aveva svelato il retroscena della concezione del titolo di questa serie in un’intervista del 2007:

Per prima cosa, era un titolo troppo lungo, non ne avevamo mai avuto uno composto da sei parole! E Howling era una parola lunga, Commandos era una parola lunga. Mi era venuto in mente Howling Commandos perché nell’esercito c’era stato un gruppo chiamato Screaming Eagles, e adoravo come suonava. Quindi pensai che noi potessimo avere gli Howling Commandos. 

In un periodo in cui la tendenza nel mondo dei comics era il ritorno dei supereroi, Marvel Comics uscì con un war comic, tornando nello scenario della Seconda Guerra Mondiale. Non è certo che all’epoca Lee avesse già intuito quanto questo potesse essere un potenziale background di un personaggio importante nel Marvel Universe o se invece fosse una storia a sé stante, ma Sgt. Fury and His Howling Commandos divenne la backstory di quello che sarebbe divenuto il futuro Nick Fury.

Sgt. Fury and His Howling Commandos non è un semplice war comics, ma rappresenta anche un ennesimo segno di come Lee fosse attento a quel ‘mondo dalla fuori finestra’ da cui traeva ispirazione. In un momento in cui la lotta per i diritti sociali della popolazione afroamericana prendeva sempre più corpo, Lee immaginò che durante la Seconda Guerra Mondiale nel teatro europeo fosse presente una squadra speciale, gli Howling Commandos, composta da militari di diverse nazionalità ed etnia.

Scelta tutt’altro che banale o scontata, considerato che durante la Seconda Guerra Mondiale le forze armate americane erano ancora fortemente segregazioniste, al punto da creare divisioni di soldati afroamericani, come raccontato anche in Dreaming Eagles di Garth Ennis. Lee ribalta questo concetto mettendo Fury a capo di una squadra eterogenea impegnata in missioni spericolate, spesso oltre linee nemiche, in cui questi soldati rischiano la vita, al punto che proprio in Sgt. Fury and His Howling Commandos si assiste alla morte di uno dei protagonisti Junior Juniper, evento spesso citato come la prima morte di un protagonista all’interno di una serie a fumetti.

Sgt. Fury and His Howling Commandos ebbe un notevole successo, arrivando sino ai primi anni ’80 e diventando il racconto del passato militare di Nick Fury, che nel frattempo si stava ritagliando uno spazio sempre più importante all’interno del Marvel Universe.

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Nick Fury, agente segreto

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Per quanto i war comics potessero essere una divertente proposta alternativa al fumetto supereroico, a partire dai primi anni ’60 un altro genere stava appassionando il pubblico: la spy story. I primi anni della Guerra Fredda avevano fatto una certa pressione sulle paure del cittadino americano medio, andando a toccare anche l’interesse degli scrittori, che iniziarono a dare un contributo importante alla creazione di un immaginario narrativo che culminò con l’arrivo sul grande schermo della spia per eccellenza, James Bond.

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Il successo del Bond di Connery fece sì che il pubblico si mettesse alla ricerca di altre storie simili, spingendo Lee a cercare un modo per inserire all’interno dei fumetti Marvel questo concept narrativo. Lee rimase folgorato non solo dalla presenza dei fantasiosi gadget di Bond ma anche dalla rapida diffusione di questo format, che stava arrivando anche in un’altra popolare forma di intrattenimento del pubblico americano del periodo, la serialità televisiva:

C’era una serie televisiva molto popolare, The Man from U.N.C.L.E., una specie di James Bond. Quasi per divertimento iniziai a pensare come riportare in azione Fury. Erano passati anni, quindi dovevo renderlo almeno colonnello, e volevo metterlo a capo di un’agenza simile alla U.N.C.L.E., un’organizzazione militare segreta. Ma dovevo pensare a un nome, io amo i nomi, quindi pensai a S.H.I.E.L.D. Per il quartier generale, l’idea mi pare fosse venuta a Jack Kirby, che ebbe la geniale intuizione di realizzare una portaerei volante

In questa sua nuova veste di agente segreto, Nick Fury fece il suo esordio come agente dello S.H.I.E.L.D. (Supreme Headquarters International Espionage Law-enforcemente Division) nel 1965, all’interno di Strange Tales #135.

Questa nuova veste di Fury prese sempre più definizione mentre stava proseguendo la sua precedente pubblicazione, Sgt. Fury and His Howling Commandos, che venne affiancato da una seconda serie dedicata al personaggio, Nick Fury – Agent of S.H.I.E.L.D, dove Lee si avvalse prime di Kirby e successivamente di quello che viene ancora considerato il miglior interprete visivo di Fury, Steranko.

Questo dualismo del personaggio porta sempre più le due serie a trovare punti di contatto, come accaduto con la tradizionale benda sull’occhio di Fury, che appare in Nick Fury – Agent of S.H.I.E.L.D. ma le cui origini sono raccontate in Sgt. Fury and His Howling Commandos, dove viene svelato come una scheggia di granata abbia ferito all’occhio Fury, comportandone la progressiva perdita.

Le trame di Nick Fury – Agent of S.H.I.E.L.D. erano la quintessenza dello spionaggio avventuroso, grazie alla presenza di gadget hi-tech e alla presenza di una spietata organizzazione terroristica segreta, l’Hydra. L’influenza bondiana è innegabile, ma Nick Fury – Agent of S.H.I.E.L.D. iniziò rapidamente a mostrare una propria personalità, proprio lavorando sulla figura di Fury e affrontando temi che all’epoca erano raramente inseriti nella narrativa di genere, come il rapporto con le alte sfere del potere e l’ingerenza delle lobby potere nella politica internazionale.

Il passaggio dagli scenari di guerra al gioco nelle ombre tipico dello spionaggio richiedeva anche di scrivere una seconda origin story per Nick Fury. Soprattutto, si doveva trovare una spiegazione alla longevità di un uomo che avrebbe dovuto decisamente più anziano, e in questo Lee decise di ricorrere alla rodata formula del siero, già al centro della creazione di Captain America e riadattato per la seconda vita di Fury, credano la Formula dell’Infinito. Curioso notare come questa origine simile per Fury e Cap sia uno dei tratti in comune tra due personaggi così legati alle esigenze di stato, specialmente quelle meno nobili.

Dove però Cap ebbe modo di dimostrare una propria rigida attinenza a un codice morale, Fury mostra invece la capacità di anteporre a tutto l’obiettivo finale, a prescindere dalle azioni necessarie. Una divergenza di opinioni che ha messo Cap e Fury spesso in contrapposizione, ma che ha consentito a diversi autori di poter affrontare con particolare attenzione disamine venate di politica e etica.

La Formula dell’Infinito divenne quindi la seconda nascita di Fury. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, Fury fu gravemente ferito dallo scoppio di una mina, ma fu salvato dal dottor Berthold Sternberg, che gli somministrò un suo serio sperimentale, la Formula dell’Infinito. Dopo una straordinaria ripresa, Fury entrò nel O.S.S. (Office of Strategic Service), in seguito divenuto la C.I.A, divenendo uno degli agenti di punta.

 Ben presto però scoprì come la Formula dell’Infinito avesse l’effetto collaterale di ritardare l’invecchiamento, a patto di venire assunta una volta l’anno, con il rischio che una mancata assunzione potesse causare un invecchiamento immediato e letale. Ricattato per trent’anni da Sternberg, Fury sviluppa una dipendenza al siero risolta solo molti anni dopo.

Durante i suoi primi anni alla C.I.A. viene inviato in Corea, dove riforma gli Howling Commandos e in seguito viene utilizzato come contattato con la nascente comunità supereroica. È in questa vesta che entra a far parte dello S.H.I.E.L.D, prima come agente di punta e in seguito come suo direttore.

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Nick Fury nel Marvel Universe

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All’interno di un continuity serrata e sempre più complessa come quella del Marvel Universe, una figura come quella di Fury si rivela uno strumento narrativo efficace nel dare il via a momenti essenziali dell’universo marveliano. Non solo attuando una ricostruzione delle sue origini, andando a creare un’organizzazione criminale, l’Hydra, capeggiata dalla nemesi di Fury durante gli anni della guerra, il barone von Strucker, ma soprattutto dando a Fury la possibilità di crearsi una nomea di uomo avvezzo allo spionaggio e dalla moalità discutibile grazie alla costruzione di una progressione narrativa che, apparentemente, lo separa dal contesto supereroico generale della Casa delle Idee.

Questo distacco si rivela funzionale quando Fury si rivela capace di creare squadre di eroi ad hoc per i suoi scopi, mostrando un lato manipolatorio e cinico che lo pone al centro di eventi di impatto minore, come Guerra Segreta, oppure di grande influenza sulla continuity marveliana, come Original Sin.

Ruolo che viene preservato anche nella versione Ultimate, l’universo nato nel 2001 in cui gli eroi di Marvel Comics vengono ripresentati in un’ottica più contemporanea e meno nobile rispetto alla loro tradizione. Figli di una visione meno eroica e più smaliziata, interpreti di una percezione più umana e scevra dell’ottimismo che aveva animata queste figure nei decenni precedenti, Ultimates ha rappresentato una riscrittura del concept supereroico greve e meschina, focalizzata in particolare sulla parte più umana e fallibile dei superesseri.

guerra segreta

 In questa congiuntura narrativa, Nick Fury diviene quasi un’anomalia, risultata il personaggio che più di ongi altro rimane allineato alla sua precedente declinazione. La sua capacità di muoversi nel mondo dello spionaggio, il suo esser cinicamente attento a muovere i supereroi come pedine del proprio gioco non solo non viene meno, ma risultata anzi ancora più concreta e credibile all’interno di questa dinamica supereroica graffiante.

Soprattutto, è la sua rielaborazione grafica a soprendere i lettori, dopo che viene deciso di dare a Fury la fisionomia di Samuel L. Jackson. Il badass motherfucker del cinema americano, particolarmente attivo nel periodo, viene identificato come il perfetto modello sul cucire il nuovo approccio narrativo di Fury, una sinergia che diventa realtà quando l’attore di colore viene scelto per portare sul grande schermo Fury, quando il Marvel Cinematic Universe coinvolge lo S.H.I.E.L.D. in Iron Man.

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Nick Fury, dal fumetto al cinema

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Il passaggio di Nick Fury dai fumetti Marvel alla macchina da presa non avviene con la nascita del Marvel Cinematic Universe, ma precede di diversi anni nascita della titanica narrativa cinematografica marveliana attuale. Dopo i vari tentativi di portare gli eroi Marvel sul piccolo schermo, con l’unico successo della serie su Hulk, e l’esperimento ardito di Howard il papero che salvò il mondo, un nuovo tentativo venne fatto nel decennio successivo, e il compito venne affidato proprio a Nick Fury.

In questo passaggio di Nick Fury dai fumetti al mondo dell’entertainment venne deciso di lavorare sull’adattare il canone narrativo spionistico tipico del periodo d’oro del personaggio, con un’opera di compressione di diversi tratti della saga fumettistica, adattandola al mondo contemporaneo e alla nuova dimensione della serialità televisiva di metà anni ’90. Nato come potenziale serie, Nick Fury: Agent of S.H.I.E.L.D. era idealmente il punto di partenza di un universo cinematografico marveliano.

Affidato a David S. Goyer, già all’opera sull’adattamento cinematografica di Blade, il Fury cinematografico venne modellato sull’immaginario tipico dell’era Steranko, calandolo nel mondo contemporaneo affidandosi a un design in cui venisse premiato un look sci-fi estremamente concreto. Sfruttando la popolarità di un volto amato della serialità televisiva del periodo, David Hasselhoff, si pensò di realizzare un pilot d’effetto, andando a raccontare il ritorno di Fury all’interno dello S.H.I.E.L.D., dopo un allontanamento per il suo approccio fuori dalle righe.

A penalizzare Nick Fury: Agent of S.H.I.E.L.D. fu un adattamento confusionario e sin troppo compresso, in cui diversi elementi della tradizione narrativo del personaggio vengono rielaborati in modo poco organico, privandoli del giusto spessore e rendendoli parte di una trama confusionaria che rende anche il carattere spionistico tipico del personaggio un elemento dissonante all’interno della pellicola.

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Una debolezza che spinse i neonati Marvel Studios ad abbandonare l’idea di una serie con cui espandere il racconto del personaggio, optando per un film che, nonostante l’apprezzamento per l’interpretazione di Hasselhoff, viene considerato come un fallimento, incapace di traslare la portata narrativa del fumetto all’interno della meccanica televisiva.

Dopo questo esordio poco incoraggiante, Nick Fury ha lasciato i fumetti arrivando direttamente al grande schermo con la nascita del Marvel Cinematic Universe. Sin dal primo Iron Man (2008) viene valorizzata la sua figura di grande manipolatore e pianificatore nell’ombra a partire dalla scena post-credit del primo film del Vendicatore Dorato.

 In una sorta di chiusura del cerchio tra fumetto e cinema, a interpretare il direttore dello S.H.I.E.L.D. viene chiamato proprio Samuel L. Jackson, che si ritrova ad interpretare proprio il personaggio che all’interno dell’universo Ultimates era stato modellato sulle sue fattezze. Un incontro quasi metanarrativo che si estende anche a una continuità emotiva del personaggio, che mostra la sua visione utilitaristica dei supereroi, per quanto mitigata all’interno di un contesto meno greve e meschino.

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Nick Fury nel Marvel Cinematic Universe

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Pur perdendo la sua vena di grande pianificatore tipica dei comics, anche nel Marvel Cinematic Universe il ruolo di Nick Fury è centrale nella costruzione di una complessa trama giocata nelle ombre. Soprattutto all’interno della Fase Uno della saga, in cui la dimensione più concreta e urbana concilia la presenza di una figura che si muove dietro le quinte per creare una supersquadra con cui proteggere il mondo. Non è un caso se Fury fa il suo esordio nella scena post-credit di Iron Man, andando a costruire il primo tassello dell’Iniziativa Vendicatori, o se torna in scena proprio nel momento in cui serve dare uno scopo a un soldato fuori dal tempo come Cap.

Ripensando al ruolo di Fury nel Marvel Cinematic Universe, è forse con Steve Rogers che si sviluppa la migliore dinamica. Entrambi dediti a proteggere il proprio paese, Nick Fury e Cap perseguono un fine comune approcciandolo con metodologie opposte. Tanto è eroico e spesso eccessivamente buono Steve Rogers, tanto più è pragmatico e calcolatore Fury. Un uomo capace di strumentalizzare la morte di un amico pur di compiere il suo piano, o di fingersi morto pur di trovare un modo di preservare l’integrità dello S.H.I.E.L.D., arrivando anche a causarne la distruzione.

All’interno del contesto cosmico della saga degli Avengers, una presenza come quella di Fury rischiava di venire soffocata e, in un certo, senso, ridimensionata. Cosa può fare una spia se ad attaccare è il Titano Folle? Inserire una presenza di Fury in questo momento sarebbe stato un rischio troppo alto, mettendo in pericolo la credibilità stessa del personaggio. Dopo la caduta dello S.H.I.E.L.D vista in Captain America: Winter Soldier, la finta morte di Fury consente al personaggio di costruirsi una nuova vita nell’ombra, che appare in altri importanti capitoli della saga, come Spider-Man: Far From Home, ribadendo il suo stile di segretezza e di machiavellica pianificazione.

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Il nuovo ordine nato dopo il Blip, infatti, è caratterizzato da una diversa percezione degli eroi e del loro ruolo, al punto che operare in modo meno evidente può rivelarsi vincente. Una concezione che non si presta solamente alla figura dell’eroe ma anche a quella dei villain. Motivo per cui la futura Secret Invasion abbandona il suo approccio fumettistico per puntare a una dimensione più spionistica, in cui le peculiarità del Fury del Marvel Cinematic Universe possono trovare una valorizzazione importante.

Lo abbiamo visto in Spider-Man: Far From Home, dove Fury ha nuovamente si muove nelle ombre per creare una propria rete di agenti in grado all’occorrenza di intervenire per fermare minacce metaumane. Questo ruolo spinge l’ex direttore dello S.H.I.E.L.D. verso la concezione di una ancora più ferrea vigilanza, tanto da spostare la sua base operativa nello spazio, come abbiamo visto nel finale di WandaVision.

Un passo necessario, se consideriamo l’impatto avuto da Thanos, e che ben si concilia con quanto visto in Captain Marvel, dove un giovane Nick Fury entrava in contatto con gli Skrull. Nelle prime fasi del franchise, l’attenzione era fortemente concentrata su minacce terrestri, nonostante gli Avengers si formino per fermare un alieno (Loki), ma il nuovo respiro cosmico del Marvel Cinematic Universe si tramuta in una necessaria evoluzione della dottrina di Fury. Un passaggio necessario che mira a dare anche il giusto contesto narrativo per la futura serie del MCU Secret Invasion, il cui trailer ci mostra un Fury deciso ad opporsi a una silenziosa invasione Skrull del nostro mondo. Diversa dalla Secret Invasion fumettistica, la serie del MCU rende Nick  Fury il perno di questa trama, identificando un mix tra sci-fi e spy story che potrebbe rivelarsi un’intrigante variazione sul tema rispetto al canone del franchise.

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