The Ride - Storia di un campione, la storia vera dietro il film

Autore: Alessandro Zoppo ,

Lasciarsi il passato alle spalle e vivere il presente per non distruggere il futuro. È il motto del rider John Buultjens, alla cui vita tormentata si ispira The Ride - Storia di un campione, il film di Alex Ranarivelo con Shane Graham, Ludacris e Sasha Alexander.

Produzione indipendente di Roadside Attractions, l'"adoption drama" anti-razzista realizzato per Amazon Prime Video è sceneggiato da Ranarivelo con Hadeel Reda, J.R. Reher e Jean-Marie Sobeck. Alla base c'è la drammatica storia vera di Buultjens: un bambino di Glasgow salvato da un inferno di angherie e povertà estrema grazie all'amore di una famiglia adottiva.

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La trama del film

#The Ride - Storia di un campione sposta l'azione dalla Scozia agli Stati Uniti. John McCord (Alexander Davis) è un bambino cresciuto in un ambiente violento. Non è un figlio annoiato dell'alta borghesia di Los Angeles: il fratello maggiore Rory (Blake Sheldon) sostiene la supremazia della razza bianca con gli amici dell'Aryan Brotherhood e il padre Ewan picchia "per educare".

Diventato adolescente e ormai sulla strada della perdizione imbevuto com'è di odio razziale, John (Shane Graham) viene salvato dall'adozione da parte dei Buultjens, una coppia mista composta dall'ingegnere meccanico nero Eldridge (Chris 'Ludacris' Bridges) e dalla linguista bianca Marianna (Sasha Alexander).

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L'esistenza di John prende una piega ancora più inaspettata quando conosce la skater Sherri (Jessica Serfaty) e il padre adottivo Eldridge gli regala la sua prima bicicletta. Il ragazzo mostra di avere strepitose capacità in sella e comincia a coltivare un sogno soltanto in apparenza impossibile: diventare un campione di freestyle BMX, contro tutte le previsioni.

La storia vera

Sembra improbabile ma The Ride si basa su fatti realmente accaduti. Classe 1972, John Buultjens è originario di Glasgow e ha davvero passato un'infanzia di violenze, traumi e soprusi di ogni tipo. Il suo nome alla nascita è John Craig. Sono sei in famiglia: i genitori, lui, un fratello e due sorelle. Nel quartiere di Drumchapel la vita non è semplice. Il padre Thomas ha lavorato nei cantieri navali prima di rimanere disoccupato. Da allora è sempre arrabbiato e aggressivo, specie quando beve e si ubriaca.

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John comincia a subire abusi ad appena 5 anni. Il primo scontro faccia a faccia col genitore avviene la notte di Natale del 1979, quando ha 7 anni. Vede il padre picchiare la madre Margaret e corre in cucina a prendere un coltello per difenderla. È così arrabbiato e furioso che è persino pronto ad ucciderlo, ma quando finisce dinanzi all'uomo è come paralizzato. Arrivano le botte anche per lui e John finisce a terra, colpito fino allo svenimento.

In quel periodo John ha paura di tornare a casa e trascorre la maggior parte del tempo in strada, arrivando a rovistare nei cassonetti della spazzatura per procurarsi un po' di cibo. In un'intervista concessa al giornalista Jonathan Drennan per il Guardian, Buultjens definisce la sua vita "uno studio sulla sopravvivenza".

Quando avevo tre anni, ricordo di esser corso incontro a mio padre, felice di vederlo, e lui mi ha buttato su una stufa elettrica. Ricordo ancora di aver sentito la carne del mio piede bruciare, ricordo l'odore. Mentre crescevo, a casa mia c'era sempre una paura costante.

I suoi fratelli finiscono presto in prigione. John sembra destinato alla stessa sorte. A "salvarlo" è la madre, che chiama i servizi sociali e la polizia e lo consegna a un orfanotrofio. Il piccolo John finisce nel sistema di affidamento scozzese e per tre anni passa da una casa all'altra, fino a quando lui e la sorella minore vengono adottati da una coppia mista di Kelvinside: Marianna Buultjens e il marito Eldridge, un immigrato dello Sri Lanka.

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All'inizio John si vergogna di suo padre adottivo, quell'uomo dalla pelle marrone così diverso da lui. Sono le scorie dei sentimenti razzisti dell'educazione con cui ha lottato da giovane. Quando camminano per Great Western Road, John è sempre qualche passo dietro Eldridge. Eppure, quell'uomo "mi ha mostrato per la prima volta nella mia vita che cosa significa l'amore".

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A 10 anni Buultjens ha la seconda epifania: vede per la prima volta #E.T. l'extra-terrestre di Steven Spielberg. È il film che gli cambia la vita.

Quando ho visto quelle bici volare, mi si è mosso qualcosa dentro. Quel senso di libertà è rimasto con me per il resto della mia vita. Anche a quell'età, una bicicletta rappresentava la libertà che desideravo. Forse non potevo volare con E.T., ma potevo andare ovunque, quando volevo. Adesso, anche quarant'anni dopo, mi sento ancora così. Provo sempre quella sensazione di libertà quando pedalo.

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A incoraggiare quel sogno è ancora papà Eldridge: capisce il potenziale di John e in occasione del suo undicesimo compleanno, gli regala la sua prima BMX. John e la sua bici sono inseparabili, la BMX diventa presto "un'estensione di me stesso" e aumenta la sua autostima.

Nel 1986 la famiglia Buultjens si trasferisce a Dundee. John lavora come cuoco per guadagnarsi qualche soldo, mentre inizia a praticare il freestyle e gli stunt. È un chiodo fisso, una piccola ossessione: partecipare alle competizioni ufficiali e diventare un vero campione di BMX.

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Buultjens si trasferisce a Sydney alla fine degli anni Ottanta per diventare un rider professionista. In Australia non si ferma davanti a nulla, nemmeno dopo una ventina di visite d'urgenza al pronto soccorso per fratture e commozioni cerebrali.

Andare in bici mi ha permesso di sfuggire al mio passato brutale. La bicicletta rappresenta la libertà, la libertà dal mio passato.

Gara dopo gara, esibizione dopo esibizione, John è ormai un pilota pro a tutti gli effetti e comincia a progettare pure la grafica e i colori di nuove bici. I suoi lavori circolano tra gli addetti ai lavori e così Haro Bikes, marchio statunitense di punta nel mondo delle BMX da freestyle, lo ingaggia offrendogli una posizione prestigiosa: global brand manager dell'azienda.

È un segno del destino: il fondatore Bob Haro è stato il principale stunt rider di E.T. l'extra-terrestre. Buultjens non se lo fa dire due volte, prepara i bagagli e vola a San Diego, in California.

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John ha rivelato per la prima volta la sua vicenda di abusi e violenze nel 1988, a 16 anni. L'ha descritta in un tema a scuola, ma nessuno gli ha creduto. Incredibile per un adolescente che fino ai 10 anni non sapeva né leggere né scrivere. Nel 2014 il produttore Ali Afshar contatta Haro perché vuole comprare una delle loro BMX. Un anno dopo, richiama la ditta e chiede di Buultjens perché gli piace il suo stile: lo invita a pranzo e tra una chiacchiera e l'altra, John gli racconta del suo passato.

Diciotto mesi dopo, Afshar diventa il produttore di The Ride, il film ispirato alla sua storia. Nel film John si ritaglia un cameo importante: recita nella parte di Ewan McCord, il suo violento padre biologico, morto nel 1997 e mai più rivisto dopo l'adozione. A differenza della madre Margaret, che ha perdonato e con la quale ha riallacciato i rapporti. Diventare il padre Thomas è stata una catarsi, un modo per poter trovare finalmente pace.

Quando ho interpretato il ruolo di mio padre naturale, ho sentito come se fossi diventato davvero quella persona. Mi piace pensare di essere una persona positiva che vede sempre il meglio negli altri, ma interpretare quell'uomo e incanalare quella quantità enorme di rabbia e violenza – specialmente se si pensa che è stata indirizzata verso di me, un bambino che cresceva nel terrore – non è stato facile. Quando abbiamo finito di girare, ero completamente esausto: non fisicamente, ma mentalmente. In realtà sono svenuto durante quella parte delle riprese.

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John Buultjens ha raccontato la sua storia nel libro autobiografico Ride: BMX Glory, Against All the Odds, scritto in collaborazione con il giornalista Chris Sweeney.

Il risultato non è un manuale sugli aspetti tecnici della BMX, ma un memoir su come una famiglia adottiva e la passione per lo sport possano dare la concentrazione e l'opportunità di raggiungere grandi obiettivi.

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L'edizione inglese del libro autobiografico di John Buultjens

Oggi John vive e lavora a San Diego, ha una figlia di nome Mackenzie Mae, è ambasciatore internazionale per Adoption UK e spera che la sua vicenda personale possa ispirare tanti giovani in tutto il mondo. Quello che ha passato a Glasgow deve ricordarci che c'è sempre speranza perché "non avrei mai pensato che andare in giro in bicicletta mi avrebbe dato così tanto nella vita, ma è così. Mi ha dato la forza di seguire i miei sogni e vivere una vita che da bambino potevo soltanto immaginare".

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