Un Oscar, meritatissimo, a Denzel Washington come migliore attore protagonista.
Una nomination, altrettanto meritata, a Ethan Hawke per il ruolo di Jake Hoyt, agente di polizia in servizio da 19 mesi e al suo debutto nella squadra narcotici diretta dal detective Alonzo Harris (Washington) in una Los Angeles più complessa, corrotta e pericolosa che mai.
Training Day (letteralmente “giorno d’addestramento”) è scritto da David Ayer (U-571, S.W.A.T - Squadra Speciale Anticrimine, Fury) e diretto da Antoine Fuqua (The Equalizer, Shooter).
Uscito nel 2001 (in Italia il 16 novembre), il film racconta la storia del primo giorno alla narcotico per Jake, che si scontra fin dal primo istante con i metodi violenti, corrotti, fuori da qualsiasi regola di polizia di Alonzo. Ma anche, e soprattutto, fuori dalla legge.
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Dopo essere stato spinto a drogarsi, spinto a bere, portato da informatori e perfino da una delle ragazze di Alonzo (che gli ha dato un figlio e che vive nella cosiddetta “giungla”, una zona off-limits senza un esercito o senza il “pass” che Alonzo ha ottenuto), Jake continua a fare i conti con qualcosa che non avrebbe mai immaginato.
Nonostante la bravura di Alonzo nel tentare di convincere il giovane che la strada e il lavoro sotto copertura non possono funzionare in altro modo, Jake capisce che non può farlo.
Non può rubare a un informatore e sparargli a sangue freddo, come gli viene chiesto. Non può prendere mazzette, uccidere a sangue freddo, rilasciare criminali, far sparire refurtive da spartire con il resto della squadra. E in quel momento, nel preciso istante in cui intuisce che Jake non diventerà mai come lui, Alonzo lo condanna a morte.
Nonostante gli salvi la vita dalla squadra, determinata a eliminare il nuovo arrivato nel corso della finta operazione con furto e omicidio dell’informatore, Alonzo capisce che Jake non sarà mai uno di loro. Lo sapeva già: lo salva perché ha già un piano per lui. Un modo per liberarsene e sfruttarlo un’ultima volta.
Alonzo, braccato dai russi, pieno di nemici proprio per il suo sfruttare in ogni modo possibile la propria posizione di agente, però, non ha fatto i conti con la determinazione di Jake.
Appena diventato padre, Jake ha intenzione di tornare a casa da sua moglie e sua figlia. A qualsiasi costo.
Sentenza di morte
Alonzo porta Jake a casa dei membri di una gang di latinos: afferma di portare denaro e regali per la famiglia di uno dei suoi informatori, che è finito in prigione.
Con la scusa di allontanarsi per andare in bagno, Alonzo lascia Jake con un gruppo di uomini, guidati dal proprietario dell’abitazione Smiley (Cliff Curtis, Fear The Walking Dead), già perfettamente istruiti su cosa fare al giovane agente. Devono eliminarlo, per Alonzo.
Fidandosi che Alonzo si ripresenti per portarlo via, Jake consegna loro la propria arma e subito dopo capisce di non potersene andare. E di essere rimasto solo. Gli uomini glielo dicono apertamente, ma Jake non può fare niente, se non continuare a giocare a carte e scoprire la verità sulla sua presenza lì. E sui guai di Alonzo, che deve ai gangster russi un milione di dollari.
Minacciandolo e spaventandolo, i criminali si preparano a uccidere Jake, dopo averlo ammanettato e pestato, ma prima di sparare lo perquisiscono e Smiley trova il portafogli della sua cuginetta. Jake racconta di averla salvata da uno stupro e la ragazza, per telefono, conferma la storia.
Smiley, in debito con Jake, gli risparmia la vita e lo lascia andare.
L'onestà paga, non il crimine.
Scontro finale
Determinato a denunciare e arrestare Alonzo, Jake torna nella “giungla”, a casa della sua ragazza. Alonzo prova a convincerlo che si trattasse di un test, ma Jake non gli crede.
I due si affrontano in una sparatoria in casa, alla presenza del figlioletto di Alonzo… Che Jake protegge. Alonzo scappa dalla finestra e Jake lo insegue, rischiando la vita e finendo per avere la peggio nel corpo a corpo.
Ma lo scontro finale non è ancora arrivato. Nonostante Alonzo massacri Jake di botte, fin quasi a ucciderlo, il giovane poliziotto non molla. Al punto di lanciarsi dall’alto sulla sua auto, pur di fermarlo. Sa di avere ancora una carta da giocare: i russi. Gli basta impedire che Alonzo si presenti all’appuntamento con il milione di dollari e ci penseranno loro. Per questo, sequestra la borsa coi soldi ad Alonzo.
Sotto gli occhi degli abitanti del quartiere, che non muovono un dito in difesa di Alonzo, nemmeno dietro la promessa di molti soldi, Jake rifiuta di uccidere Alonzo. Lo vuole arrestare e consegnare i soldi, raccontare la verità e farla finita. Ma Alonzo lo sfida. Sa che non sparerebbe mai a un poliziotto, soprattutto alle spalle. Alonzo si dirige verso la pistola che gli hanno lasciato, e Jake spara, ma solo per ferirlo.
A quel punto sono gli abitanti del quartiere a puntare le armi contro il detective, tenendolo sotto tiro e dicendo al giovane poliziotto di andarsene in pace.
Jake prende il borsone, la sua prova, e si allontana.
Il monologo di Alonzo, che minaccia l’intero quartiere, convinto di cavarsela ancora.
Io vinco sempre.
Ma non stavolta. Stavolta Alonzo, lasciato solo dalla gente del quartiere, si allontana e viene raggiunto dai russi. E ucciso a sangue freddo, a un semaforo, dopo essere stato circondato.
Il significato del finale
Non è Jake a eliminare il detective corrotto e criminale Alonzo Harris. Non sono gli abitanti della “giungla” che Alonzo ha tenuto in scacco per molto tempo.
A uccidere Alonzo Harris è Alonzo Harris. A ucciderlo sono i suoi affari loschi, la sua corruzione, la sua crudeltà, la sua sete di soldi e di potere.
La sua convinzione di essere onnipotente grazie al distintivo che non merita.
Alonzo aveva calcolato tutto, fin nei minimi dettagli, ma non aveva fatto i conti con l’unica cosa che non ha mai saputo gestire: l’onestà.
Alonzo muore, crivellato dai colpi, in mezzo alla strada. Deriso dai sicari russi. Mentre Jake Hoyt torna a casa, e i media danno la notizia della morte del detective della narcotici Alonzo Harris, che lascia moglie e quattro figli.
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