Roma, un Leone d'Oro senza sala: polemiche sulla distribuzione del film di Alfonso Cuarón

Autore: Elisa Giudici ,

Vittoria annunciata e collegiale per Alfonso Cuarón, che ha conquistato il Leone d'Oro 2018 per il suo Roma: il racconto autobiografico della sua infanzia ha messo d'accordo nove giurati su nove. Lo ha rivelato il presidente di giuria e amico di sempre Guillermo del Toro, sottolineando come la vittoria sia frutto di un plebiscito. Non è un esito così frequente: spesso le giurie fanno capire che i premi sono frutto di mediazioni e posizioni anche molto distanti tra i votanti.

D'altronde Roma ha racconto il consenso unanime della critica, con recensioni più che positive (come la nostra). Anche il pubblico di Venezia ha amato la pellicola in bianco e nero ambientata in una casa benestante nel Messico degli anni '70. Tutto bene quello che finisce bene? No, perché gli esercenti non ci stanno e contestano la vittoria del cineasta di Gravity.

Un Leone senza sala: infuria la polemica su Roma 

Non arriva inaspettato il comunicato congiunto di Anac, Fice e Acec, anzi. All'indomani della vittoria di un film Netflix a Venezia, i giornalisti ironizzavano sui social network sul probabile arrivo di una nota dagli esercenti italiani, che hanno confermato le previsioni pubblicando poco dopo un duro comunicato a riguardo. 

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Elisa Giudici
Alfonso Cuarón a Venezia 75
Alfonso Cuarón sta con Netflix: polemiche frivole

Il succo dello stesso condanna la vittoria di Roma a Venezia 2018. Il motivo? Il film di Alfonso Cuarón sarà oggetto di distribuzione limitata e solo in alcune nazioni, in vista della corsa agli Oscar (che si preannuncia comunque difficile per un titolo così "straniero"). La logica conseguenza è che - caso raro nella storia (lunghissima) del festival italiano - gli spettatori non potranno vedere il film in sala. Solo gli abbonati Netflix potranno godersi (legalmente) la pellicola di Alfonso Cuarón, e si aprono interrogativi anche su un possibile passaggio sulle emittenti nazionali italiane. Niente cinema, niente TV: ha senso un Leone che solo gli abbonati del servizio streaming potranno vedere da qui a molti anni a venire? 

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La risposta per gli esercenti è: no. Secondo Anac, Fice e Acec la Biennale ha dato un'ulteriore spallata al sistema distributivo delle sale italiane, facendo della promozione ai servizi Netflix, che contribuisce a svuotare le sale. Si legge nel comunicato:

È iniquo che il marchio della Biennale sia veicolo di marketing della piattaforma Netflix che con risorse ingenti sta mettendo in difficoltà il sistema delle sale cinema italiane ed europee

È tutto il mondo del cinema e il circuito festivaliero a interrogarsi sul rebus Netflix & co. L'affollamento di (ottimi) titoli Netflix a Venezia 2018 (Roma, Sulla mia pelle, La ballata di Buster Scruggs) è dovuto anche al "gran rifiuto" di Cannes, che all'ultimo ha di fatto bandito i film Netflix, rendendo obbligatorio un passaggio in sala per partecipare alla corsa alla Palma d'Oro. Venezia è stata più aperta e propositiva, accogliendo i film Netflix e di altre realtà produttive come Amazon Studios (che però per il momento garantisce un passaggio in sala con un sistema distributivo tradizionale). Anche il presidente di giuria Del Toro si schiera con Netflix: 

La vittoria di Roma è rivoluzionaria per Netflix ma per il cinema non cambia nulla e non rappresenta uno spartiacque. Netflix non vincerà da oggi tutti i premi. È importante che si possa continuare la dialettica del cinema.

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Il risultato è stato un concorso veneziano ricchissimo di grandi firme, ma anche di tante incognite per il futuro. La polemica degli esercenti poggia su un costrutto logico abbastanza labile: se la vittoria del Leone di Roma è "un veicolo di marketing", perché non dovrebbe esserlo anche per Warner Bros., che l'anno scorso distribuiva il vincitore La Forma dell'Acqua di Guillermo del Toro? 

Alfonso Cuarón: polemiche frivole

Cosa ne pensa il diretto interessato, il vincitore del Leone? Alfonso Cuarón aveva già risposto a domande relative alla distribuzione in conferenza stampa. In un'edizione veneziana che è parsa piuttosto magnanima verso Netflix non è mancata mai la domanda di rito dei giornalisti ai "cineasti Netflix" riguardo la distribuzione del loro film. 

Alfonso Cuarón è parso tra i più infastiditi dal quesito e ha spiegato che un film in lingua messicana e a carattere locale e intimista come Roma - niente grandi star nel cast, contesto geografico lontano dalle logiche hollywoodiane - sarebbe stato impossibile da realizzare in altro modo. Gli studios insomma non avrebbero finanziato un progetto simile, la cui splendida confezione palesa quanto Netflix sia stata vicina al cineasta, garantendogli un budget appropriato. All'indomani delle polemiche sul Leone, ha rincarato: polemiche frivole. 

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Netflix
Una scena di Roma
Alfonso Cuarón sul set di Roma

Se è innegabile che tanti progetti televisivi e cinematografici senza soldi abbiano trovato sostegno produttivo in casa Netflix, Alfonso Cuarón dimostra una logica meno schiacciante quando si passa al tasto dolente della distribuzione. Secondo il cineasta messicano infatti un film di questo tipo non avrebbe distribuzione in sala.

I fatti lo contraddicono: per quanto il Leone abbia premiato negli ultimi anni film molto difficili da proporre al pubblico per durata e contenuto (Faust e Un piccione seduto su un ramo riflette sull'esistenza sono ancora oggi ricordati come i film tra i più impegnativi degli ultimi anni), sono arrivati tutti in sala. Anzi, il Leone garantisce un zoccolo duro di spettatori, che si recano al cinema per vedere il vincitore di Venezia, quale che sia il titolo. 

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Unica eccezione: il Leone d'Oro Ang babaeng humayo di Lav Diaz. La durata però era più che proibitiva: 226 minuti, sentenzia impietoso l'orologio. Roma di Alfonso Cuarón poi è tutto tranne che inaccessibile o noioso: il suo racconto emozionale e struggente è più che in grado di attirare il pubblico. Non essendo diretto da un illustre sconosciuto ma dal regista di Gravity sostenuto da recensioni davvero stellari, il passaggio di Roma di sala sulla carta potrebbe essere più che proficuo.

Elisa Giudici
Le tre protagoniste di Roma
Le protagoniste di Roma non sono grandi star ma sapranno comunque incantare il pubblico

L'ironia della sorte poi vuole che il suo film - tutto pianosequenza, bianco e nero di taglio contemporaneo ben coniugato con l'alta definizione e riprese sull'immenso territorio messicano - sia uno di quelli per cui la visione su grande schermo può veramente dare qualcosa in più.

Roma non passerà in sala: una riflessione

Lasciando da parte certe prese di posizione sul romanticismo del buio della sala e i tanto vituperati schermi dei cellulari e riconoscendo che il comunicato degli esercenti è più un grido di battaglia che d'aiuto, il problema resta. Chi vi scrive Roma lo ha visto in Sala Darsena, un'ottima struttura in cui ogni film dà il meglio. Credo che l'esperienza di visione di Roma meriti una sala: per lo spettatore, per gli esercenti, per il Leone stesso.

Le realtà di Netflix e dei nuovi mezzi di fruizione dei film non scompariranno, anzi è probabile che si rafforzeranno con l'arrivo di sempre più competitori di Netflix, Amazon e affini. Bisognerà cominciare a pensare al futuro in maniera propositiva e realistica, al di fuori di sterili polemiche. L'alternativa - la pirateria che nuoce davvero a tutti, agli esercenti come a Netflix - altrimenti rischia di prevalere con gravi danni per l'industria cinematografica.

Anche Netflix, che non ha ancora trovato un equilibrio finanziario e gioca a sua volta una pericolosa scommessa, ha le sue colpe. La grande N è pronta a concedere una distribuzione cinematografica per suo tornaconto (per esempio per garantirsi un posto nella corsa agli Oscar), ma spesso agisce come se volesse annientare e non coesistere con un sistema come quello delle sale, essenziale per la sopravvivenza stessa di tutto il cinema europeo e locale. 

A perderci in questa guerra tra gestori di cinema vecchi e nuovi e purtroppo quasi sempre lo spettatore. 

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