Cosa vuol dire Skam? Il significato del titolo della serie

Skam è una delle serie teen più amate. Ma cosa significa questa parola norvegese che dà il titolo anche alla versione italiana? Ecco perché Skam si chiama così.

Autore: Alice Grisa ,

Skam Italia è una serie di grande successo, arrivata alla sua quarta stagione. Di genere dramedy e con una struttura antologica, sviluppata da Ludovico Bessegato, racconta i piccoli e grandi problemi di un gruppo di adolescenti che frequentano un liceo romano, dalla bella Eva alla responsabile Eleonora, dall’ingenuo Luchino al carismatico Giovanni.

Dall’omosessualità alle scelte importanti, dal revenge porn all’integrazione islamica, gli argomenti di Skam Italia sono numerosi e articolati, mentre il mood rimane sempre leggero, tenero e divertente.

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Skam: il titolo dal format norvegese

Non tutti sanno che Skam Italia è una serie tratta da un format omonimo norvegese, sviluppato da Julie Andem per NRK TV, il servizio streaming dell’emittente scandinava. I protagonisti dell’idea originaria erano i ragazzi del liceo Hartvig Nissen School di Oslo, alle prese con le stesse storie e gli stessi problemi dei protagonisti della versione italiana.

Il titolo Skam viene appunto da una parola norvegese che in italiano potremmo tradurre con “disagio” o “vergogna”.

La radice semantica è la stessa di shame (vergogna in inglese), che proviene dal termine germanico skama.

La qualità della scrittura, l’accento sull’approfondimento serio e interessante del “coming of age”, lo humor spontaneo e le storie verosimili dei protagonisti hanno reso Skam un franchise orizzontale: grazie alla concessione delle licenze, è stato sviluppato in diversi paesi, come Stati Uniti, Germania, Francia, Italia, Spagna, Paesi Bassi e Belgio, già disponibili o in lavorazione. Tutti hanno adottato lo stesso titolo, aggiungendo la nazione di provenienza.

Skam Italia: i legami tra temi e titolo della serie

Perché la serie fa riferimento alla “vergogna”? Perché è una sorta di leitmotiv che guida le storie e le vicende dei protagonisti. Ognuno di loro, su cui ruota il tema di un’intera stagione, dovrà affrontare un problema che gli provoca appunto sofferenza, disagio e vergogna.

Ogni stagione è calibrata su un personaggio caratterizzato, con peculiarità e problemi completamente diversi dagli altri, in modo da fornire uno spaccato complessivo e completo della generazione Z.

La prima stagione è dedicata a Eva Brighi e affronta la vergogna in chiave di valori morali, difficoltà identitarie, paranoia, paure e presa di consapevolezza. Eva ha un ragazzo da sogno ma non è felice, perché non ha amiche. E la colpa, scopriremo nel corso della storia, è sua. Un doloroso percorso di coscienza di sé la porterà a una decisione cruciale e sofferta, che segnerà il suo passaggio all’età adulta.

 

Netflix/Timvision
Eva in una scena di Skam Italia 4
Eva Brighi

La seconda stagione, focalizzata su Martino Rametta, parla di omosessualità, depressione in ambito familiare e difficoltà non solo del coming out ma anche dell’autoaccettazione.

Martino scoprirà di essere gay e, grazie ad alcuni personaggi che lo aiuteranno a capirsi e a prendere con decisione la propria strada. Il capitolo parla anche di disordini alimentari (quelli che affliggono Silvia, dopo essere stata respinta) e di problemi psichici (il disturbo borderline che affligge Niccolò è la sua gestione).

 

Netflix/Timvision
Martino in Skam Italia
Martino Rametta

La terza stagione, che racconta del primo amore di Eleonora, solleva diverse questioni: il tema della fiducia, la scoperta (seria e consapevole) dei sentimenti, la solitudine e il revenge porn, un problema grave e terribile per fortuna solo sfiorato dalla protagonista. Eleonora prova vergogna per alcuni scatti rubati ma allo stesso tempo diventa mentore e aiutante per l’amica Silvia, insicura al punto da rifiutare il cibo.

Netflix/Timvision
Eleonora in Skam Italia
Eleonora Sava

La quarta stagione, dedicata a Sana, parla di integrazione, di difficoltà culturali, di religione e di conciliazione tra i dogmi dell’islamismo e una normale vita sociale.

 

I protagonisti affrontano i loro problemi in parte da soli (perché i genitori, per quanto attenti e volenterosi, si mostrano spesso inadeguati o troppo presi dalle proprie questioni); in parte aiutati e supportati dagli amici, in parte indirizzati dal validissimo psicologo della scuola. Le aule sono fatiscenti (proprio come quelle di tanti istituti superiori italiani), ma gli insegnamenti preziosi.

E la vergogna adolescenziale è pronta a trasformarsi in un’accettazione serena e felice della nuova vita.

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