A distanza di un anno dal primo spin-off della saga, Star Wars torna al cinema con l'ottavo episodio: Gli ultimi Jedi. A occuparsi della pellicola c'è Rian Johnson, autore di Looper. Sarà riuscito il nuovo regista a prendere il posto di J.J. Abrams senza farlo rimpiangere?
Scopriamolo nella recensione del film.
Un inizio ravvicinato
Gli ultimi Jedi parte subito dopo Episodio VII. La Resistenza sta evacuando la sua base e il Primo Ordine sferra il contrattacco dopo la distruzione della base Starkiller. Nonostante la sconfitta cocente, gli eredi dell'Impero non tardano a ricordare che la nuova forza dominante della galassia sono loro. Intanto, dall'altra parte dell'universo conosciuto, Rey è riuscita a trovare Luke Skywalker, maestro Jedi scomparso prima di Episodio VII. Ma se la Resistenza appare ormai prostrata e sofferente, la giovane Rey non vuole rinunciare al suo sogno di diventare una Jedi e riportare Luke da Leia.
Un fandom diviso e un Luke diverso
Diciamolo fuori dai denti. Gli ultimi Jedi è sicuramente il film meno riuscito dei quattro del nuovo corso Disney/Lucasfilm. La pellicola alterna momenti di pura adrenalina a minuti interi di noia, pesantissimi da guardare, da sentire e proprio da vivere. A un inizio tutto sommato buono segue una parte centrale da sbadigli per culminare nel segmento più brutto e meno interessante dell'intera serie di film: Canto Bight. Se ci si pensa bene, nell'economia generale del film, la ricerca del "maestro apricodici" e tutto il resto del segmento risulta ininfluente per il film. Con 25 minuti in meno, forse, il film sarebbe stato davvero più snello e fluido.
Ma la cosa più assurda dell'intero film è stata gettare alle ortiche due personaggi come Snoke e Luke Skywalker. Il primo, essere onnipotente che ha riunificato i resti dell'Impero, muore facendo la figura del pivello contro lo sbarbatello Kylo Ren. Da personaggio misterioso a ultimo dei fessi il passo è proprio breve. Ed è davvero un peccato.
Il secondo, invece, viene quasi sbeffeggiato, schernito e umiliato da una rilettura di Rian Johnson che lo vede come disilluso bamboccione che, intristito dal fallimento dell'accademia Jedi, si ritira a vita privata. Senza alcuna voglia di tornare nella mischia ma che lascia una mappa per ritrovarlo. Non sembra un po' assurdo? Per non parlare della storia di un Luke che quasi vuole giustiziare il nipote perché ha visto in lui dell'oscurità, quando per tutto Il ritorno dello Jedi, lo stesso Luke vuole far redimere il padre genocida che ha massacrato bambini, Jedi e intere popolazioni. Coerenza, questa sconosciuta. Per non parlare poi delle assurde citazioni a film di serie B o parodie come Hardware Wars che, davvero, portano il film più sul piano della commedia che su quello della space-opera.
Ma l'apoteosi del trash si raggiunge nello spettacolare, quanto pessimo, ritorno di Leia a bordo dell'incrociatore della Resistenza. CGI pessima, scena pessima e, soprattutto, una cosa che mai si era vista prima. Una Leia che, nonostante abbia dimostrato di avere una buona connessione con la Forza, riesce dove nessun altro era mai riuscito prima in un film, nei fumetti o nei libri. Roba che, al confronto, i midichlorian di Lucas sembravano una trovata quasi rivoluzionaria.
Non è un caso se Gli ultimi Jedi ha incassato più di cinquecento milioni di dollari meno di Episodio VII e si è avvicinato pericolosamente all'incasso di Rogue One che, fra l'altro, era "solo" uno spin-off. Nemmeno i film della trilogia prequel avevano spaccato così tanto un fandom comunque coeso come lo è quello di Star Wars. Forse, dare tutto in mano a un regista come Rian Johnson, che in vita sua ha scritto e diretto solo quattro film e nemmeno così lontanamente importanti quanto un film di Star Wars, non è stata una mossa brillante da parte di Lucasfilm. Anche perché molte delle idee di Abrams sembra che siano state buttate nel cestino senza alcun motivo: troppi personaggi cambiano atteggiamento da un film all'altro.
Una trilogia deve essere portata avanti in maniera coerente. Deve essere progettata in modo certosino. Forse la cosa più saggia sarebbe stata lasciare sceneggiatura e regia agli stessi autori di Episodio VII. E non è un caso che dietro la macchina da presa, per Episodio IX, tornerà proprio J.J. Abrams che, a questo punto, si troverà a dover correggere il tiro dopo un film sotto le aspettative, caotico e divisivo come Gli ultimi Jedi. Forse Johnson non era pronto. Forse ha peccato di presunzione? Può essere. Non tutti possono essere George Lucas. E certo, molti potranno obiettare che il film migliore del franchise, Episodio V, era stato diretto non da Lucas ma da un altro regista, ma l'onnipresenza di Lucas è documentata.
Alla fine, George Lucas è stato il garante (e protettore) della trilogia classica nonostante la regia affidata, in due casi su tre, a un altro regista.
Le idee c'erano
Gli ultimi Jedi rimane un grosso e gigantesco "What if...". Perché più volte, nel corso del film, ci si ritrova a pensare a come sarebbe andato il tutto in mani diverse e con uno sviluppo diverso. Perché qualche spunto interessante c'è e non si può negare. L'evoluzione di Kylo Ren è quanto di più sontuoso si possa trovare nei dieci film di Star Wars. Quello di Adam Driver è un personaggio sfaccettato, interessante, carismatico e a tratti talmente imponente da catalizzare tutta la scena su di sé. Kylo Ren ha tanto di Darth Vader ma lo riplasma in un personaggio più moderno, combattuto ma anche capace di empatia, una cosa che Anakin Skywalker aveva dimenticato nella trilogia classica. Lo stesso vale per Poe Dameron che in questa pellicola ottiene più presenza in scena e che si rivela molto più utile e interessante del monocromatico Finn. Forse è Jon Boyega, forse è proprio il personaggio ma, che ci sia o no, delle sorti di Finn, e poi di quelle di Rose, alla fine non ci interessa granché.
In ogni caso, il film vale la visione per due unici momenti che, comunque, riescono a ripagare l'attesa e le due ore di visione: il duello tra Rey, Kylo Ren e le guardie di Snoke, e il confronto tra Luke e Kylo Ren stesso.
Il primo dei due momenti è incredibile a livello di messa in scena. L'estetica è folgorante e la coreografia semplice ma efficace. Dopo molti minuti di noia, il feeling tra Rey e Kylo Ren fa saltare lo spettatore dalla sedia e il climax che si raggiunge alla fine del duello è, probabilmente, tra i migliori di tutta la saga. Anzi, sicuramente.
Il confronto tra Kylo Ren e Luke, invece, è speciale per una serie di motivi. Il primo è che Luke mostra tutti i suoi poteri di maestro Jedi, compresi i più potenti e sorprendenti. Il fatto di potersi manifestare attraverso la Forza da una parte all'altra della galassia è una chicca che ogni fan dell'universo Legends avrà sicuramente compreso e apprezzato. Dall'altro lato, invece, Johnson fa leggermente ammenda per aver travisato completamente il personaggio di Luke per larga parte del film, avendone sbugiardato il carattere e facendolo ritornare, seppur brevemente, il Luke che conoscevamo in Episodio VI.
Ora, non ci resta che aspettare per scoprire le sorti di una trilogia che si è inevitabilmente complicata. Senza Han Solo, senza Carrie Fisher (che tornerà attraverso materiale inedito), senza Mark Hamill (che comunque appare nel cast di Episodio IX), il capitolo conclusivo della nuova trilogia si dovrà basare solo sui nuovi personaggi sviluppati nei precedenti due film. La mia speranza è una sola: che tutto sia concentrato su Kylo Ren e che Adam Driver riesca a trasportare e traghettare Daisy Ridley e la sua Rey verso un'importanza maggiore e un ruolo di primo piano vero in Episodio IX. Perché, a onor del vero, Rey, Finn, Rose e parzialmente Poe Dameron, sono personaggi che in due film non hanno ancora ricevuto la caratterizzazione necessaria per diventare sul serio i nuovi protagonisti della trilogia.
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