Il mistero del Bigfoot: storia, avvistamenti e verità scientifiche

Autore: Maico Morellini ,

Come nascono le leggende? E da dove? A volte sgorgano spontanee dalla necessità del tutto umana di spiegare l'inspiegabile. Altre volte attingono a realtà antiche, sepolte in una memoria quasi genetica, a eventi tramandati di generazione in generazione che con il trascorrere dei secoli si arricchiscono di dettagli mistici, persino ultraterreni.

David Michael Latt, Paul Bales
Un'immagine del Bigfoot nel film di Bruce Davison

E così quando i nativi americani si ritrovavano intorno al fuoco, quando pregavano le loro divinità terrene per reclamare la pioggia o per consentire a un defunto di iniziare il suo viaggio verso l'aldilà, ecco che antiche leggende si univano ai canti e alle invocazioni. Leggende che parlavano di un popolo di uomini selvaggi ma colti, che vivevano nelle foreste e che potevano raggiungere i tre metri di altezza. Si chiamavano Sasquatch e qualche secolo dopo fu proprio dai Sasquatch che originò uno dei miti più intriganti dell'America settentrionale: il Bigfoot

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La nascita del mito

Molte culture nord americane hanno famigliarità con la presenza, all'interno delle loro leggende e dei loro miti, di creature umanoidi molto alte, più o meno intelligenti, più o meno pacifiche, abituate a una vita selvaggia tra i boschi. Nomi diversi, alcuni denominatori comuni come appunto l'altezza e un corpo coperto di peli. Avvistamenti di queste creature, tra l'altro presenti anche nelle culture asiatiche, si susseguono attraverso i decenni e i secoli ma per avere qualcosa capace di raccogliere questi frammenti di mito e unirli tutti intorno insieme occorre aspettare il 1957.

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Alexander Migl
Una stata in legno del Bigfoot

Portiamo indietro le lancette del tempo e spostiamoci a Harrison Hot Springs. È il centenario della Columbia Britannica e per dare ancora più folklore ai festeggiamenti gli organizzatori decidono di rinverdire una leggenda dei Chehalis, la tribù indiana locale, organizzando una vera e propria caccia al Sasquatch. Cinquemila dollari per chi riuscirà a catturare una di quelle creature viva. 

Immaginiamo centinaia di persone che si avventurano nei boschi elettrizzate all'ipotesi di catturare una vera e propria leggenda americana (la scena potrebbe ricordare la battuta di caccia allo squalo nel film di Steven Spielberg). Battono i cespugli, si lanciano grida di incitamento, qualcuno beve qualche birra di troppo e qualcun altro scappa al primo rumore. Nessuno, ovviamente, riuscirà a incassare la taglia. Ma un certo William Roe prenderà la palla al balzo giurando e spergiurano alla stampa di aver visto un Sasquatch due anni prima e fornendone una descrizione dettagliata: esemplare femmina, braccia lunghe fino alle ginocchia, folta pelliccia scura. 

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La storia non fu mai confermata ma era ufficialmente rinato un mito a misura di un'America più moderna. 

I principali avvistamenti del Bigfoot

Se la leggenda del Bigfoot fosse un virus e se la sua diffusione seguisse le logica di una pandemia, potremmo dire che il paziente zero è stato William Roe e identificheremmo il luogo del contagio con la caccia del Sasquatch a Harrison Hot Spring. Si perché a un anno di distanza dalla storia di Roe in tutto il Pacifico nord-occidentale iniziarono a susseguirsi uno dopo l'altro avvistamenti del Bigfoot.

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Un cartello di attraversamento Bigfoot

1958, le orme di Ray Wallace

Un anno dopo le dichiarazioni di William Roe l'epidemia del Bigfoot si sposta dalla Columbia Britannica al nord della California. All'interno di un cantiere della società di costruzioni della Humboldt County un operaio alle dipendenze di Ray Wallace trova delle strane impronte dopo aver smosso della terra. Questa volta non ci sono solo le dichiarazioni di un uomo ma prove, concrete, sotto forma di segni nel terreno lunghi intorno ai quaranta centimetri. Il Bigfoot è finalmente uscito allo scoperto?

1967, il video Patterson-Gimlin

È il 20 ottobre del 1967. Dalle prime ore del mattino Robert Patterson e Bob Gimlin stanno cavalcando a nordest nella zona di Bluff Creek (un luogo piuttosto ricorrente negli avvistamenti) ed è intorno all'ora di pranzo che sul loro cammino trovano un grande albero rovesciato il cui intreccio di radici creano quella che sembra un'enorme stanza. Dietro quell'albero, una grande creatura alta quasi quattro metri, coperta di peli.

Patterson impiega molti minuti per scendere da cavallo, prendere la videocamera e mettersi sulle tracce della creatura che in quel momento di è spostata. "Coprimi" dice a Gimlin e inizia un breve inseguimento documentato dal celebre filmato Patterson-Gimlin. L'uomo insiste fine a quando il Bigfoot piega la testa e gli lancia l'ultimo muto avvertimento il cui significato è però inequivocabile: smetti di seguirmi ORA o saranno guai.

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Il video, a oggi, è uno dei più controversi documenti sul Bigfoot mai realizzati.

1970, il mostro della Proctor Valley

All'inizio degli anni '60 una giovane coppia stava viaggiando in macchina a tarda notte lungo la Proctor Valley quando fu costretta a fermarsi a causa di uno pneumatico bucato. Il ragazzo scese dalla macchina, poi la ragazza sentì uno strano rumore sul tetto della macchina prima di cadere vittima del panico. Quando la polizia la trovò, la mattina seguente, la donna scoprì che lo strano rumore era stato causato dalle unghie del fidanzato che grattavano sul tettuccio: il ragazzo era morto, appeso per i piedi a un ramo, grandi impronte di strani animali intorno alla macchina.

Patrick Magee, Angela Lee
Una scena del film Primal Rage: Bigfoot Reborn

Era nata la leggenda degli Zoobies. Nel 1970 il Dr. Baddour, eminente psichiatra della comunità, dichiarò una serie di strani eventi che riguardavano lui, la sua famiglia e la casa in cui abitavano. Dichiarò di aver avvistato in tre diverse occasioni un piccolo gruppo di Zoobies e li descrisse come creature altre tre metri, robuste e molto pelose. È forse un caso che tra le leggende dei vicini indiani Viejas ci fosse quella del Sasquatch? Gli Zoobies, dunque, appartenevano a pieno titolo al mito del Bigfoot?

1995, il filmato di Redwoods

È il 28 agosto del 1995. Una troupe della Waterland Productions sta viaggiando attraverso il Jedediah Smith Redwoods State Park a bordo di un lungo e grosso furgone. L'atmosfera è scanzonata, la musica risuona attraverso i tronchi dei grandi alberi che costeggiano la strada e la birra rende la pioggia decisamente meno fastidiosa.

"È un dannato orso" grida l'autista vedendo qualcosa di grosso ai margini del suo campo visivo. A bordo le cineprese non mancano perciò decidono di filmare l'incontro e quell'orso si muove davvero in modo strano. Cammina in modo eretto, le mani lungo i fianchi e al posto di un muso tozzo ma appuntito la troupe vede quello che sembra un volto umano. 

"È un Sasquatch!" gridano poi mentre illuminano l'essere con tutta la potenza dei fari del furgone. La creatura alta due metri e mezzo li fissa tra il terrorizzato e l'infastidito e poi sparisce nella foresta. Un altro filmato, un'altra prova dell'esistenza del Bigfoot?

2005, il Bigfoot del fiume Nelson

È il sedici aprile del 2005, poco dopo l'alba. Un traghetto sta navigando lungo il fiume Nelson a Manitoba (Canada) quando qualcosa di strano si muove su una delle rive. Bobby Clarke, un operatore della compagnia di traghetti, intravede quell'ombra più grossa del normale, agguanta una videocamera e riprende tutto quello che vede. 

Sharness Henry, la sorella di Bobby, vede il filmato e lo racconta: mostra una creatura alta forse tre metri, massiccia, che cammina sulla riva attraverso alcuni giunchi. Sul finire del video la creatura si volta e sembra addirittura guardare verso la videocamera ma i dettagli del viso sono davvero impossibili da identificare. Tutti coloro che hanno visto il filmato ne sono rimasti decisamente scioccati e una band musicale, The Weakerthans, ha composto una canzone ispirata a questo video.

Fiziker
Gli avvistamenti del Bigfoot in America e Canada

Altri avvistamenti 

Riportare tutti gli avvistamenti del Bigfoot è impossibile. Si tratta davvero di centinaia, migliaia di casi che continuano ancora oggi con una frequenza davvero impressionante tanto che, stando a statistiche recenti, almeno il 13,5 percento degli americani è convinto che il Bigfoot esista davvero. Ma che cosa potrebbe essere la grande creatura pelosa che infesta il nord America?

Le origini del Bigfoot

La presenza trasversale del Bigfoot o di creature a lui simili in moltissime culture più o meno primitive di aree geografiche anche molto lontane tra loro suggerisce che all'origine della leggenda ci possa essere una specie animale sconosciuta. Seguendo questa linea di pensiero, due sono le principali scuole anche se entrambe presentano punti di forza e di debolezza.

Il Paranthropus robustus

Ominide preistorico che potrebbe essere sopravvissuto all'estinzione. Cranio simile a quello di un gorilla, postura eretta, tutte caratteristiche che sarebbe compatibili con il Bigfoot. Purtroppo (o per fortuna?) il fatto che resti del Paranthropus siano stati trovati solo in Africa esclude la sua diffusione anche in nord America. Lo stesso problema geografico vale anche per altre razze di ominidi preistorici che potrebbero, almeno in linea teorica, richiamare il Bigfoot.

José Braga, Didier Descouens, Transvaal Museum
Il volto e il teschio del Paranthropus robustus

Il Gigantopithecus e il contrabbandiere di Yeti

Teoria decisamente più articolata e interessante è quella del Gigantopithecus. Resti di questo primate preistorico sono stati trovati in Asia ma avrebbero potuto raggiungere l'America durante il periodo invernale, attraversando lo strato di ghiaccio che ricopre lo stretto di Bering unendo di fatto Asia e America. Questa possibilità imparenterebbe il Bigfoot con lo Yeti, creatura dei ghiacci che molto ha in comune col gigante peloso americano.

La parentela tra lo Yeti e il Bigfoot è all'origine di un curioso episodio verificatosi nel 1958 e che ha coinvolto l'allora star mondiale del cinema James Stewart. In quel periodo l'esploratore Peter Byrne stava setacciando l'Himalaya sulle tracce dell'abominevole uomo delle nevi e fu durante quelle esplorazioni che venne a conoscenza di una mano del famigerato Yeti che doveva essere custodita all'interno del tempio di Pangboche.

Forschungsinstitut Senckenberg
Un molare di Gigantopithecus

Byrne chiese di vedere la mano e chiese anche di poterla portare via per ulteriori studi ma i monaci si opposero con molta forza evocando il timore di un'antica maledizione. Lo studioso non si perse d'animo: organizzò una nuova spedizione insieme allo sponsor Tom Slick (che morirà in un incidente qualche anno dopo, forse la famosa maledizione all'opera?), i due fecero ubriacare i guardiani del tempio e rubarono un dito della mano sostituendolo con un falso preparato ad arte. Adesso la cosa difficile era trafugare il dito facendogli lasciare l'India e fu proprio in quel momento che venne coinvolto James Stewart.

L'attore era a Calcutta insieme alla moglie e il dito fu nascosto nella biancheria di Gloria Stewart: nessuno avrebbe mai osato perquisire le cose intime di una signora. E così il dito arrivò a Londra dove venne però identificato come dito umano.

Julian Blaustein
Una scena del film L'amante indiana, con James Stewart

Realtà o finzione?

Quindi, il Bigfoot esiste o no? La risposta a questa domanda non è semplice. Da un lato ci sono le accuse di falso che tendono a smentire (e sminuire) due dei principali avvistamenti di cui abbiamo parlato. Il figlio di Ray Wallace (ricordate? Quello delle impronte) affermò di aver trovato alcuni attrezzi che ricalcavano in tutto e per tutto le orme trovate dagli operai. Era stato Ray a creare quelle impronte.

E i filmato di Patterson-Gimlin? Diverse persone, più o meno attendibili va detto, riferirono di aver impersonato il Bigfoot e storie di un costume da scimmia ordinato dallo stesso Patterson gettarono l'ombra del falso su questa importante prova. Sempre per amor di verità, va detto che ci sono studiosi che identificano il filmato come autentico e altri che invece lo considerano preparato ad arte.

William Dear, Richard Vane, Universal Pictures, Amblin Entertainment
Una scena del film Bigfoot e i Suoi Amici

Di recente poi l'FBI ha reso pubbliche alcune analisi su peli che avrebbero potuto essere del Bigfoot e ve ne abbiamo dato conto in questo articolo: i risultati non sono stati favorevoli a chi cerca una verità avventurosa sull'esistenza del Bigfoot. Ma la parola fine su questa storia, di certo, non è ancora stata scritta.

Bigfoot dallo spazio estremo?

C'è un'ultima, suggestiva ipotesi da prendere in considerazione. Se ci sono così tanti avvistamenti, anche in epoca recente, del Bigfoot perché non abbiamo fotografie o filmati più definitivi? Nell'era digitale dove tutti, in qualsiasi momento, sono sempre armati di smartphone, sempre connessi, sempre pronti a condividere, come è possibile che nessuno sia stato capace di immortalare in maniera definitiva il Bigfoot?

Sembra esserci, ed è una teoria che vede la sua genesi intorno al 1973, una sinistra correlazione tra gli avvistamenti di Bigfoot e quelli di UFO. Strane luci, globi arancioni, e tutti quei fenomeni che abbiamo provato a raccontarvi in questo articolo sembrano avere una curiosa incidenza proprio durante gli avvistamenti di Bigfoot. Che siano i piloti dei veicoli spaziali? O che ci sia un bizzarra volontà che si prende gioco di noi creando correlazioni laddove non sembrano esserci?

E voi credete al Bigfoot?

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