La Cina è principale responsabile dell'aumento dei gas dannosi per l'ozono

Autore: Danilo Abate ,

Il buco dell'ozonosfera, che consiste nel marcato assottigliamento dello strato d'ozono delle regioni polari terrestri, ha destato sempre grande preoccupazione a livello internazionale, tanto da portare alla ratifica del protocollo di Montréal.

Tale protocollo, ideato allo scopo di ridurre l’utilizzo e la produzione di ogni sostanza nociva per lo strato di ozono (in particolare i gas CFC o clorofluorocarburi), è stato un esempio unico di collaborazione fra potenze di tutto il mondo.

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Lo strato di ozono della Terra è troppo importante per poter restare a guardare mentre viene annientato dalle emissioni antropiche, perché costituisce una sorta di scudo contro radiazioni (raggi UV su tutti) che altrimenti sarebbero letali per gli organismi viventi terrestri.

Una nuova ricerca scientifica pubblicata su Nature però ci fa capire che l’impegno per preservare il nostro pianeta non è mai troppo, rivelando dei dati tanto interessanti quanto preoccupanti.

Avvalendosi di informazioni ricavate da varie stazioni di rilevamento situate in Corea del Sud e Giappone, un team di scienziati britannici e sudcoreani è infatti arrivato alla conclusione che la Cina è principale causa di un brusco rallentamento della riduzione dei CFC atmosferici.

Viene fatto particolare riferimento alla Cina orientale, dove pare che vengano utilizzati in maniera indiscriminata i clorofluorocarburi, allo scopo di isolare i muri delle abitazioni cinesi e realizzare impianti refrigeranti.

Nature/Montzka et al.
Un grafico che indica la concentrazione di CFC-11 terrestre nell'emisfero nord e sud del pianeta
Un grafico che indica la concentrazione di CFC-11 nell’emisfero nord (in rosso) e in quello sud (in blu) del nostro pianeta

Andando a vedere più da vicino i dettagli dello studio, è il 2018 l’anno incriminato del rallentamento nella scomparsa del triclorofluorometano o CFC-11, ed esiste solo una spiegazione a tale fenomeno: qualcuno ha ricominciato a a utilizzare i CFC in dosi massicce.

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Non è stato però ancora trovato l’ente responsabile del passo indietro deciso nella lotta contro il buco dell'ozonosfera.

Uno degli addetti ai lavori, Matti Rigby, afferma addirittura che l’anno in cui è cominciato l’aumento di emissioni di CFC in Cina orientale in verità corrisponde non al 2018, ma bensì al 2012, raggiungendo un picco del 110% di emissioni in più fra il 2014 e il 2017. Si parla addirittura di ben 7mila tonnellate di CFC-11 aggiuntive, tutte di provenienza cinese, che prima del 2012 non erano presenti.

Nature/M. Rigby et al.
Un grafico che indica le zone dove si è verificato l'aumento massiccio delle emissioni di CFC-11
In rosso è possibile osservare le zone della Terra dove si è verificato l'aumento d'emissioni di CFC-11 più preoccupante

Un dato finale ancora più preoccupante emerso dalla ricerca è che la sola Cina contribuirebbe al 40-60% circa dell’aumento d’emissioni a livello mondiale. Il 40-60% residuo potrebbe essere imputato ad alcune realtà sudamericane, africane e indiane, in cui i controlli volti a evitare il danneggiamento dell’ozonosfera sono notevolmente meno decisi.

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In ogni caso, l’attenzione al problema delle emissioni di CFC dovrebbe essere costante, considerando che i clorofluorocarburi contribuiscono, fra le altre cose, a favorire il riscaldamento globale, essendo anche dei gas serra.

Resta dunque da far luce sul mistero che avvolge le emissioni di CFC-11 della Cina orientale, considerando che il governo cinese afferma di aver dato una spinta decisa a tutti i protocolli di controllo e, all’occorrenza, di confisca di realtà produttive che si avvalgono ancora dell’utilizzo massiccio dei CFC.

E voi che ne pensate? Credete si riuscirà a scoprire presto il responsabile del rilascio di tutti quei CFC in Cina?

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