Avengers: Endgame, la recensione no spoiler: la fine dei giochi è un sussulto al cuore

Avengers: Endgame è la fine, spettacolare ed emozionante, di un lungo viaggio intrapreso dai Marvel Studios più di 10 anni fa. La recensione del film dei fratelli Russo.

Autore: Emanuele Zambon ,

La fine è parte del viaggio. E Avengers: Endgame, fin dal titolo, mette subito in chiaro le cose: niente sarà più come prima. Colpa di un titano pazzo - il Thanos di Josh Brolin - e della sua sete di equilibrio naturale che si estende a tutto il cosmo. È bastato uno schiocco di dita, uno "snap" avvenuto negli ultimi secondi di Avengers: Infinity War, per spazzare via metà della vita nell'universo.

Il nuovo film sui Vendicatori riparte da qui, dall'elaborazione di un lutto che appare impossibile, dal senso di sfacelo che si respira nelle metropoli e nell'animo dei superstiti. C'è chi è alla deriva nello spazio (Tony Stark a.k.a. Iron Man), denutrito e minato nel fisico, e chi raccoglie i cocci, tentando invano di infondere ottimismo nella truppa (Captain America, nuovamente sbarbato), disorientata ma non per questo arrendevole.

E se è vero che gli Avengers se la cavano meglio nel vendicare piuttosto che nel prevenire pericoli (Stark dixit), allora è ovvio che la rivincita col tiranno intergalattico non si farà attendere nel film. Ed è altrettanto ovvio che non andrà come previsto, con il nuovo faccia a faccia con Thanos che occupa di fatto solo una parte trascurabile della prima ora di pellicola, che invece si accenderà nelle restanti due in un crescendo narrativo rivelato solo in minima parte da filmati promozionali, teorie e indiscrezioni dei mesi scorsi.

È davvero arduo analizzare un film in ogni suo aspetto senza potersi sbottonare più di tanto su quanto visto. Il fatto è che Avengers: Endgame crea e non poco un problema di spoiler. Anzi è LO spoiler per eccellenza, una rivelazione continua in grado di ribaltare e stravolgere quanto visto fin qui, svelando l'inaspettato quando lo richiede il caso.

Confermato anche dai trailer, il topos del viaggio nel tempo (o nel regno quantico, fate voi) è sfruttato da Anthony e Joe Russo in una maniera che fa balzare dalla poltrona lo spettatore (diversamente da altre pellicole, qui è un ritorno al passato dal sapore metacinematografico), divertendo il giusto ma soprattutto toccando corde emotive già messe a dura prova da Infinity War, a riprova del fatto che il ruolo di blockbuster acchiappaincassi sta parecchio stretto al cinecomic targato Marvel.

Avengers: Endgame, giorni di un futuro passato

Marvel Studios
Thor, Cap e Iron Man nel poster del film

C'era da evitare la trappola del déjà-vu. Occorreva superare la dicotomia un po' logora "buoni vs cattivi" e allontanarsi quanto più possibile dalle soluzioni narrative del capitolo precedente, riuscendo infine nell'impresa di imprimere freschezza e verve alle avventure dei Vendicatori dopo oltre venti film. Missione compiuta, su tutta la linea. Endgame affronta il proprio destino di pellicola spartiacque azzardando una mossa da sci-fi anni '80 (l'esempio è sempre quello, Ritorno al futuro, giustamente citato) ma anche percorrendo le strade della fantascienza distopica (vedi Terminator), come testimonia l'indugiare della macchina da presa su una New York talmente fantasma che a tratti sembra uscita da uno dei film di culto del genere, da Mad Max a The Road.

Il fantascientifico corre però sempre al fianco dell'aspetto umano: i Vendicatori, chiamati a essere sé stessi pur essendo degli eroi dilaniati da sensi di colpa, perdite e fallimenti. Guardando indietro e osservandoli nel film, ci si accorge dei tanti stravolgimenti, non solo di look, che l'universo cinematografico Marvel ha loro imposto, facendocene apprezzare ogni sfumatura.

E se Infinity War brillava per ritmo e gestione dei personaggi, non lasciando il tempo allo spettatore di metabolizzare il susseguirsi di eventi, Avengers: Endgame crea spazio per la riflessione, orchestrando la resa dei conti fra i Vendicatori e Thanos come se fosse una sorta di Woodstock per supereroi, la riunione per le Feste di una mega famiglia unita da un sentimento comune, quello del bene. I Russo, in pratica, celebrano gli oltre 10 anni di Marvel Studios (era il 2008, anno del primo Iron Man) rendendo omaggio a veterani e ultimi arrivi, ritratti mano nella mano su un palcoscenico tra ironia e commozione. Il tutto - come direbbe il villain dei villain, Thanos - risulta essere "perfettamente bilanciato", con le immancabili gag slapstick (affidate ad un insospettabile del gruppo) e i diversi momenti strappalacrime.

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Avengers: Endgame è, in definitiva, l'autocelebrazione di un iter produttivo che timidamente aveva preso il via tra corazze di fortuna, mantelli e scudi e che oggi vanta un esercito di personaggi cresciuti nel tempo (e con loro gli attori chiamati ad impersonarli, maturati notevolmente rispetto agli esordi "bidimensionali", Downey Jr. escluso). Nel voltare pagina, il franchise esplora nuove soluzioni (l'azione non è mai forsennata, neppure nello scontro finale) e apre a nuove prospettive che solo ieri ci apparivano bislacche e che oggi sono invece perfettamente in linea con la scrittura di un film completo sotto ogni aspetto, la cui epica messa in scena crea, per il futuro, un interrogativo: come migliorarsi ancora?

Commento

Voto di Cpop

85
Avengers: Endgame chiude un'era nel modo più spettacolare ed emozionante possibile. Chiamarlo cinema d'intrattenimento è riduttivo, è ormai parte dell'immaginario collettivo di intere generazioni.

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