Dopo Cowspiracy - Il segreto della sostenibilità ambientale (Cowspiracy: The Sustainability Secret), arriva Seaspiracy: se il primo documentario trova nella riduzione del consumo di carne la chiave per salvare il pianeta, il secondo sposta l’attenzione sulla pesca, analizzandone l’impatto negativo sull’ambiente e interrogandosi se esista o meno una pesca sostenibile.
Diretto e prodotto – come Cowspiracy – dall’ambientalista Kip Andersen, il docufilm è incentrato sulle minacce agli oceani svelate da Ali Trabizi e Lucy Trabizi, che analizzano l’industria della pesca e mostrano come le azioni dell’uomo stiano provocando, giorno dopo giorno, la distruzione dell’ambiente.
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Le conseguenze negative degli allevamenti di animali per la carne e le sofferenze di questi ultimi sono più note rispetto a quelle dei pesci e all’impatto della pesca sull’ambiente e sui nostri mari. Come con Cowspiracy, l’intenzione di Kip Andersen è, dunque, quella di rivelare i segreti di questo tipo di industria, svelando “l’importante pezzo mancante del puzzle dell’ambiente”.
Le immagini del trailer ci portano immediatamente tra le bellezze dei mari, ma anche tra la devastazione che stanno subendo nel silenzio delle più importanti associazioni ambientaliste.
Siamo in guerra con gli oceani e, se vinciamo questa guerra, perderemo tutto perché il genere umano non può vivere su questo pianeta con un mare morto.
Un’indagine, quella di Seaspiracy, che pone l’accento sul pericolo che corre il nostro pianeta, addentrandosi nei segreti più profondi e oscuri della pesca. Come riportato da Green Matters, Ali Tabrizi ha spiegato:
Quando ci siamo imbarcati in questo viaggio, per esporre la principale minaccia per i nostri mari, non avevamo idea delle dimensioni di ciò che stavamo per scoprire.
Lucy Tabrizi ha aggiunto quanto sia fondamentale impegnarsi per “proteggere l’habitat più incredibile sulla Terra, prima che sia troppo tardi”.
Secondo quanto riportato da Sustainable Fisheries, soltanto nel 2018 sarebbero state pescate 179milioni di tonnellate di pesce: una pesca così massiccia sarebbe causa del surriscaldamento degli oceani del mondo. Secondo uno studio del 2019, invece, la popolazione ittica mondiale si sarebbe ridotta del 4,1% dal 1930.
La pesca incontrollata, inoltre, danneggerebbe anche le barriere coralline, di fondamentale importanza per l’ecosistema marino. Secondo la Coral Reef Alliance, la pesca colpirebbe oltre il 55% delle barriere coralline del mondo.
Senza contare il problema del bycatch, ovvero di quegli animali che vengono pescati “per sbaglio” e che vengono quindi uccisi e rigettati in mare senza vita o in punto di morte. Secondo quanto riportato da Oceana, ogni anno, sarebbero catturati trilioni di pesci di cui circa il 40% – tra cui 100milioni di squali, ma anche tartarughe e altri animali - rappresentano “scarti”.
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